Marco Viroli e Gabriele Zelli nel libro “Fatti e Misfatti a Forlì e in Romagna” – numero 4 – hanno ricostruito le storie delle stragi di Tavolicci, del Carnaio e della Fornace Bisulli di Meldola. Di quest’ultima ricorre l’anniversario il 21 agosto. Sabato 22 agosto 2020, alle ore 10,00, l’Amministrazione comunale e l’ANPI di Meldola organizzeranno una cerimonia per ricordare la tragica vicenda dell’eccidio della Fornace Bisulli che Viroli e Zelli così raccontano.
A Meldola il cosiddetto Cippo La Fornace, in via Roma 173, ricorda la fucilazione di diciotto uomini, catturati durante un rastrellamento a Pieve di Rivoschio, avvenuta il 21 agosto 1944 da parte dei nazifascisti. Nella parte alta della stele è presente una stella, simbolo dell’VIII Brigata Garibaldi, operante nella zona. Nella lunetta è raffigurata una fanciulla (forse a rappresentare la Vittoria Alata) che porge a tre caduti la palma del martirio.
Il 20 agosto 1944, durante un rastrellamento effettuato in risposta a una serie di azioni compiute dai partigiani dell’VIII Brigata Garibaldi, truppe nazifasciste prelevarono dal piccolo centro di Pieve di Rivoschio tra le cento e le duecento persone, per la maggior parte contadini e braccianti, che successivamente furono condotte a Meldola, presso un capannone della Fornace Bisulli. Il giorno seguente diciotto tra loro vennero scelti e furono costretti a scavare una fossa comune. Quindi, posti di fronte al muro della fornace, vennero fucilati senza pietà. La vittima più giovane, Marcello Lombini, aveva solo 17 anni.
Originariamente la stele si trovava a ridosso del muro della fornace ed era stata inaugurata il 18 Agosto 1946 dal Comitato di Liberazione di Meldola. In seguito è stata trasferita nella attuale sede.
Riguardo all’eccidio della Fornace Bisulli, il sito straginazifasciste.it, in una scheda compilata da Roberta Mira, tutor didattico presso il Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture Moderne e il Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Università di Bologna, riporta la seguente documentazione.
«Nella seconda metà di agosto del 1944 i tedeschi effettuarono un vasto rastrellamento contro l’8ª brigata Garibaldi nella zona tra le valli del Bidente, del Savio e del Borello concentrandosi su Pieve di Rivoschio, Meldola e Civitella di Romagna, mentre ai fascisti fu affidata la zona di Predappio-Porcentico. I partigiani riuscirono a sganciarsi dall’area del rastrellamento e poterono contrastare l’azione nazista con imboscate. Nel corso delle operazioni la violenza si rivolse contro i civili con uccisioni singole in diversi luoghi nei giorni 19, 20 e 21 agosto e culminò nella strage della fornace di Meldola il 21 agosto 1944. Numerosi uomini rastrellati (circa 180 secondo le fonti disponibili) furono portati a Meldola e vennero rinchiusi in uno stanzone all’interno della fornace di laterizi in località San Lorenzo. Gli uomini catturati lungo l’asse Cusercoli-Pieve di Rivoschio che coincideva con i luoghi di insediamento dei comandi dell’8ª brigata vennero separati dagli altri e sottoposti a pesanti interrogatori e torture. Il 21 agosto 1944, diciotto uomini furono fatti uscire dalla fornace e vennero costretti a scavare alcune fosse, all’interno delle quali i tedeschi occultarono i loro corpi dopo averli fucilati».
«Durante il rastrellamento che portò alla cattura degli uomini uccisi a Meldola, si registrarono incendi e devastazioni; due uomini catturati dai fascisti nella zona di Predappio-Porcentico furono fucilati dalle SS a Bagnacavallo (RA) il 27 agosto 1944: erano Ruffillo Balzani e Artemio Levi, fucilati con Antonio Cicognani; Alfredo Petrucci rastrellato con loro fu ucciso all’aeroporto di Forlì il 5 settembre 1944 dalle SS».
Va ricordato inoltre che don Pietro Tonelli e padre Vicinio Zanelli vennero uccisi a Pieve di Rivoschio il 21 agosto 1944, stesso giorno dell’eccidio alla Fornace Bisulli di Meldola.
Dalla scheda redatta dalla professoressa Roberta Mira è possibile ricavare l’elenco dettagliato delle vittime della strage:
– Alessandrini Alessandro, nato a Pieve di Rivoschio il 29/03/1880, colono. Riconosciuto partigiano nell’8ª brigata Garibaldi dal 16/09/1943 al 21/08/1944.
– Bartolini Domenico. Civile.
– Bevoni Francesco, nato a Voltre di Civitella di Romagna il 24/04/1879, residente a Pieve di Rivoschio, mezzadro. Riconosciuto partigiano nell’8ª brigata Garibaldi dal 02/01/1944 al 21/08/1944.
– Bertozzi Domenico nato a Sorbano il 13/06/1881, residente a Pieve di Rivoschio, bracciante. Riconosciuto partigiano nell’8ª brigata Garibaldi dal 29/11/1943 al 21/08/1944.
– Biondini Antonio, nato a Sarsina il 03/08/1895, residente a Pieve di Rivoschio, contadino. Riconosciuto partigiano nell’8ª brigata Garibaldi dal 02/01/1944 al 20/08/1944.
