«L’alluvione di maggio pare non aver insegnato nulla a chi amministra questa regione. E mentre i Comuni restano in imbarazzante silenzio, quel poco di natura che ancora resiste in una delle pianure più antropizzate del mondo, viene sacrificata sull’altare della peggiore demagogia. Una parte dei cittadini pensa davvero che l’esondazione sia stata determinata dagli alberi che crescono lungo i fiumi o dagli istrici, nutrie e talpe. Possiamo capire che le tante persone ferite da un evento gravissimo abbiano gli animi esacerbati e cerchino soluzioni semplici e immediate. Chi ci amministra sa benissimo che il problema è altrove. I fiumi, ecosistemi complessi e mutevoli, sono stati costretti in ambiti troppo angusti. Si è costruito selvaggiamente in aree che erano delle naturali casse di espansione. E inoltre non si è mai dato vita a un piano di prevenzione che potesse insegnare a tutti come comportarsi in caso di alluvione» si legge in una nota del Wwf Forlì-Cesena.
«Se aggiungiamo – continua – che l’evento è stato eccezionale, che gli argini hanno sostanzialmente tenuto, ma sono stati sormontati per metri dall’onda di piena, capiamo che la realtà si presenta assai più articolata di ciò che vorrebbero farci credere. Qualche timido segnale sta arrivando. Il sindaco di Forlì afferma che si è costruito troppo e male, ma ovviamente si riferisce al passato. Non ammette che la sua amministrazione sta cementificando la città come mai si era visto in questi anni. Tornando agli alberi sono fondamentali per trattenere il terreno, rallentare le piene, oltre a svolgere funzioni di mitigazione ambientale di primaria importanza. Senza dimenticare che se la distruzione è avvenuta perfino in una zona protetta, di interesse comunitario “Meandri del fiume Ronco”, nota per la sua ricca biodiversità, si fa presto a immaginare quale strage degli innocenti si stia perpetrando in tutte le aste fluviali dal mare all’Appennino. Sconcerta dover constatare che, nonostante i fiumi di parole e le lacrime di coccodrillo versati dopo la tragedia della scorsa primavera, la Regione non abbia tratto le necessarie conseguenze. Invece di accelerare – come ci si sarebbe aspettato – l’applicazione di norme pianificatorie più stringenti sull’uso del suolo, continua a creare le condizioni per le alluvioni prossime venture».
«Il clima non sta cambiando: è già cambiato! Dopo l’alluvione abbiamo avuto 5 mesi di siccità feroce con temperature record. Tavolo delle Associazioni Ambientaliste, Parents for Future e Associazione “I Meandri” ritengono che anche la finta contrapposizione fra ambientalisti e amministratori appartenga a un modo di fare politica ormai logoro. Fa comodo dire che la colpa è degli ambientalisti contrari a tutto ciò che si propone. La nascita di un Osservatorio del Paesaggio Ronco–Bidente ne rappresenta un po’ la sintesi. Ecco che con la scusa dell’emergenza, gli autentici portatori d’interesse sono stati completamente esclusi e gli stakeholders sono diventati all’improvviso le ditte che tagliano, estirpano, distruggono interi ecosistemi, trasformando una vita ricchissima, tra l’altro ancora in periodo di nidificazione, in cippato da bruciare in qualche centrale a biomassa. Se il profitto è legato al legno tagliato, e nessuno controlla le ditte che eseguono i lavori. Il risultato sarà l’annientamento degli alberi di maggiori dimensioni. Resteranno alberelli e soprattutto Robinia, nota specie esotica a rapida crescita che rischia di impoverire e banalizzare tutto l’ecosistema» insiste il Wwf Forlì-Cesena.
«Esiste un progetto specifico? Un contratto dettagliato con chi taglia gli alberi? C’è un controllo fattivo sullo svolgimento dei lavori? I Comuni sono stati informati o interpellati su ciò che sarebbe accaduto? Per quale motivo sono stati approvati lavori d’urgenza lungo una zona in cui non vi erano stati danni alla popolazione, in mancanza ancora di un piano sulla sicurezza idraulica dei fiumi? Esistono ancora le condizioni per definire “I Meandri del fiume Ronco” una zona di protezione speciale, visto che gli habitat sono stati quasi completamente annientati (tagliati migliaia di alberi)? Chiederemo una compensazione con piantumazione di specie idonee, quali farnie e carpini, per i danni commessi. Sollecitiamo, infine, che si dia sviluppo alle vere soluzioni che sono essenzialmente riassumibili in questo modo. Delocalizzazione di case sparse troppo vicino al fiume, anche grazie a fondi impiegati per la ricostruzione. Messa in sicurezza di quartieri ad alto rischio con opere idrauliche anche di semplice realizzazione. Abbiamo visto che per impedire l’allagamento di vaste zone sarebbero bastati piccoli argini o muretti. E soprattutto la realizzazione a monte della via Emilia di ampie aree di esondazione controllata (casse di espansione) al cui interno possano svilupparsi boschi alluvionali. Al fine di realizzare quella sinergia imprescindibile e vincente fra sicurezza idraulica e biodiversità» conclude il Wwf.