Ho sempre cercato di conoscere la mia città, e questo suo centro storico che merita di più di quello che ha e che ha avuto, ma cosa gli riserverà il futuro? Spero non l’ennesimo supermercato! Come mi auguro abbiate letto, ho cercato luoghi e personaggi degni di essere ricordati e di loro ho parlato, raccontato in modo esauriente e soprattutto spero interessante, per voi. Come ho già scritto sono luoghi o personaggi che tutti abbiamo visto o di cui abbiamo sentito parlare, ma nessuno è andato al di là dell’immagine che fa parte dell’ambiente che ci circonda o del nome che è nell’orecchio da sempre. Sono sceso nei particolari, quando è stato possibile. Non ho risparmiato visite all’Archivio di Stato, alla Biblioteca, ho comprato libri, ho cercato dappertutto.
Ho trovato tanto ed io ve l’ho offerto con grande piacere. Ho avuto anche qualche soddisfazione, come con l’articolo dedicato a Yoshiko Tetsu Beltramelli che ha attirato l’attenzione del prof. Arnold Wayne dell’Università di Kitakyushu Fukuoka, Japan, impegnato in ricerche su una sorella e un’amica di Yoshiko venuta in Italia a trovarla alla Sisa nel 1932. Gli ho inviato documenti sulla famiglia Tetsu. Avrebbe avuto piacere se fossi riuscito a trovare anche una testimonianza sulla visita alla casa del Duce delle due giovani giapponesi, ma è stato impossibile. Chiusa questa parentesi di personali considerazioni passiamo all’argomento attuale. Ho già parlato di benefattori che hanno donato alla loro, alla nostra città, i loro beni. A questi come Melchior Missirini e Rambaldo Bruschi, dei quali ho già trattato, devo aggiungere Camillo Versari.
Innanzi tutto una premessa doverosa: parlare di Camillo Versari comporta trattare di Luigi Bonaparte e della statua di G.B.Morgagni che fa bella mostra di sé in Forlì, in Piazza Morgagni. Le vicende della vita di Versari si intrecciano indissolubilmente con quelle della famosa statua. Ecco perché mi è stato impossibile distinguere i due personaggi: lui e la statua. Camillo Versari nasce a Forlì il 29 marzo 1802, figlio di Girolamo, allora in Forlì medico famoso e di Giacoma Calletti. Di loro proprietà per circa sessant’anni una casa in via Piero Maroncelli angolo Via Maldenti. dove si prolunga anche di fronte, alla fine del breve rettilineo. Nel 1865, per interessamento del Comm. Temistocle Panciatichi, che la abitava, è collocato in una nicchia posta all’esterno della casa, sopra la porta d’ingresso, un busto in marmo con l’iscrizione <<Casa ed effigie di Girolamo Versari, medico spertissimo>>.
Girolamo Versari in età di 72 anni, nel dicembre del 1842, rimane praticamente asfissiato nella sua camera che aveva adattato a stufa (!!!), per il freddo. I soccorsi del figlio Camillo e della famiglia gli salvano la vita, ma Girolamo Versari la mattina del 31 luglio 1843 si spegne. E la sua morte viene considerata una pubblica calamità. Funerale pieno di riverenza, accompagnato dal Collegio dei medici e chirurghi, non solo, anche da tutti i poveri del paese dolenti per la scomparsa di un loro benefattore. E Pietro Giordani, maestro di Giacomo Leopardi, ne scrive l’epigrafe. Il proprietario successivo di casa Versari, Giuseppe Mingaia, nel 1914, in occasione di radicali modificazioni apportate all’edificio, per far posto ad un terrazzo, rimuove il busto e lo colloca all’interno nel corridoio d’ingresso di fronte alla nuova scala. All’iscrizione furono tolte le due prime parole. La casa, il terrazzo esistono ancora, ma il busto? Scomparso. Comprato e venduto da chissà quanti antiquari.
