Il 26 agosto 1710 nasce a Forlì Ferrante Orselli, dal Conte Giovanni Orselli, uomo di legge, e dalla Contessa Teresa Folfi. Muore il 30 novembre 1766. Ottima educazione. Il suo ideale che diventa il suo impegno per tutta la vita sarà quello di dedicarsi ad azioni improntate alla pietà cristiana e al bene dell’anima in favore dei fanciulli abbandonati. È proprio di loro che vogliamo parlare. Rappresentavano una vera piaga sociale. Bambini o ragazzi abbandonati a sé stessi quando non avevano la fortuna di incontrare persone come Ferrante Orselli o Istituzioni in grado di assisterli.
Di questi ce n’erano tanti. Mi verrebbe da dire troppi! Ci chiediamo come potesse esserci in una città come Forlì, da sempre, una presenza così massiccia di bambini abbandonati. Forlì il 16 gennaio 1835 contava una popolazione di 15.000 persone in città, e 17.000 nella campagna e circondario, in totale erano quindi 33.000. Piccoli numeri se vogliamo e se andiamo indietro nel tempo diminuiscono ancora di più. Eppure nonostante questo una folla di, chiamateli come volete, ma sono sempre loro, projetti, esposti, trovatelli, è sempre presente.
Tanto per fare un esempio in un tempo relativamente recente e cioè nel 1855, nei mesi di ottobre, novembre e dicembre nascono 24 bambini figli di ignoti. Se facciamo il conto dell’anno ne risultano ben 96. Chiaramente non tutti avranno avuto la fortuna di vivere, ma unendo tutti i coetanei di anni diversi otteniamo come risultato delle centinaia di ragazzi.
Ma come vivevano quando erano proprio soli e non affidati a qualcuno? La polizia del Regno d’Italia, il 22 agosto 1802 così verbalizza:
“…sotto alla loggia vicino alla Gran Guardia notturnamente a dormire una quantità di birichini vagabondi, che dormono sulla nuda terra mezzi nudi (siamo in agosto!) che mette vergogna nel vederli per chi passa… sono poi quei ladroncelli che rubano nelle sacche e vanno negli orti a rubare le frutta non volendosi in verun modo prestarsi al lavoro… Chiamate il Sergente della Guardia Nazionale avrete prove sicure. Salute e rispetto”.
Vogliamo anche leggere la descrizione dell’entrata nella vita sociale di uno di questi? Il 12 luglio 1806 l’Ufficiale di Stato Civile (Napoleonico) Giuseppe Palmeggiani, scrive, anzi registra: “Dipartimento del Rubicone, Cantone e Comune di Forlì = li dodici luglio milleottocentosei alle ore sei e un quarto pomeridiane si è presentata… Francesca Mazza Raccoglitrice degli esposti in questo pubblico Spedale de’ Projetti d’anni quarantadue ed ha esibito un infante di sesso feminile apparentemente dell’età di giorni due. La suddetta Francesca Mazza ha esposto che chiamata alle ore undici e tre quarti pomeridiane del giorno di ieri col solito suono del campanello della Ruota, ha ritrovato nella medesima il nominato infante avvolto in un Panno Lino bianco con fascia consimile avente al collo legata ad una fettuccia di seta celeste una mezza medaglia d’ottone rappresentante da un lato Giuseppe e lo Spirito Santo e dall’altro la Testa d’un Sudario = Si è imposto all’infante neonata il nome di Luigia e si è rimessa allo stesso Spedale de’ Projetti. La Notificante e presentante ha notificato di essere illetterata”.
Ecco la famosa ruota operante con il suo triste campanello, fa parte della leggende metropolitane forlivesi. Tutti ne hanno sentito parlare senza mai averla vista o senza mai aver letto qualcosa a proposito. Questa la registrazione come veniva effettuata durante il periodo napoleonico, in precedenza e poi anche successivamente con l’abolizione dello Stato Civile, tutto ritorna nelle mani della Chiesa anzi dei vari Parroci. Ma quando succede tutto questo? “Li diecinove luglio milleottocentoquindici. In vista dell’articolo ventidue del Decreto di Sua Eminenza Il Signor Ercole di Sant’Agata alla Suburra Diacono Cardinale Consalvi della Santità di Nostro Signore Papa Pio Settimo Segretario di Stato in data di Roma delli cinque Luglio corrente, con cui resta abbolito il Codice Civile col giorno d’oggi, e per conseguenza si dichiara chiuso il presente Registro. Il Savio Ufficiale dello Stato Civile“.
