Molti lo considerano il “Trail più duro al mondo”, di sicuro è una delle competizioni più toste nel suo genere. È il Tor 330, famosa competizione organizzata ogni anno a settembre in Valle d’Aosta dalla società sportiva VDA Trailers. La gara è conosciuta anche come “Tor des Géants”, il “Giro dei Giganti”, 356 km con dislivello positivo di circa 27.390 m, che attraversa il territorio di 34 Comuni su sentieri ufficiali della Valle d’Aosta, con partenza e arrivo a Courmayeur.
Al rocchigiano Manlio Faccini, 28 anni, programmatore presso la Ltm di Castrocaro Terme, e al forlivese Luciano Piazza, 60 anni, barbiere, è riuscita l’impresa sportiva di portarla a termine. Si tratta di un qualcosa di davvero eccezionale, non da tutti, poiché la competizione di svolge in una tappa unica e in un tempo limite di 150 ore, con l’atleta che deve portare con sé il necessario per la sussistenza e con la possibilità di rifornirsi unicamente presso i punti di assistenza prestabiliti. Oltre alla lunga distanza, a rendere ardua la sfida sono i notevoli dislivelli da affrontare.
“I tracciati di gara – si può leggere nel sito ufficiale della competizione – comprendono passaggi in altitudine, anche oltre i 3000 metri di quota dove le condizioni possono essere molto difficili (vento, freddo, pioggia, neve, ghiaccio), alternati a passaggi a quote di molto inferiori, dove le condizioni possono essere esattamente opposte (molto caldo). Il corridore deve prevedere di dover affrontare, tra un ristoro e l’altro, diverse condizioni climatiche, in orari diurni e notturni. La scelta dell’abbigliamento e di tutto il materiale necessario è pertanto condizionata da queste particolari caratteristiche. Un accurato allenamento e una capacità reale d’autonomia personale sono requisiti inderogabili per affrontare queste gare”.
La lunghezza e difficoltà del tracciato richiedono davvero un’adeguata preparazione fisica e mentale nel dover affrontare eventuali imprevisti e comunque una grande stanchezza fisica, da gestire anche psicologicamente. Ce lo confermano le parole di Manlio Faccini e di Luciano Piazza. “Porterò con me – afferma Manlio Faccini – il ricordo di una fatica incredibile, che ti porta allo stremo delle forze e ad una dura prova psicologica con anche allucinazioni notturne. Ma che grande soddisfazione firmare il cartellone dei finisher, coloro che hanno concluso la corsa. Poi, soprattutto, vi sono le persone: sarò per sempre grato a mia mamma, Lavinia Leoni, alla mia sorellina Emma e all’amico Matteo Limonetti che mi hanno accompagnato e assistito nelle giornate in cui si è svolta questa avventura. Grazie anche alla famiglia valdostana, quella di Marco Patacchini, noto specialista in Ortopedia e Traumatologia, che ho incontrato sul percorso e con il quale ho affrontato la gara in compagnia e questo ha fatto la differenza. Il suo gruppo e la sua famiglia sono diventati anche la mia. L’appuntamento è al 2023, sperando di trovarmi sui sentieri con l’amico Luciano Piazza di Forlì, che quest’anno non ho avuto la fortuna di incontrare”.
È lo stesso auspicio per il 2023 che esprime Luciano Piazza e Manlio Faccini, che sull’esperienza di quest’anno raccontano: “È stato sicuramente il secondo tour più duro di sempre lo dicono i numeri. La mia corsa, spiega Piazza, è stata difficile all’inizio per problemi di dissenteria e crampi. Superati quelli ho sofferto di solitudine e incubi, non sapevo più dove fossi e mi ha salvato un’amica di Milano che correndo un’oretta con me, parlandomi, mi ha rimesso in carreggiata”. Piazza ricorda poi di aver attraversato anche un momento ben più pericoloso: “Sono caduto in un burrone e sono rimasto attaccato ad alcuni ciuffi di erba, perdendo i bastoncini. Gridando aiuto mi hanno salvato la vita tre corridori inglesi che mi hanno tirato su. Dopo esserci abbracciati con affetto e salutati, sono ripartito e finalmente stavo bene quando poi è arrivata la neve. Sono contento, gran gara e bellissime premiazioni”.