A Camillo, laureato in medicina all’Università di Bologna l’11 luglio 1821, gli viene conferito il diritto di libero esercizio. Rimane assente da Forlì fino al 1827. Impegnato nel movimento liberale, è condannato nel 1825 alla sorveglianza di polizia e nel 1827 è arrestato per sospetta attività cospiratoria. Il 7 giugno 1830 sposa la cugina Paolina Manzoni figlia di una sorella del padre, non hanno figli e lei morirà a Bologna il primo aprile 1866. Nel ‘32 è arrestato e rinchiuso nelle carceri di Forlì e condannato successivamente a venti anni, ridotti poi a dieci e poi ad un terzo. Esercita la professione di medico in Forlì, e nel 1831 ha un’amarissima esperienza con la vicenda relativa a Luigi Napoleone, figlio di Luigi Bonaparte re d’Olanda e fratello di Carlo Luigi Napoleone, il futuro Napoleone III. I due fratelli Bonaparte continuano ad illudersi di poter ripristinare l’impero napoleonico. Sono affiliati alla Massoneria e in Italia alla Carboneria, partecipano ai moti del 1831/32 con la rivolta delle Legazioni Pontificie in Romagna. Nel marzo del 1831, all’età di 26 anni Luigi Napoleone, proveniente da Faenza, prende alloggio alla Locanda del Cappello, all’inizio di quello che oggi è Corso della Repubblica. Appare subito in pessime condizioni di salute per cui viene chiamato come medico, il già famoso Camillo Versari. Purtroppo nonostante il suo impegno di medico e il consulto con il padre, le condizioni dell’illustre ammalato, sono talmente gravi che, ahimè, lo portano alla morte.
E così Luigi Napoleone Bonaparte muore in Forlì il 17 marzo 1831. Successivamente sarà trasportato a Firenze
Camillo Versari a questo proposito scrive un libretto (forse di scuse? chissà?) dedicato al fratello di Luigi, Carlo (nome del nonno paterno) Luigi, che come abbiamo già detto nel 1852 diventerà Napoleone III. Questo suo scritto si intitola: Lettere a sua Altezza il Principe CARLO LUIGI BONAPARTE intorno all’ultima malattia del di lui fratello NAPOLEONE – di CAMILLO VERSARI – IN FORLI’ TIPOGRAFIA BORDANDINI 1831. Versari descrive le sue visite al malato, le sue impressioni e deduzioni di carattere medico e le cure impartite. Vuole dimostrare le sue capacità e l’impossibilità di salvare la vita del Bonaparte? La causa della morte? dall’autopsia eseguita dal Prof. Domenico Pantoli di Forlì risulta essere stata la rosolia. Questa infelice pagina della vita professionale di Versari sarà superata con più felici ed importanti avvenimenti. Nel 1827 diventa socio dell’Accademia dei Filergiti di Forlì della quale diventa Censore nel 1846. Esercita per più di vent’anni la professione, poi essendosi resa vacante la cattedra di Patologia nell’Università di Bologna ne vince il concorso. E così nel 1854 si trasferisce a Bologna come docente all’Università.
La sua vita professionale e di studioso è caratterizzata da una grandissima stima e devozione per Gianbattista Morgagni l’illustre clinico anche lui nato a Forlì. A questo proposito sono da ricordare gli scritti di Versari raccolti in due letture fatte nel 1868 alla Società Medico-Chirurgica di Bologna. In più sei discorsi consacrati alla vita, opere, alla sapienza filologica, filosofica e medica di Giambattista Morgagni, letti ed offerti sempre all’illustre Società Medico-Chirurgica di Bologna nel 1872. Versari decide di celebrare il grande patologo e la loro comune città natale ( Forlì) commissionando nel 1869 al famoso scultore bolognese Salvino Salvini una statua in onore di Gianbattista Morgagni. E’ donata alla città di Forlì unitamente ad una serie di manoscritti morgagnani, composti da 19 lettere di cui 16 autografe e tre copiate. In più 6 tipi di legno serviti per l’incisione di tre medaglie in onore di Morgagni.
