Il matrimonio Ricci – Casali
Riprendo l’introduzione usata nella prima puntata a proposito del matrimonio Sauli -Visconti. In quest’occasione abbiamo un matrimonio che non possiamo sapere come nasce, ma esiste, e sappiamo benissimo come finisce. Male. Ripeto l’apertura del primo articolo, perché l’argomento è identico. Oggi le donne sono all’ordine del giorno per le continue violenze che subiscono. Mariti malati di gelosia, amanti che non amano, compagni violenti. Ogni giorno abbiamo queste tristi notizie che affollano la cronaca. Il titolo che ho scelto è forse esasperato nella sua incisività. Ma perché non dirlo? Molte hanno scelto fra tutti gli uomini disponibili quello sbagliato. Molto sbagliato.
Ma non è realtà solo oggi. Anche nel passato sono successi fatti simili. Ma rapporti difficili, molto difficili fra un uomo e una donna sono presenti anche nel passato più o meno lontano. In questa nostra seconda occasione non possiamo parlare di nobili come nella prima puntata. Sono una coppia del popolo, ma da quanto leggiamo dalle loro lettere vivono un’esperienza amara e molto difficile e con una lotta senza quartiere. Torniamo indietro nel tempo di duecento anni e il fatto di cui vogliamo parlare è oggi chiaramente dimenticato e forse anche allora sarà apparso insignificante.
Siamo a Ravenna nell’ottobre 1802 durante il Governo della appena nata Repubblica Italiana dopo l’esperienza della Cisalpina. Napoleone è ancora generale e solo nel 1805 diventerà Re d’Italia. Il racconto che farò sarà la lettura di queste due lettere una della moglie Marianna o Mariangela o Mariangiola Casali, senza data, l’altra del marito Francesco Ricci datata 28 ottobre 1802. La lettera della moglie da quanto si intuisce precede senz’altro quella del marito. I due personaggi scrivono le loro lettere dove esprimono senza timore o remore o pudore quello che provano.
La lettera del marito Francesco Ricci viene addirittura indirizzata “Al Cittadino Bartolomeo Masi Prefetto del Dipartimento del Rubicone”. E’ di una pagina e appare quasi come se fosse una carta intestata. Infatti in testa abbiamo Repubblica Italiana, sotto, Ravenna li 28 ottobre 1802, poi Francesco Ricci. Così scrive: “Torno di bel nuovo a ricorrere a voi Cittadino Prefetto (quindi non è la sua prima lettera), dimandandovi giustizia per la fuggitiva mia moglie (è quindi la moglie che se ne è andata), che trovasi ancora tranquilla in Forlì appresso al suo amico Ufficiale. (Ecco che appare il terzo!) Oltre la passione che continuamente mi divora (ecco lo stato d’animo che travolge quest’uomo), e continua ancora, aver veduto che per quanti passi s’abbia potuto fare non è stato possibile ridurre una sì scaltra donna ….che ha avuto il coraggio di scrivermi una lettera …con sì belli termini come rileverete dalla qui inclusa copia. Solo dunque ricorro a voi quando non abbi d’aver giustizia che il solo ordinare alla detta mia moglie che se ne vada da Forlì; al contrario le mie forze non sono bastanti a resistere, che la sua vicinanza potrebbe essere la mia e sua rovina. Sapiate ancora che lei tiene molti protettori in Forlì fra i quali v’è dei militari Francesi, (in quegli anni l’Armeé d’Italie presente era molto forte. In Forlì i militari acquartierati in tutti i conventi e chiese requisiti ammontavano a diverse migliaia. Solo in S.Francesco Grande 350 cavalieri con i cavalli e alla Missione 2000 fanti), ma al presente non comanda più il militare e voi se volete non vi manca la maniera di fare quella giustizia che la legge comanda.
Molti m’avevano consigliato a scrivere al Vicepresidente a Milano ma senza far questo spero che voi Probo cittadino non mancherete d’addoprarvi su di ciò. Ed augurandovi Salute e Rispetto. (saluto di prassi, assieme a salute e fratellanza, durante il periodo napoleonico attraverso le varie repubbliche Cispadana, Cisalpina, Italiana) .
Francesco Ricci
PS Credetemi ch’è a Forlì, ma occulta.
Leggendo queste parole, Francesco Ricci ci appare come un uomo non solo divorato dalla passione, come dice lui, ma vicino alla disperazione. Come è possibile che si sia illuso (che pia illusione!) che l’Autorità Politica, (addirittura avrebbe voluto scrivere al Vicepresidente a Milano!), potesse ricostruire l’armonia del suo matrimonio? Un’ingenuità che ci lascia molto perplessi. Io in prima lettura ho pensato che il Prefetto avesse cestinato questo scritto. Mi sbagliavo! Sfogliando gli altri documenti in mio possesso sono costretto a ricredermi. Infatti immediatamente Masi incarica il Delegato di Polizia Trivulzi a disporre una sorveglianza per vedere se è in Forlì la moglie del Ricci. Viene incaricato delle indagini il Vegliante (poliziotto) Antonio Ferralli che così verbalizza il 24 ottobre “ Per ordine vostro non ho mancato ….per scoprire se in questa Comune c’era la cittadina M.A.Ricci nativa romana….la notte antecedente in cui partiva la truppa fu mandata via dall’Ufficiale Francese noto suo amico a cavallo d’un giumento da lui comprato per tal causa…e prese camino accompagnata da un soldato francese per la via di Bologna.”
