Con questo contributo ritorno a parlare del gioco della palla al bracciale avendo la possibilità di fare riferimento a nuovi documenti. L’argomento, già trattato in precedenza, ha suscitato molto interesse e in diversi mi hanno chiesto approfondimenti che cercherò di fornire anche nei prossimi giorni con ulteriori due testi. Ho già raccontato dell’enorme seguito di pubblico che le partite di palla al bracciale ebbero in città per tutto l’Ottocento e durante i primi decenni del Novecento. Così come ho ricordato di quando, negli anni ’30 del secolo scorso, si levarono alte le proteste nei confronti dell’Amministrazione comunale forlivese quando decise di abbattere lo sferisterio.
Ho dato alle stampe anche una modesta pubblicazione, dal titolo “Quando a Forlì il primo sport era la palla al bracciale”, per evidenziare che questo sport ebbe successo in Romagna anche in tempi più remoti. Documenti d’archivio attestano infatti che nel maggio del 1502, in occasione del passaggio da Faenza del principe di Viana, figlio del re di Navarra e nipote del re di Spagna, “… si giuocarono al pallone due vitelli. La partita era tra otto giovani della città, quattro per banda; una parte aveva in testa le cuffie gialle e rosse, l’altra le cuffie bianche e nere. Vinsero quelli di Porta Ravegnana”.
Ora un documento di notevole interesse conservato presso l’Archivio di Stato (segnalatomi dallo studioso Agostino Bernucci) dove sono contenute le regole che dovevano essere seguite nel corso delle partite, mi dà la possibilità di fornire ulteriori informazioni. Lo faccio in primo luogo perché “I Capitoli particolari del Giuoco del Pallone di Forlì” portano la data del 12 luglio 1802, oltre 20 anni prima della costruzione dello sferisterio, e disciplinavano le partite che si disputavano nel cortile della “Casa delli Cittadini Monsegnani”, con ingresso sul retro del palazzo nell’attuale via Episcopio Vecchio.
I Capitoli particolari del Giuoco del Pallone
Ed ecco gli articoli del regolamento emesso, fra l’altro, per “ovviare vari inconvenienti, che alla giornata accadono in codesto nostro Giuoco, quali cagionano sovente inutili, e disdicevoli litigi, sono pertanto i Giuocatori covenuti di osservare quanto segue”:
I) Dovrà incominciarsi a giuocare alle ore ventidue, e un quarto in punto, e se durante il giuoco succedesse un qualche inconveniente, o piovesse motivo per cui si dovesse tralasciare, si debba la sera susseguente rifare l’istessa Partita, e rimettere il tempo che rimaneva a giuocare della sera antecedente, e qualora si fosse tralasciato alla metà di un Giuoco, debba ultimarsi detto Giuoco la sera veniente.
II) Che il Giuoco debba terminarsi con la Dama (l’ultima giocata che decideva l’esito dell’incontro veniva dedicata “Alla Dama” gridata a gran voce dall’annunciatore ndr), e questa essere deve di due Giuochi, ma senza marcio (il gioco nel quale i rivali restano a zero ndr). S’inviterà la Dama, battute che saranno al nostro Orologio le ore ventitre e tre quarti, non prima. Qualora battino le ore ventitre, e tre quarti al principio, o al termine di un Giuoco, debba ultimarsi detto Giuoco, ed indi invitare la Dama. In caso che l’anzidetto Giuoco portasse molto a lungo, in guisa che fattasi notte, si scorgesse con difficoltà il Pallone, in allora si tralascerà terminato che si il Giuoco, e la Dama si rimetterà alla sera susseguente, sempre con l’istessa Partita, incominciandosi il Giuoco coll’invitare la Dama della sera scorsa.
III) I Giuocatori dovranno ne’ Giuochi sempre accettare il marcio, quando di sua natura ci vada, e quando ancora fossero di punti eguali, ma che o gl’uni, o gl’altri avessero una caccia per loro vantaggiosa, si debba levare la detta caccia, ed invitare il marcio.
IV) Tuttavolta, che il Pallone di primo tempo vada a colpire nei Tendoni, o nello steccato, o nelle persone ancorché ritorni in Giuoco senza toccar terra sarà fallo. Sarà parimenti fallo se il Pallone di primo tempo colpirà qualcheduno entro le due Porte, e rientri in Giuoco.