Ecco come Camillo Versari diventa benefattore di Forlì. Penso che sia superfluo dire perché Morgagni sia personaggio di una tal levatura da meritare un monumento. Camillo Versari dona questa statua alla sua città, Forlì, per onorare uno dei più grandi e famosi interpreti dell’arte medica, fra l’altro fondatore dell’anatomia patologica e padre della patologia moderna. E’ da tener presente che in Forlì l’interesse per questo grande personaggio è stato continuo per quasi tre secoli, concretizzandosi in una serie di celebrazioni però non sempre completamente realizzate. E’ da sottolineare la volontà della città di rendere omaggio al concittadino attraverso un ricordo non effimero: opere scultoree, medaglie celebrative, lapidi, intitolazioni di vie, piazze, scuole e ospedali. E per ultima l’enorme statua ordinata e pagata da Camillo Versari e donata alla città.
La volontà di concretizzare questo omaggio all’attività dello scienziato, fa sì che vengano anche organizzati convegni scientifici riguardanti la sua metodologia. Perpetuare il suo ricordo passa attraverso pubblicazioni che spaziano dal campo medico a quello storico, archeologico, letterario, filosofico e geografico, così quanti erano i suoi interessi, fra i quali non sono da dimenticare i forti legami con la sua città che si concretizzano in ricerche storiche approfondite (vedi l’epistola IX) su Forlì e la Romagna. Oltre che uomo di scienza è anche un abilissimo e ricercato clinico medico; personalità eclettica e di vasta cultura umanistica, latinista, archeologo, botanico e storico.
Sia Morgagni (Forlì 1682 – Padova 1771) che Versari (Forlì 29 marzo 1802 – Bologna 26 aprile 1880) sono nati a Forlì e Morgagni, nonostante i suoi legami con Padova, mantiene inalterati i rapporti con la sua città, tanto che nel 1709 vi ritorna per esercitare come medico fino al 1711. Non solo, in Forlì aveva acquistato nel 1732 un palazzo per sé e per i suoi in pieno centro. Precisamente in quella che oggi è Via delle Torri al n° 11. (vedi Oliverotto Fabretti: I figli di G.B.Morgagni).
Volendo sposare una forlivese di nobili origini Paola Verzeri, Morgagni si trova in difficoltà non essendo nobile. Grazie all’amico Lancisi riesce ad ottenere dal Papa nel 1712 la cittadinanza e la nobiltà romana. Così nel settembre dello stesso anno sposa Paola Verzeri, lui ha trent’anni, lei 18. Dal matrimonio nascono 15 figli. Su questo numero vi sono opinioni contrastanti. Infatti molto più tardi (inizio 1900) il dott. Massimo Chiadini ricava da un carteggio morgagnano la nascita di soli (!!!) 10 figli. Nonostante un così alto numero, sia che sia vera la prima o la seconda ipotesi, la discendenza di G.B. Morgagni si esaurisce in breve tempo. E’ sempre esistita in Forlì la volontà di celebrare questo grande personaggio della medicina. Nell’agosto del 1728. In una seduta del Consiglio Segreto del 17 di quel mese veniva imposto allo scienziato di risiedere in città e di esercitarvi la professione medica. Morgagni ne viene esonerato prima da Benedetto XIII, poi da Clemente XII.
Quindi l’idea del monumento non è certamente una novità. A noi sembra che il Dott. Camillo Versari, prima di ordinare a Salvino Salvini l’opera, che senz’altro sarà costata una fortuna, abbia interpellato l’Amministrazione per avere il suo consenso. Avutolo avrà proceduto. Le condizioni per il “donativo” della statua da parte Versari sono inserite al punto 10 del suo testamento redatto il 15 luglio 1869 e modificato nel 1878. All’Amministrazione furono presentati diversi progetti per il monumento.
