Alla scoperta delle antiche prigioni di Rocca San Casciano, costruite nel 1837 da Leopoldo II, Granduca di Toscana, e chiuse definitivamente attorno al 1965. È l’itinerario proposto dall’undicesima puntata di “Do ciacri”, la rubrica video ideata e curata da Vincenzo Bongiorno, con l’aiuto per le riprese del giovane Davide Pieri, e proposta nella pagina Facebook del Progetto “Cambia Vita – Rocca San Casciano”. Nei primi tre giorni sono state oltre seicento le visualizzazioni della puntata.
La visita è stata possibile grazie alla disponibilità della famiglia Giorgini, proprietaria dei locali conservati egregiamente nel corso degli anni. Nella visita, Bongiorno ha dialogato con Lucio Giorgini, vicesindaco di Rocca, Ivano Vespignani, ex docente di scuola media e storico locale, e Antonio Rabiti, grande appassionato delle vicende storiche del territorio e in particolare di quelle di Rocca. “Le antiche prigioni – ha spiegato Lucio Giorgini – furono acquistate da mio padre e da mio zio nei primi anni ’70. Qui iniziarono a lavorare e a vendere pietre preziose fino a metà anni ’80, quando il laboratorio chiuse e rimase attiva l’esposizione e la vendita delle pietre alla clientela. Con mia sorella Fabiana stiamo ragionando per fare in modo che questo luogo storico sia in alcune giornate visitabile”. Per chi volesse, già nelle ultime due domeniche di maggio, il 23 e il 30, dalle 9,00 alle 12,00 rimarranno aperte al pubblico (vi si accede da via Buginello n. 44).
Vespignani nelle sue spiegazioni ha ricordato anche alcuni detenuti illustri delle prigioni rocchigiane: “Tra questi il più famoso è Torquato Nanni, socialista di Santa Sofia di cui fu Sindaco, consigliere provinciale di Firenze. Il 30 ottobre 1922 fu prelevato nel suo paese da un gruppo di fascisti e portato a Rocca San Casciano, dove grazie all’intervento del pievano, don Antonio Tabanelli, fu incarcerato nelle prigioni di Rocca e questa fu la sua salvezza”. Nanni, da giovane amico di Benito Mussolini, non si allontanò mai dalle idee socialiste, e mantenne sempre la sua amicizia con Leandro Arpinati, romagnolo di Civitella, conosciuto nel 1915 a Bologna negli ambienti interventisti. Arpinati rivestì incarichi molto importanti durante il regime, ma finì nel 1933 per essere espulso dal Partito fascista dovendo poi subire anche alcuni anni di confino a Lipari.
La visita vera e propria di “Do ciacri” alle Prigioni è iniziata davanti alla “cella di punizione”, la più ristretta delle tre visitabili, due spioncini per le guardie per sorvegliare l’interno e con una finestra molto piccola da cui è poca la luce che riesce a filtrare. “L’ingresso delle Prigioni – ha ricordato Antonio Rabiti – si trovava all’entrata del Palazzo Pretorio che si affaccia su piazza Garibaldi. Io stesso ho memoria visiva di una lunetta con sopra scritto ‘carceri mandamentali’; scritta purtroppo cancellata negli anni”. Sulla storia delle Prigioni di Rocca, Vespignani ha poi ricordato che “i Vescovi di Modigliana, della cui diocesi faceva parte Rocca, che si sono succeduti negli anni si recavano spesso in questo luogo in visita ai carcerati, come opera di misericordia portando loro conforto”.