Come avete letto si è creata una situazione a dir poco strana e imbarazzante. La Polizia che è impegnata a ritrovare una moglie che ha abbandonato il marito! Ma direi che a questo punto è opportuno sentire o meglio leggere quanto scrive lei, la diretta interessata Marianna o Mariangiola Casali. Ecco la sua lettera: “La Cittadina Mariangiola Casali al Cittadino Francesco Ricci (subito abbiamo una precisazione riguardo l’età, cosa che non abbiamo potuto fare con il marito).
“In vent’anni che sono al mondo non ho più veduto un uomo più importuno e più imprudente di voi. (Cominciamo male, molto male. Sono quindi due giovani se lei, come dice ha vent’anni , lui ne avrà senz’altro qualcuno in più, ma non tanti.) Io non capisco quale sia il vostro fondamento e non siete ancora persuaso ch’io non vi conosco più per un cazzo. ( Ecco un linguaggio direi molto simile a quello di oggi, chiaro, incisivo ed anche se vogliamo violento. A distanza di più di 2 secoli, loro usavano gli stessi termini osceni (!) insomma, parlavano come noi!).
Ormai è il tempo che vi dimentichiate della mia persona, e vi giuro per quanto ho di più sacro in terra e di più venerabile in Cielo che a costo di terminare i miei giorni in una prigione non sarà mai possibile che m’unisca a voi, se manco al giuramento sfido Iddio a mandarmi sopra di me i più severi castighi e vi dico che tutti i passi che voi fate sono buttati, mentre son libera e non vi è persona alcuna che possa obbligarmi a unirmi con un scelerato simile a voi e vi torno a ripetere che son ferma nel mio sentimento mentre tutti i giorni mi cresce dell’odio contro di voi e accertatevi pure che piutosto piglierei grato d’unirmi col diavolo e non mai con voi. (Parole molto forti che delineano senza ombra di dubbio un astio, un odio profondo nei confronti del marito.)
Io già parto da Forlì in questo momento e v’invito che mi faciate la rinuncia, mentre ho trovato d’andare per cameriera. Ma se non son libera di me stessa, non vogliono accettarmi, pertanto vi dico che vissolviate a far questo divorzio mentre tutte le vostre speranze sono inutili e vi prometto ch’io vado a servire fuori di Forlì; al contrario se voi siete ostinato vi acerto che partirò sul momento e nessuno avrà più nova della mia persona mentre ho dei denari abbastanza di andare dove ho destinato. Ma non sarò mai contenta fintanto chè non avrò fatto le vendette sopra di voi e questo succederà in breve se non mi mandate la detta rinuncia e se vi faccio tal dimanda, credo di farvela con tutte le ragioni, e sapiate che tutte le palle non riescono tonde mentre è venuto il tempo di farvi pentire, ma non siete più in tempo, mentre siete divenuto l’odio degli occhi miei, e accertatevi che non sarò mai contenta fintanto che non vi ho veduto trasferito in polvere, (Addirittura gli augura la morte!) che sarebbe la mia consolazione e per farvi vedere che sono di sentimento fermo vi spedisco l’inclusa rinuncia dove spero mi mandrete la vostra fatta per mano di Superiori (?) questa la dovere indirizzare per Posta diretta a Marianna Vitali in Forlì mia amica, dove la medesima si prenderà l’assunto di mandarla al paese dove io sono. Abbadate di non mancare al contrario vi pentirete resto con dichiararmi
Vostra Nemica fino alla Morte Marianna Casali
Una chiusura con un’affermazione che più forte, più chiara e violenta non poteva essere scritta.
Da questa lettera di Mariangiola (nell’intestazione) o Marianna (nella firma) Casali appare a chiare lettere una personalità forte e decisa, un carattere pronto ad affermare le proprie convinzioni e i propri sentimenti che sono decisamente negativi e portati avanti con forza e con un linguaggio popolare che risulta tanto incisivo quanto estremamente chiaro. Molto chiaro! Cazzo! non tutte le palle riescono tonde! rinuncia (ripetuta per ben tre volte), ed appare per la prima volta la parola divorzio! Chiaramente il matrimonio doveva essere stato civile e non religioso, perché solo con la legislazione francese, allora vigente, era permesso. Se era religioso non poteva esserci che la Separatio Thori (vi ricordate Sauli-Visconti?).
La cittadina Casali vuole la sua libertà: per frequentare l’ufficiale francese, come dice lui, e come chiaramente pare, o andare a servizio chissà dove, come dice lei? Noi non conosciamo il finale di questa amara vicenda, ma certamente viste le forti convinzioni di Marianna, tutto sarà rimasto così. Lui a Ravenna a compiangersi, lei chissà dove. E’ sufficiente per capire il tutto la chiusura della lettera : vostra nemica fino alla morte. Cosa volete di più?
PS. gli errori che sono presenti sono di Marianna (Mariangiola) Casali. Abbiamo già detto che questi personaggi non sono né nobili, né acculturati. Però rimango stupito nel leggere due lettere scritte (nel 1802) in modo sostanzialmente corretto e soprattutto molto chiaro. I due a differenza della maggioranza dei popolani non sono degli illetterati (come venivano definiti allora gli analfabeti). Spero che tutto questo sia terminato con queste lettere piene di astio e rancore senza successivi episodi di violenza. Non ci è dato saperlo.
Come potete vedere anche senza telefonini o smartphone o social ci si poteva odiare in modo talmente forte da, addirittura, desiderare la morte dell’altro. Ahimè!
PS. Fra i miei documenti relativi ai verbali di polizia del 1802 ho tanti esempi di matrimoni disperati per violenza, tentativi di omicidio e quant’altro di ignobile. Questo che ho presentato è quello più “leggero”, ma più accettabile perché offerto dalle parole di due primi attori e non solo dai verbali di Polizia.
Agostino Bernucci