Uno di Fortunato Zampanelli (1828–1909), un altro di Apollodoro Santarelli (1835 – 1908) e infine quello di Camillo Versari. In data 15 aprile 1870 la Commissione preposta si esprime negativamente sui primi due. Pertanto viene accolta la proposta Versari. E’ da questo momento che nasce una polemica contrapposizione fra l’Amministrazione e Camillo Versari. Questo morirà nel 1880, ma il contenzioso andrà ben oltre. Per la donazione della statua, Versari (vedi il suo testamento) pone delle condizioni, che prevedono:
– La statua deve essere collocata in mezzo all’Oratorio del Palazzo degli Studi trasformato in Pantheon dei forlivesi illustri e abbellito da un dipinto raffigurante l’apoteosi delle Scienze con l’aggiunta di nicchie alle pareti con busti di altri grandi forlivesi.
– All’ingresso si dovrebbe collocare un bel cancello o in bronzo o in ferro con riferimenti simbolici alle scienze alle lettere e alle arti affinché i giovani studenti vi si possano ispirare.
Questo progetto di collocazione, però, non piace né alla Commissione, né alla Municipalità. La Commissione tenta di far collocare la statua nel cortile del Palazzo degli Studi, anche se questa soluzione non ha il consenso generale. Nella seduta del Consiglio comunale del 29 aprile 1870 si tenta di convincere Versari di collocare la statua nella piazza, già campo S.Pellegrino, antistante il Palazzo degli Studi.
Nella seduta, (a porte chiuse) del 9 maggio 1870, il dono è accettato e in segno di riconoscenza viene avanzata la proposta di collocare un busto (di Versari) fra i benemeriti della patria. Alla fine di maggio sempre del 1870, l’Assessore delegato A. Mazzoni dispiaciuto del rifiuto di Versari in merito al collocamento nella piazza, accetta di sistemarla nel primo grande cortile del Palazzo e nel frattempo respinge l’idea di costruire il tempietto desiderato da Versari. Tutto questo: proposte, richieste, rifiuti nasce da una domanda che rimarrà per tanto, tanto, tempo senza risposta. Dove collocare il monumento?
Se pensiamo che dalla data incisa sul monumento da Salvino Salvini 1873, la collocazione finale viene decisa solo nel 1931, quindi dopo ben 58 anni dalla donazione, si comprende perché questo fatto increscioso abbia dato adito a mille polemiche, provocando anche interventi ironicamente incisivi, come quello di Antonio Beltramelli, con il titolo “La statua prigioniera” presente nel suo libro << Gregge senza pastore >> del 1913. Eccone uno stralcio:….il povero grand’uomo onorato si trovò in possesso di un monumento ma si vide rifiutare il diritto d’asilo… costava de’ bei soldi e abbandonato a sé stesso c’era da ritrovarselo acefalo o giù di lì. Gli abitanti della città dai lunghi campanili vituperavano le statue … e così… elessero il domicilio nel cortile del palazzo (ch’era il cortile di un convento) lontano dagli sguardi indiscreti della folla e dai suoi appetiti distruttori, poi non contenti ancora , la cinsero di una cancellata, il cortile fu chiuso e non si aprì mai più. Queste le altre proposte di collocazione:
– nel piazzale davanti all’Ospedale Morgagni,
– nel Pantheon del Cimitero Monumentale,
– in Piazza Ordelaffi,
– nel più volte ricordato e rifiutato tempietto, sempre desiderato e richiesto da Versari, dentro il Palazzo degli Studi.
