La foresta di Campigna è uno dei luoghi più belli al mondo. Insieme al patrimonio naturale, il Parco custodisce il valore immenso delle memorie che nei secoli hanno attraversato il crinale e solcato i contrafforti delle vallate, tra Romagna e Casentino. Nei nomi, dalla Burraia ai Mandrioli, riverberano i passaggi antichi della transumanza (da non perdere il Museo della Lana di Stia) mentre i boschi e i fiumi evocano i mestieri del legno, del carbone, dei molini e delle gualchiere. Di memorie parlano le tracce delle povere abitazioni dei contadini di montagna, i luoghi del romitaggio delle comunità religiose, le rare dimore dei potenti.
Tra queste la casa di caccia del Granduca dalla quale il boemo Siemoni coordinò nell’Ottocento la grande opera di ricostruzione e cura del bosco. Il crinale è uno spazio geografico netto, risolutivo, che separa: di qua e di là. Tutto ne consegue, a partire dalle acque che assecondano la gravità scendendo verso valle, e dagli alberi che nel versante nord filano maggiormente per cercare di catturare fino all’ultimo raggio di sole. Lungo il crinale, a volte, quando le nuvole scendono dall’alto, o salgono da un lato inghiottendo ciò che trovano, si perdono i riferimenti e tutta quella confortante nettezza, di qua o di là, si confonde, si smarrisce.
Tra le memorie del crinale ci sono quelle terribili del 1944 quando l’esercito nazista organizzò il passaggio anche da queste terre remote, all’epoca prive di vie di comunicazione efficienti (la strada attuale della Calla è del secondo dopoguerra), il passaggio della Linea Gotica. Tra marzo e aprile i tedeschi fecero rastrellamenti e martellarono con l’artiglieria lo spazio tra Camaldoli e il Muraglione, per sgombrare l’area da partigiani e renitenti. Poi, con le maestranze italiane inquadrate nella Organizzazione Todt, allestirono la prima linea sul versante toscano e la rete di logistica in quello romagnolo.
Circa 25 anni fa, mentre collaboravo con l’IBC al censimento di testimonianze della Linea Gotica, un vecchio boscaiolo mi fece scoprire la serie di rifugi che i tedeschi ricavarono, con esplosivo e badile, in un lastrone di roccia, nei pressi di Campigna. Servirono a poco, all’epoca. Nessun esercito sarebbe potuto passare da mulattiere di montagna. Infatti gli Inglesi sfondarono sull’Adriatico e gli Americani arrivarono dai passi del Fiorentino e dal Mugello. Le tracce dei rifugi sono ancora lì, nascoste, aggrappate alla montagna, difficili da individuare e da raggiungere. Ritrovarle è stato emozionante e nel silenzio del bosco hanno confermato l’assurdità della loro esistenza.
Mario Proli