Le Associazioni Ambientaliste del Tavolo (TAAF) oggi 14 luglio 2022 esprimono il proprio totale dissenso rispetto a quanto appreso di recente sugli organi di stampa circa la possibilità che vengano realizzati nuovi invasi nelle Valli del Bidente, sulla base di progetti elaborati da Romagna Acque. “Tali interventi sarebbero giustificati dal crescente fabbisogno idrico, dall’adattamento ai cambiamenti climatici in corso e dalle scelte necessarie a fronteggiare il futuro: un futuro che però sembra voler guardare ostinatamente ed esclusivamente al passato. Costruire nuovi invasi in un territorio montano già deturpato da frequenti frane, con nuovi abbattimenti di alberi e distruzione della biodiversità, con cementificazioni, non è la scelta migliore. Le captazioni fatte negli anni scorsi hanno impoverito d’acqua i fiumi che scendono a valle anche in una zona all’interno del Parco delle foreste casentinesi. Gli alberi, i torrenti sono indispensabili e necessari anche per mitigare il clima, quel clima che sta diventando sempre più rovente! Prima di fare progetti di questo genere bisognerebbe analizzare tutte le possibilità alternative, invece di autorizzare la captazione di acqua da quei pochi torrenti ancora intatti, come quelli di Pietrapazza e Strabattenza. Non è così che si affrontano e si risolvono i gravi problemi di siccità dovuti alla mancanza di piogge e di neve” si legge in una nota.
“Non si capisce – continua – nemmeno perché la prolungata siccità alternata a violente precipitazioni, concentrate in tempi e territori relativamente ristretti ed i conseguenti dissesti idrogeologici nel nostro Appennino, non inducano Regione e Comunità Locali a pianificare strategie di contrasto del fenomeno, mantenendo ed incrementando la funzionalità dei bacini imbriferi, quali ambiti naturali di raccolta delle acque, nonchè salvaguardando ed aumentando la copertura forestale a tutela dei suoli, dei versanti, dei corsi fluviali e delle falde. Sarebbe questo un riconoscimento delle funzioni strategiche svolte dalle comunità montane nella cura e difesa del “Capitale naturale”. Le leggi e normative vigenti (Piano di Tutela delle Acque (PTA) impongono da un lato la tutela dei suoli, dei versanti appenninici, del manto boschivo, dei bacini imbriferi, dei corsi fluviali e delle falde acquifere e, dall’altra, il recupero ed il riutilizzo della risorsa idrica, prima di procedere ad altre forme di sfruttamento, siano esse rappresentate da derivazioni o da invasi. Le soluzioni esistono e molte sono già state sperimentate e attuate, anche in Emilia Romagna e le norme vigenti vanno rispettate con: manutenzione della rete idrica (che ha oltre il 30% di perdite); recupero delle acque reflue; bonifica delle acque dei depuratori; costruzione di laghetti irrigui sui terreni coltivati, cisterne per il recupero dell’acqua piovana, sistema irrigazione a goccia in agricoltura“.
“Utilizzando questi sistemi e con azioni di risparmio idrico si recupererebbero immense quantità di acqua per usi irrigui: solo dalle acque reflue oltre 20 milioni di metri cubi d’acqua. Per le attività turistiche (piscine, parchi acquatici, docce dei bagni sulle spiagge e utilizzo di acqua per annaffiare nelle zone marine) si potrebbero realizzare impianti di desalinizzazione dell’acqua del mare, utilizzando pannelli fotovoltaici per il recupero di energia. In Regione esistono 24 impianti di depurazione, che hanno già depositato-per legge-i rispettivi piani di riutilizzo delle acque reflue depurate (Rimini, Reggio e Bologna) e per i quali vi è già certezza. Le Associazioni scriventi chiedono con forza alla Regione di non tenere conto del documento di intenti redatto da Romagna Acque a inizio maggio, sulla captazione di acque superficiali (invasi) ma di procedere al finanziamento di progetti di riutilizzo delle acque reflue depurate per uso irriguo. Ciascun utente paga da tempo i costi della depurazione, in ragione di circa 1/4 degli oneri tariffari gravanti sulla propria bolletta: perché gli viene negato il diritto di riutilizzare quell’acqua?” conclude il TAAF.