Davanti allo stesso Palazzo avrebbe dovuto trovar posto un busto (mai fatto) di Giovanni Pascoli, in occasione di una sua ricorrenza. La statua, scolpita a Bologna, arriva a Forlì il 16 ottobre 1873 e viene introdotta nel palazzo degli studi, come annunciato in un telegramma dell’Ass. Mazzoni al Prof. Versari:
<<Ore 6 pomeridiane entra suo palazzo, sacro magnanimo dono>>. La statua è collocata nel cortile del palazzo sopra un basamento di marmo, eseguito a Massa dallo scultore forlivese Apollodoro Santarelli su disegno dell’Ing. comunale Gustavo Guerrini. Nella parte anteriore la scritta “MORGAGNI” e in quella posteriore : “Questa statua opera del Cav. Salvino Salvini fu donata al patrio Municipio dal Comm. Prof. Camillo Versari e qui posta ad esempio della gioventù studiosa”. Questa iscrizione verrà modificata nel 1931 e successivamente nel 1960.
Intanto, nella sessione straordinaria del Consiglio municipale del 12 luglio 1873, è trattata la “Proposta della Giunta per l’apposizione di una lapide sulla casa ove nacque GioB Morgagni”. Dopo essere riusciti a localizzare la casa si propone di apporvi una lapide. Da varie prove acquisite si dimostra che si tratta di una casa in via Galeppini. [ Giuseppe Maria Galeppini, pittore della scuola forlivese scuola forlivese ( 1625-1650) pare ucciso a Bologna per invidia.] La via è in pieno centro storico. Oggi è Via Melchiorre Missirini La casa è sempre apparsa disastrata. Oggi è stata demolita. Della lapide nessuna notizia, se non questa vecchia foto. A fine riedificazione riapparirà? Torniamo un attimo alla descrizione della famosa statua. Il monumento eseguito da Salvino Salvini rappresenta lo scienziato in piedi con una lunga e ampia toga dottorale che nella parte posteriore si prolunga con un lungo strascico arrotolato sul piano e un’imponente e fluente parrucca che scende sulle spalle. Regge con la mano sinistra un teschio e con le dita della mano destra uno specillo, non un bisturi, come abitualmente viene definito. Oggetto che purtroppo è andato perduto. La figura nel suo insieme è solenne e maestosa, il profilo deciso, la fronte solcata da rughe parallele. L’ermellino indica l’alto lignaggio della persona, perché rappresenta purezza e rigore morale. Era allora riservata agli aristocratici e ai Rettori delle Università.
Su un panchetto a sinistra due volumi che si riferiscono alle sue due opere principali : Adversaria anatomica omnia e de Sedibus et causis morborum per anatomen indagatis, in più due fogli pergamenacei al di sotto dei quali è scritto : Salvini fece / Bologna 1873. L’inaugurazione, più volte rimandata, avviene il 27 maggio 1875. Versari non si presenta (chissà perché?) e viene a Forlì solo il 29 maggio. Si arriva così all’11 dicembre 1924. Seduta consiliare presieduta dal sindaco Panciatichi, avente come oggetto: Spostamento del Monumento a G.B.Morgagni. Si pensa di toglierlo dal cortile del Palazzo per collocarlo in luogo più degno e più esposto all’ammirazione del pubblico.
La preoccupazione della Giunta in merito a questo spostamento è il ricordo dell’atto vandalico subito dalla statua di Evangelista Torricelli in Faenza e già in precedenza la distruzione delle quattro stagioni poste sopra i pilastri del giardino pubblico «… c’eran le quattro stagioni all’ingresso dei giardini e non ci sono più, o meglio sono rimaste le quattro devastazioni…» ( A.Beltramelli, vedi sopra). Comunque, così come la piazza grande è consacrata alla memoria di A. Saffi, così dovrebbe ornarsi della statua di Morgagni la piazza del nuovo Ospedale Civile a lui titolato. «La statua del grande scienziato venga posta davanti al luogo dove la scienza con cui egli giganteggiò è inesauribile dispensiera di salute e conforto…». Così come per Saffi, l’idea prima è del tenore Angelo Masini.
