È in corso all’ex chiesa di San Giacomo a Forlì l’Assemblea pubblica 2025 di Confindustria Romagna, intitolata “Più lontani e intraprendenti, più vicini e coesi”, la prima presieduta dall’imprenditore Mario Riciputi, eletto il 26 giugno scorso alla guida dell’Associazione per il quadriennio 2025/2029. Dopo i saluti di apertura di Paola Casara, assessora del comune di Forlì alle Politiche per lo sviluppo economico del territorio e la relazione del presidente Mario Riciputi, sono intervenuti l’economista Marco Fortis, il vicepresidente di Confindustria per il Lavoro e le relazioni industriali Maurizio Marchesini, intervistato dal giornalista Valerio Baroncini, e il presidente dell’Emilia-Romagna, Michele de Pascale.
«Consapevoli dei limiti che ci condizionano ma anche delle nostre qualità distintive, delle nostre unicità, siamo impegnati in un progetto d’insieme per il territorio che metta a fattor comune queste potenzialità per generare una maggior ricchezza, un benessere più solido e diffuso, con una prospettiva più attraente per i giovani. Le conoscenze tecniche e tecnologiche congiuntamente ad una “cultura dell’umanità” sono alla base della nostra identità e creatività – ha detto Mario Riciputi concludendo la sua relazione -. Quindi se i mercati ci porteranno più lontano, cercheremo di rispondere con coraggio ed intraprendenza per essere più competitivi. Se dovremo rafforzarci per continuare ad essere su quei mercati, svilupperemo una maggiore unità e coesione del sistema produttivo, collegandoci più facilmente al mondo. Perseguendo sempre l’attrazione di persone di valore, di clienti esigenti e turisti desiderosi di scoprire un paesaggio, una storia, una cultura, una qualità della vita. Non faremo però affidamento semplicemente su quella empatia che pur ci viene riconosciuta, ma su una concezione del lavoro coinvolgente e su quello spirito di generosità che ci anima».
Non è mancato un riferimento all’attualità: “La recente notizia dell’esaurimento dei fondi per la realizzazione degli investimenti per la transizione 5.0 ci lascia disorientati e in oggettive difficoltà – ha aggiunto Riciputi – se il fondamento dell’attrattività degli investimenti, anche esteri, è la stabilità, non è questa la giusta risposta – né nel merito, né nella forma. Le imprese si aspettano con fermezza un ripensamento urgente”.
“La legge di bilancio non è soltanto un atto contabile: è la traduzione politica di una visione del Paese. Oggi, più che mai, occorre che quella visione torni a essere condivisa, capace di unire le forze produttive e sociali attorno a un’idea di sviluppo fondata sulla responsabilità reciproca – ha affermato Maurizio Marchesini -. La manovra deve diventare lo strumento di una politica industriale lungimirante, non la somma di misure frammentarie. Confindustria e le organizzazioni dei lavoratori hanno dimostrato che il confronto può evolvere in corresponsabilità, superando le logiche di contrapposizione. È da qui che nasce la possibilità di un nuovo patto sociale: basato su produttività, qualità del lavoro e sicurezza sul lavoro. Una manovra che non investa in crescita e competitività non difende il futuro, lo rinvia. E un dialogo sociale che non si misuri sul terreno dello sviluppo rischia di perdere la propria funzione storica. Imprese e lavoratori devono essere alleati nel chiedere una politica economica che guardi al lungo periodo, che incentivi l’innovazione, la formazione, la creazione di valore. Perché solo in un equilibrio maturo tra impresa e lavoro il Paese potrà ritrovare la fiducia necessaria a progettare il proprio futuro”.
“In un contesto economico che da quasi trenta mesi registra un calo della produzione industriale, l’Emilia-Romagna, cuore manifatturiero del Paese, paga il tributo più alto; in questo scenario ogni livello istituzionale deve occupare tutto spazio possibile per reagire e rilanciare la manifattura – ha dichiarato il presidente della Regione Michele de Pascale -. Oggi è necessario un cambio di paradigma. La nostra manifattura eccelle nel mondo, ma si trova stretta tra l’urgenza di sbloccare i principali nodi infrastrutturali del Paese, il peso di scelte europee discutibili, come il sistema ETS, i dazi americani e l’instabilità geopolitica, e un nodo decisivo: il costo dell’energia. Su quest’ultimo in particolare il nostro Paese continua a non avere una strategia energetica, senza la quale si corre il rischio che molte aziende perdano competitività. Non sono sufficienti misure economiche frammentarie e di minima, come quelle adottate nella manovra finanziaria, serve una politica industriale di visione e investimenti strutturali, soprattutto su innovazione, infrastrutture e semplificazione. In questo quadro, il nostro Patto per il lavoro e per il clima – che stiamo aggiornando alla luce dei mutamenti globali – rappresenta una bussola. Un metodo condiviso tra istituzioni, imprese, sindacati e comunità locali per uno sviluppo sostenibile che tenga insieme competitività, qualità del lavoro e tutela dell’ambiente. Con questo approccio, come Regione, abbiamo già messo in campo risorse concrete, 60 milioni per la digitalizzazione e altri 58 milioni per le imprese che vogliono investire in efficientamento e risparmio energetico. Su quest’ultimo tema avevamo anche proposto una legge sulle aree idonee per l’autoproduzione e l’autoconsumo, che avrebbe potuto sostenere imprese e famiglie, ma il Tar l’ha bloccata perché di competenza statale, perciò, siamo in attesa che diventi presto legge nazionale”.
“I mercati finanziari ci apprezzano, con i tassi di interesse sui titoli di debito decennali italiani ormai a livelli inferiori a quelli francesi, le agenzie di rating e la stampa internazionale ci promuovono. Il deficit/PIL scenderà sotto il 3% già a fine 2025, con un anno di anticipo. L’Italia è vista sempre di più come un modello di stabilità politica, come un Paese affidabile, che ha ritrovato nello stesso tempo crescita economica e disciplina delle finanze pubbliche: insomma, un modello. Un vero e proprio cambio di paradigma per un Paese in passato spesso percepito come l’anello debole dell’Euro area – è l’analisi del professore Marco Fortis -. L’Italia non è più il “fanalino di coda” della crescita, pur scontando un certo rallentamento dell’economia nel 2025 per effetto delle turbolenze mondiali. Dopo l’ultima revisione dei dati annuali e trimestrali da parte dell’Istat, il PIL reale dell’Italia è pari a +6,5% rispetto ai livelli pre-pandemia (3° trimestre 2025 rispetto al 4° trimestre 2019): il terzo miglior aumento del G7, dopo Stati Uniti e Canada. Il PIL annuale del 2023 è stato notevolmente rivisto al rialzo, da +0,7% a +1%, mentre la crescita del 2024 è stata confermata a +0,7%. Il PIL del 2025 è previsto crescere dello 0,5%. In base ai dati annuali, tra i grandi Paesi dell’Euro area solo la Spagna (+7,1%) è cresciuta di più dell’Italia (+5,8%) dal 2020 al 2024, rispetto al 2019. Ma per PIL pro capite la crescita dell’Italia è stata la più forte”.