– Cangini Giovanni, nato a Cusercoli il 07/08/1904, bracciante. Riconosciuto partigiano nell’8ª brigata Garibaldi dal 06/10/1943 al 21/08/1944.
– Castellucci Celso, nato a Civitella di Romagna il 28/06/1896, residente a Cigno di Civitella. Riconosciuto partigiano nell’8ª brigata Garibaldi dal 01/01/1944 al 21/08/1944.
– Fantuzzi Attilio, nato a Sarsina il 18/02/1896, residente a Cusercoli, colono. Riconosciuto partigiano nell’8ª brigata Garibaldi dal 06/11/1943 al 21/08/1944.
– Giusti Angelo, nato a Civitella di Romagna il 02/10/1924, residente a Cusercoli, operaio. Riconosciuto partigiano nell’8ª brigata Garibaldi dal 15/02/1944 al 18/06/1944.
– Landi Domenico, nato a Sarsina il 30/11/1863, residente a Pieve di Rivoschio. Riconosciuto partigiano nell’8ª brigata Garibaldi dal 30/09/1943 al 21/08/1944.
– Lombini Marcello, nato a Civitella di Romagna il 02/03/1927, residente a Cusercoli, garzone di fornaio. Riconosciuto partigiano nell’8ª brigata Garibaldi dal 01/01/1944 al 30/11/1944.
– Mezzanotte Cesare, nato a Sarsina il 16/03/1916, residente a Giaggiolo, colono. Riconosciuto partigiano nell’8ª brigata Garibaldi dal 06/11/1943 al 21/08/1944.
– Mondardini Salvatore, nato a Sarsina il 19/01/1862, residente a Santo Stefano di Sarsina, agricoltore. Riconosciuto partigiano nell’8ª brigata Garibaldi dal 10/11/1943 al 21/08/1944.
– Nanni Marcello (Lello), nato a Civitella di Romagna il 02/10/1926, residente a Cusercoli, garzone. Riconosciuto partigiano nell’8ª brigata Garibaldi dal 18/09/1943 al 28/06/1944.
– Orfei Antonio, nato a Bagno di Romagna il 30/09/1910, residente a Santa Sofia, bracciante. Riconosciuto partigiano nell’8ª brigata Garibaldi dal 07/01/1944 al 21/08/1944.
– Pondini Francesco, nato a Pieve di Rivoschio il 01/04/1891, agricoltore. Riconosciuto partigiano nell’8ª brigata Garibaldi dal 05/05/1944 al 21/08/1944.
– Secaroli Angelo. Civile.
– Soldati Pasquale, nato a Sarsina il 19/01/1891, residente a Pieve di Rivoschio, colono. Riconosciuto partigiano nell’8ª brigata Garibaldi dal 03/01/1944 al 21/08/1944».
Sul sito straginazifasciste.it viene precisato che: «buona parte delle vittime ottenne la qualifica di partigiano, ma l’età avanzata di molti fa ritenere probabile, nel loro caso, che si tratti di civili o di persone legate ai partigiani. Ravaglioli e Petrini nel loro libro segnalano Bertozzi come padre di un partigiano; inoltre scrivono di Bartolini che partecipò alla Resistenza, ma il suo nome non compare fra i caduti partigiani nella documentazione dell’Anpi e dell’Istituto per la storia della Resistenza di Forlì-Cesena.
Secondo il Diario di Mambelli erano partigiani Lombini, Nanni, Giusti, Cangini, Fantuzzi. Fantuzzi in più di una fonte è ricordato come il colono del podere che ospitò uno dei primi insediamenti partigiani della valle del Bidente tra Cusercoli e San Paolo in Aquiliano. La documentazione fascista coeva parla di quattordici ribelli e quattro persone conniventi.
– Leoni Giuseppe, nato l’11/02/1906, abitava a San Matteo di Meldola (FC) dove lavorava come operaio agricolo. Rastrellato con gli altri e rinchiuso nella fornace, fu selezionato per la fucilazione, ma il proprietario dell’azienda in cui lavorava intervenne presso i fascisti di Meldola per salvarlo. Leoni fu risparmiato. Civile.
– Sansavini Angelo, nato a Galeata (FC) il 07/04/1911, residente al podere Valle del Duca a Galeata. Rastrellato e rinchiuso nella fornace, fu inizialmente fatto uscire con gli uomini che dovevano essere fucilati, ma fu poi riportato all’interno dello stanzone. Fu tra gli uomini costretti a seppellire i corpi delle vittime. Dopo la strage di Meldola venne costretto a lavorare per i tedeschi seguendo le truppe prima verso Bologna, poi a Verona e infine venne inviato in Germania. Civile».
Infine, come riporta sempre il sito straginazifasciste.it, al termine del Secondo conflitto mondiale venne avviato «procedimento penale davanti alla Corte d’Assise straordinaria di Forlì contro Arnaldo Feltrami, Romano Beltrami e Ezio Landi, accusati di aver partecipato materialmente alle sevizie delle vittime e alle uccisioni della fornace. Con sentenza del febbraio 1946 la Corte condannò Feltrami a 30 anni di reclusione, Beltrami e Landi a morte. Fu presentato ricorso in Cassazione. La Cassazione con sentenza 28/06/1946 annullò senza rinvio la sentenza della Corte d’Assise straordinaria di Forlì poiché mancavano le prove della colpevolezza dei tre condannati».