Non tutto però procede in senso positivo. Infatti in opposizione a questa proposta nascono problemi di ordine topografico e di viabilità. Non solo, viene anche rilevato che la facciata dell’ospedale non rappresenta un fondale appropriato alla sagoma seicentesca della figura. In più la frequentazione dell’ospedale è formata da persone che si presuppone non siano nelle condizioni di ammirare l’opera. Così prende campo l’ipotesi di collocare il monumento nella Piazza del Duomo o meglio Ordelaffi, luogo di giusta ampiezza, in un quieto ambiente e per l’appropriata dimensione architettonica dell’insieme. Tale proposta trova ampi consensi.
Un altro aspetto riguarda le condizioni in cui si trova il monumento. Vi sono, dopo tanti anni di esposizione all’aperto, evidenti segni di erosione. Non solo, viene sottolineata la disomogeneità tra il basamento e l’opera. E così si pensa all’accorciamento del plinto posteriore e la conseguente riduzione dello strascico della toga, idea, per fortuna, immediatamente abbandonata. Per tutto questo vengono effettuate diverse votazioni l’ultima delle quali boccia l’idea di Piazza Ordelaffi. Così si torna a riconsiderare il Piazzale davanti all’Ospedale, ma viste le obiezioni più sopra elencate prende sempre più piede la scelta della piazza davanti al Palazzo degli Studi.
Nella seduta del 5-5-1926 viene approvata la convenzione con il pittore Roberto De Cupis per i lavori di traslazione del monumento, sistemazione del piazzale, smontaggio dei vari pezzi del monumento, loro pulitura e ricollocazione. Tutto questo in un clima diffuso di celebrazioni promosse dal Regime Fascista. Inizia dal marzo del ‘25 una fitta corrispondenza fra le Autorità. Nettamente contrario Luigi Corsini Soprintendente della Regione, al contrario, la Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti autorizza il Comune ad agire. Così si arriva al 25 novembre 1927 e si decide finalmente che il luogo di traslazione non è più il piazzale dell’Ospedale, bensì Piazza Morgagni.
Dovremo però aspettare il 24 maggio 1931 per vedere la statua dov’è oggi. A questa cerimonia, è inutile dirlo, grandiosa, è assente (per l’evidente disaccordo) il Sopraintendente Corsini. Piazza Saffi ha un aspetto solenne con bandiere e drappi. Non solo sul Municipio, ma anche sugli altri edifici pubblici. Ceste di fiori sui pennoni dell’illuminazione pubblica, il tricolore sulla Torre Civica. Anche i forlivesi partecipano alla manifestazione addobbando le proprie case come richiesto dall’Amministrazione. Il corteo si avvia verso il Teatro Comunale, dove alle ore 10 è prevista la celebrazione ufficiale. Sul palco un’erma di Morgagni, al centro i gonfaloni delle Università di Bologna e Padova, quelli del Comune di Bologna e di Forlì e con i Podestà che indossano la fascia tricolore.
Il corteo si dirige verso Piazza Morgagni dove per le ore 11,30 è prevista l’inaugurazione del monumento. Dopo tre squilli di tromba viene scoperta la statua e imposto il silenzio alla folla con altri tre squilli, l’Abate di S.Mercuriale, in rappresentanza del Vescovo, la benedice. Il corteo si scioglie e le autorità si recano al Palazzo sede della Biblioteca, Pinacoteca e Musei, per inaugurare la mostra morgagnana curata dal Prof. Pergoli, Direttore della Biblioteca. In questa mostra sono esposti manoscritti, opere a stampa, medaglie e cimeli, busti e ritratti. E’ presente anche un modello del teatro anatomico patavino e la cattedra di Morgagni conservata nell’Università di Padova. Nel pomeriggio la mostra è aperta al pubblico.
