Sono tantissime le persone che si chiedono se in Italia sia o meno possibile coltivare cannabis legalmente. La legge si è recentemente espressa in merito. Nel 2019, infatti, le sezioni unite della Corte di Cassazione hanno stabilito, portando un po’ più di chiarezza in un quadro che richiede ancora molti passi avanti da fare, che non è reato coltivare piccole quantità di cannabis, a patto che siano esclusivamente a uso personale. Se ti interessa sapere qualcosa di più in merito, non ti resta che proseguire nella lettura di questo articolo.
Quale tipologia di cannabis si può coltivare in Italia?
Fatta eccezione per il caso dello Stabilimento Chimico Militare di Firenze, il sito dove viene coltivata la marijuana che viene utilizzata poi per presidi farmacologici come quelli impiegati – facciamo uno dei tanti esempi possibili – per la cura del dolore neoplastico, chi vuole coltivare cannabis nel nostro Paese deve attenersi alle linee guida della Legge 242/2016. Ciò significa che deve focalizzarsi unicamente sui semi che permettono di ottenere piante a basso contenuto di THC.
Il principio attivo in questione, notoriamente psicoattivo, non può essere presente in misura maggiore dello 0,2%. Per amor di precisione, è il caso di rammentare l’introduzione, da parte del legislatore, di una soglia di tolleranza fino allo 0,6% (per i produttori, mantenere il limite sopra citato è tutto tranne che semplice).
Un doveroso cenno deve poi essere dedicato alle sementi. A prescindere che si parli di semi fotoperiodici o di semi di cannabis autoflower – particolarmente consigliati ai principianti – in tutti i casi è necessario acquistare solo varietà incluse nel Registro Europeo delle Sementi. In virtù della legge sopra citata, non è necessario denunciare la coltivazione alle Forze dell’Ordine – a patto che si parli di piante depotenziate dal punto di vista della presenza del THC – ma è obbligatorio conservare per almeno un anno il certificato di iscrizione al Registro Europeo delle Sementi e le fatture di acquisto.
Si potrebbe andare avanti ancora molto a parlare degli aspetti di cui tenere conto nel momento in cui si ha intenzione di coltivare cannabis legale in Italia! Un aspetto che è doveroso citare riguarda il fatto che, nel nostro Paese, non è consentito utilizzare le talee, tranne che per scopi ornamentali.
Quante piante è possibile coltivare?
Sono diversi gli interrogativi che sorgono quando si parla del tema a cui stiamo dedicando queste righe. C’è chi, per esempio, si chiede quante piante sia possibile coltivare. Guardando al caso della filiera industriale, non ci sono particolari regole da seguire. Tutto, infatti, dipende dall’appezzamento di terreno che si ha a disposizione. Entrando nel vivo dei consigli degli esperti, è importante rammentare che, molti di loro, raccomandano di partire con una coltivazione pari a tre ettari.
Cosa succede se si supera la soglia di THC?
Premettendo il fatto che quando si decide di iniziare a coltivare cannabis è il caso di rivolgersi a un esperto legale per avere una consulenza con tutte le indicazioni su come muoversi, ricordiamo che, nel caso in cui si dovesse superare la soglia di THC – eventualità improbabile per non dire impossibile se si acquistano i semi presso e-commerce o store certificati di cannabis light legale – si andrebbe incontro alla distruzione del raccolto da parte delle Forze dell’Ordine.
Concludiamo citando il caso particolare dei semi da collezione. Questi esemplari sono al centro, nel 2009, di una sentenza della Corte di Cassazione, che ha stabilito la possibilità di venderli legalmente. Vietata, però, è la loro coltivazione. Per avere informazioni in merito alle linee guida normative relative alla loro gestione, è necessario fare riferimento agli articoli 28 e 73 del DPR 309/90, che mettono in primo piano le entità delle sanzioni economiche in caso di mancata attenzione alle regole.