Il bosco, anzi la selva di Ladino, oggi

bosco-della-Cava-foto-di-Paolo-Ambrosini

A breve distanza dalla Pieve di Ladino troviamo un antico bosco, che tutti i forlivesi chiamano “la selva di Ladino”, con un chiaro rimando alla fisionomia di un tempo della zona caratterizzata da una vasta estensione boschiva molto fitta e intricata.
Nel terzo volume dedicato da Pietro Zangheri alla “Romagna Fitogeografia”, sono riportate ampie informazioni sui boschi del territorio forlivese: Ladino, Monda, Farazzano e Scardavilla. Scrive Zangheri: “Nella prima carta topografica a grande scala della Romagna, pubblicata verso la metà dell’Ottocento, questi boschi avevano estensioni assai superiori a quelli dei primi decenni del ‘900, quando io cominciai a percorrerli”.

Nelle cronache vi sono accenni a questi boschi che servivano spesso da nascondiglio ai malandrini. Poi, a poco a poco, dovettero cedere sotto la scure per l’espandersi della coltivazione intensiva. Durante la guerra 1915-1918 subirono un grave colpo, ma fu l’ultimo periodo bellico ad annientarli quasi completamente. “Per la bassa Romagna – continua ancora lo Zangheri – trattando sempre di questa particolare fascia, si tratta ormai di un ambiente trapassato, ogni nota di questa vegetazione basale appenninica è scomparsa, e la fascia che la ospita ha assunto, quasi dovunque, l’aspetto consueto della campagna coltivata. Ma in un passato non lontano, il viandante che saliva le prime pendici appenniniche non poteva fare a meno di notare il prevalere delle boscaglie fra la vegetazione del nastro marginale della collina, compreso fra i 40-50 metri di altitudine (alta pianura) e i 100 metri o poco più…”.

Occorre riportare anche le considerazioni che Pietro Zangheri faceva a proposito della salvaguardia dei relitti boschivi presenti sul territorio: “Chi abbatte una scure sopra una vecchia boscaglia… non pensa che può commettere un atto riprovevole… E purtroppo, prima che si crei questa coscienza, forse la maggior parte delle boscaglie relitte ancora esistenti in pianura e in collina, sarà distrutta. Chi può pensare, oggi, a salvare quel poco che, senza danno per l’agricoltura, potrebbe rimanere come riserva protetta di vegetazione spontanea? Riserve che, anche se prive di particolari bellezze, sono pur sempre dei monumenti naturali che offrono allo studioso materiale prezioso per la soluzione di problemi importanti e per indagini svariate”.

Per quanto riguarda il territorio forlivese si registrò un’inversione di tendenza quando nel 1989, chi scrive, in qualità di Assessore al Patrimonio, concluse per conto del Comune le trattative per l’acquisto del Bosco di Ladino e di una consistente fascia di terreno circostante, utilizzato per ampliare l’area boschiva, per complessivi 10 ettari circa. Nel contempo, sia Forlì sia Meldola, adottarono azioni di tutela per quello di Scardavilla e furono avviati i progetti per la realizzazione dei parchi del Fiume Montone e del Fiume Ronco che, pur fra alterne vicende, sono stati terminati o stanno andando avanti.

Gabriele Zelli

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