Chiudiamo qui la vicenda anche troppo articolata della collocazione del monumento e torniamo a Camillo Versari. Nel 1843 è delegato dall’Amministrazione forlivese per le trattative relative al lascito alla città di Forlì, dei beni artistico-letterari di Melchiorre Missirini (1773-1849), segretario di Antonio Canova. Nel 1848 viene eletto deputato all’Assemblea Costituente a Roma per il Collegio di Imola. Nel 1854, come abbiamo già detto, si trasferisce a Bologna e insegna Patologia Generale nella Facoltà di Medicina fino al 1878. Nel 1861 diventa Maestro Venerabile della loggia massonica Severa poi della Galvani. Nel 1862 è Presidente del Consiglio provinciale di Sanità di Bologna. Diventa socio di diversi sodalizi italiani ed esteri, ad esempio l’Istituto dell’Accademia delle Scienze, le Società medico chirurgiche di Livorno e Ferrara, l’Accademia dei Quiriti di Roma, l’Accademia dei Georgofili di Firenze, la Società Reale di Medicina a Marsiglia e le Società spagnole di anatomia e ginecologia.
La sua produzione scientifica è come facile immaginare molto copiosa e si compone prevalentemente di saggi pubblicati fra il 1825 e il 1880 editi anche a Forlì. A questo proposito sono da ricordare i suoi scritti raccolti in due letture fatte nel 1868 alla Società Medico-Chirurgica di Bologna. In più sei discorsi consacrati alla vita, opere all’elogio, alle onoranze, alla sapienza filologica, filosofica e medica di Giambattista Morgagni, letti ed offerti sempre alla illustre società Medico-Chirurgica di Bologna nel 1872.
Il 26 aprile 1880, Versari muore, lasciando la sua biblioteca di ben 2.500 volumi e 2.300 opuscoli alla Società Medica Chirurgica, confluita successivamente, nella biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna. Il giorno 28 il feretro viene trasportato al Cimitero della Certosa, fra gli intervenuti per la città di Forlì, Aurelio Saffi. A Forlì nulla (così si esprime Oliverotto Fabretti) ricorda l’insigne patologo, il generoso donatore del monumento, non un marmo sulla casa dove è nato (già palazzo Theodoli, oggi albergo Masini), o dove ha abitato per tanti anni, solo in tempi recenti gli è stata dedicata una Via. Un’erma di Versari si trova in una delle sale della Biblioteca. Il basamento in legno reca la scritta che ricorda lui e la sua donazione.
Agostino Bernucci
Errata corrige per l’articolo dedicato a Camillo Versari.
Nel mio ultimo lavoro su Camillo Versari ho commesso per eccessivo pessimismo… un errore. Infatti ho scritto:
“Nel 1865, per interessamento del Comm. Temistocle Panciatichi, che la abitava, è collocato in una nicchia posta all’esterno della casa, sopra la porta d’ingresso, un busto in marmo con l’iscrizione «Casa ed effigie di Girolamo Versari, medico spertissimo».
Il proprietario successivo di casa Versari, Giuseppe Mingaia, nel 1914, in occasione di radicali modificazioni apportate all’edificio, per far posto ad un terrazzo, rimuove il busto e lo colloca all’interno nel corridoio d’ingresso di fronte alla nuova scala. All’iscrizione furono tolte le due prime parole. La casa, il terrazzo esistono ancora, ma il busto? Scomparso. Comprato e venduto da chissà quanti antiquari”.
Ecco quest’ultima affermazione non è vera. Questa mattina ho avuto inaspettatamente l’opportunità, che mi era mancata, di entrare nell’ingresso della casa ed ho visto e fotografato il busto. Si trova nella parte destra dell’ingresso ed è rivolto verso le scale che portano ai piani superiori. Inoltre ho anche scritto (vedi O. Fabretti: Camillo Versari e la sua famiglia – primo contributo-), che all’iscrizione furono tolte le due prime parole, anche questo non è esatto: l’iscrizione è com’era in origine. Lo si può vedere dalla foto di oggi.
Mi scuso per l’errore che spero mi sia perdonato.
2 commenti
Agostino Bernucci le tue ricerche sono dettagliate e molto interessanti.giorgio bertozzi
Ancora una volta ci hai fatto rivivere il passato della nostra città, te ne sono grata