V) Se il Pallone di primo tempo colpirà sopra del Tetto della legnara, e cadrà in buono ancorché avesse colpito in fallo sarà buona; e così se sopra l’istesso tetto il Pallone colpirà in buona e cadrà in fallo e sarà fallo.
VI) Fuori però del suddetto Articolo, V. ogni qualvolta il Pallone perquoterà al di là delle due Righe dei Muri, o colpisca anche sulle righe istesse ancorché venghi in giuoco senza toccare terra sarà fallo.
VII) Ogni qualvolta il Pallone di primo tempo colpirà sui due Muri, e non verrà toccato dalli Giuocatori di buono sarà volata, se colpirà poi di primo balzo, o di stricio in allora si segnerà caccia ove il Pallone si fermerà (generalmente si verifica una caccia quando un pallonista, rispondendo alla battuta, non potendo respingere il pallone in modo regolare lo prende tra le mani dopo il primo rimbalzo e prima che superi la linea di fondo del campo di gioco. Dopo tale azione di gioco, l’arbitro segna sul terreno, tracciando una linea con gesso o ponendo una bandierina, dove il pallone è stato arrestato ndr).
VII) Tutte le volte, che il Pallone entrerà di striscio entro le due porte sarà segnata la caccia alla metà dell’Arco della Porta.
IX) Essendoci una caccia segnata alla metà dell’arco della porta, e giuocandosi per vincere quella caccia, qualora il Pallone entri di striscio nel suddetto Arco, dato anche che ritorni addietro, dovrà detta caccia ribattersi.
X) Quando il Pallone colpisce di primo tempo, o di striscio nella caccia segnata sul fallo, sia considerato un quindici perduto per chi ha colpito in detta caccia giuocandosi però la medesima.
XI) Tutte le volte che da qualche Giuocatore strisciandosi un Pallone si colpisce uno de’ suoi compagni, se di buono sarà fallo, se di striscio il Pallone farà giuoco fino a dove si fermerà, o sarà fermato dalla parte contraria.
XII) Qualunque volta il Battitore batte, ed il Pallone non passi il Mezzo sarà sempre fallo.
Il Trattato del gioco della palla del 1555.
Qualche secolo prima le regole del gioco furono definite nel “Trattato del gioco della palla” scritto nel 1555 da Antonio Scaino. Qui l’autore descrisse le varie tipologie di giochi ed evidenziò che per proteggere la mano e per aumentare la potenza del colpo doveva essere utilizzato un “bracciale”, che arrivava a coprire tutto l’avambraccio lasciando libera l’articolazione del gomito.
Tra la fine del Settecento e gli inizi del secolo successivo, con la costruzione di impianti specifici (sferisteri), con la codificazione delle regole, con l’organizzazione delle partite e il propagarsi del professionismo, il pallone assurse al ruolo e all’importanza di sport nazionale acquisendo le caratteristiche dello spettacolo pubblico modernamente inteso.
Se nei particolari la disciplina e i regolamenti subirono modifiche nel corso del tempo quelle principali sono rimaste pressoché immutate. Due squadre contrapposte si sfidano in un campo da gioco mediamente di m. 80 x 18 con un muro di ribattuta alto circa 20 metri. La palla in cuoio deve pesare circa 350 grammi e va colpita con un bracciale di legno, generalmente ottenuto da un unico pezzo di sorbo, munito di sette file contornate di punte di corniolo.
Le squadre sono composte da tre giocatori chiamati battitore, spalla e terzino. Al battitore spetta il compito di iniziare la partita colpendo la palla che gli viene lanciata con tempismo e precisione da un quarto elemento il “mandarino”, mentre la spalla e il terzino devono rimandare la palla. Il ruolo del “mandarino”, che entra in gioco solo al momento della battuta, per poi ritirarsi fuori dal campo, è delicatissimo, poiché richiede un’intesa perfetta con il battitore, il quale, al momento giusto, deve iniziare la corsa dal trampolino e colpire al volo, nel modo migliore, la palla servitagli opportunamente.
Ogni partita è divisa in frazioni dette “trampolini” che solitamente comprendono quattro “giochi”. L’intero incontro è costituito da tre “trampolini” e la vittoria spetta alla squadra che totalizza il maggior numero di giochi.
I punti si fanno: 1) se il pallone oltrepassa in “volata” il limite del campo avversario; 2) se il pallone, sorpassata la metà del campo, non viene raccolto dall’avversario; 3) se l’avversario manda il pallone fuori dai lati maggiori; 4) se l’avversario non manda il pallone oltre la propria metà campo.
Gabriele Zelli