Popolo della Famiglia: “A Meet the Docs visione demolitrice di valori su maternità e distinzione dei sessi”

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«Torna l’edizione “Meet the Docs. Forlì Film Fest” con il sostegno, tra gli altri, del Comune di Forlì. Ben vengano in città le manifestazioni artistiche e la circolazione delle idee, tanto più in un centro storico asfittico che ha solo bisogno di rivitalizzarsi. Peccato per la reiterata sponsorizzazione acritica dell’Amministrazione a una manifestazione che si rivolge anche agli studenti, veicolando contenuti propri di una visione ideologicamente orientata e di una cultura demolitrice di valori relegati a stereotipi, quali la maternità o la naturale distinzione dei sessi. Gli organizzatori parlano di 200 studenti che parteciperanno agli eventi, ma le famiglie devono sapere che fra le altre cose ai loro figli saranno proposte esperienze a dir poco inopportune, come quella che viene presentata come la novità di questa nuova edizione, fruibile tutti i giorni della manifestazione: la proiezione Vr di Body of Mine, definito dalla critica “un’ode all’esperienza transgender”, un vero e proprio viaggio virtuale all’interno del corpo di qualcun altro, nell’intento di guidare i ragazzi verso un’esperienza trasformativa, priva di inibizioni e totalmente “liberante”» si legge in una nota del Popolo della Famiglia di Forlì.

«Le recensioni di Body of Mine descrivono minuziosamente tutti i passaggi di questa immersione in un corpo alternativo: si comincia da un allestimento definito “area di gioco”, racchiusa all’interno di un guscio che deve garantire intimità, solitudine e separazione. Prima di entrarvi, l’utente è invitato a rispondere ad un questionario sulla propria conoscenza della disforia di genere o del dismorfismo corporeo e a scegliere un avatar, il più possibile diverso da sé per massimizzare l’effetto di straniamento, ma nello stesso tempo calibrato sulla propria corporatura perché l’illusione deve essere totale. L’ambiente viene quindi pervaso da una fragranza floreale avvolgente e calmante, nell’intento di creare uno spazio il più possibile sicuro e rassicurante. A questo punto il ragazzo viene catapultato in un universo oscuro e inquietante, e si trova davanti a uno specchio che restituisce l’immagine di un corpo “altro”, che viene invitato a esplorare toccandosi in punti anche intimi. Questa gestualità curiosa attiva l’ascolto di esperienze di persone transgender, così da realizzare un’immedesimazione totale, tanto che l’immagine allo specchio si moltiplica e il primo avatar lascia il posto ad altre individualità, diverse all’esterno ma unite da un medesimo desiderio di riconoscimento e affermazione. L’utilizzo di un avatar è funzionale all’idea che se ci mettiamo i panni di qualcun altro, quando li svestiamo non saremo più gli stessi» continua il PdF.

«Stanti queste premesse, come uscirà da questa esperienza di straniamento e di allontanamento dalla propria identità un ragazzo che magari ha voluto provare solo perché solleticato dal desiderio di sperimentare gli strumenti estremamente sofisticati della VR? I genitori sono consapevoli di queste trappole dell’ideologia gender, che ormai si moltiplicano in tutti gli ambienti frequentati dai loro figli? Solo le famiglie informate e coscienti possono porre un argine alla deriva. Meglio ancora se trovano nelle istituzioni un alleato che le sostenga nel difficile compito educativo. Per questo ci saremmo aspettati maggiore prudenza anche da parte del Comune di Forlì; non ci può essere leggerezza quando sono coinvolti anche i giovani. La prossima volta, prima di dare un altro sostegno incondizionato a questa rassegna, meglio informarsi bene su tutte le proposte. Un approfondimento è d’obbligo» conclude il Popolo della Famiglia.

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