E così come abbiamo detto da quel momento, sono i parrroci che registrano. Fino al 1866 quando dopo il Regno d’Italia rinasce l’anagrafe che conosciamo e quindi lo Stato Civile.
Ci chiediamo anche come cominciava la vita di questi bambini? Chi si occupava di loro?
Quali erano le Istituzioni che si interessavano di costoro? La più antica in assoluto era la Misericordia che nata nel 1500 continuerà ad esistere fino al 1800. Non vogliamo dimenticare anche le Confraternite che andavano sotto il nome di Battuti. Ce n’erano ben sei e si distinguevano per il colore che avevano scelto come simbolo: Verdi (infermi), Celestini (zitelle e istruzione ai fanciulli), Neri (Morti), Bigi (pellegrini e donne povere), Bianchi (orfani), Rossi (Ospedali). Le Istituzioni nel 7/800 che proponevano il ricovero erano: Compagnia della carità, Mendicanti, Orfani, Misericordia. Il luogo Pio dei poveri della Misericordia era situato in Piazza Cavour (oggi) vicino a Francesco Regis (via Pisacane oggi). Infatti, l’Istituto occupava tutta Via De Amicis (oggi), ieri Via Misericordia e sulla piazza Cavour nel palazzo ancora oggi esistente e distinguibile per la facciata con mattoni a vista, c’erano le botteghe di artigiani che insegnavano i mestieri, proprietà della Congregazione dei Pij Istituti Ecclesiastici (allora).
L’occupazione francese produsse la statalizzazione della beneficenza vista come un dovere della società e non come una prerogativa di privati o della Chiesa. Nel 1807 venne istituita la Congregazione di Carità. In tutti i capoluoghi dei vari Dipartimenti questa nuova istituzione unificava tutte le precedenti (ospedali, orfanotrofi ecc.). Operò fino al solito momento in cui caduto Napoleone con il ritorno del potere temporale della chiesa, la Congregazione di Carità, come tutte le altre innovazioni napoleoniche, fu soppressa. Da questo momento gli Istituti dediti alla beneficenza furono divisi in due gruppi: i Pii Istituti Comunali e i Pii Istituti Ecclesiastici gestiti dal Vescovo.
Voglio però ritornare al nostro argomento e cioè i bambini senza genitori. Dopo la loro registrazione allo Stato Civile cosa avveniva? La riconsegna al luogo Pio, ma non solo. L’amministrazione qualunque essa fosse cercava di mettere il bimbo a balia. Si cercava quindi una famiglia disponibile ad accettare il bambino. Ce n’erano, o quante ce n’erano! Infatti queste famiglie venivano ricompensate per cui avevano un’entrata supplementare che era un ulteriore aiuto per delle finanze estremamente misere. Succedeva però che per motivi diversi si passava da balia a balia fino al raggiungimento dell’età in cui poteva essere affidato, se era maschio, a S.Francesco Regis o se era femmina al conservatorio S. Anna. Questi erano i compensi nella prima metà dell’800: “… ogni balia avrà il sottonotato assegno, percepibile soltanto dietro esibizione e rilascio della fede in vita del fanciullo dalla quale risulti che sia ben mantenuto e moralmente allevato…..Se poi trattasi di un esposto lattante dovrà risultare che la balia non abbia preso altro bambino. Ogni balia sarà sempre responsabile di qualunque sinistra evenienza e danno personale cui per colpa sua potesse andare soggetto l’esposto. Ecco gli assegni che venivano dati: dalla nascita fino al 3 anno £ 6,40 al mese, dal 4 al 5 anno 4,50 al mese, e aumentando l’età sempre a scalare fino al 14 anno con £ 1,50. Compiuto il 19 anno i maschi avranno a titolo di “Benedizione “£. 40. Le femmine allorché passeranno a marito con l’assenso della Congregazione riceveranno un sussidio totale di 150 lire”.
Avverrà anche che all’interno di queste famiglie fra il bambino e i suoi “genitori” possano nascere dei rapporti tanto stretti e positivi che il bambino verrà affiliato. Così al suo cognome da esposto si aggiungerà quello della sua nuova famiglia. Ci saranno diversi forlivesi con il doppio cognome. Inserirei a titolo di esempio per quanto riguarda l’ospitalità presso gli Istituti che abbiamo ricordato i due fratelli Miller: Giuseppe e Adelaide. La loro nonna Rosa Camprincoli non è in grado di mantenerli ed essendo loro senza famiglia: il padre scomparso e la madre morta, sono diventati orfani. La nonna cerca di sistemare i nipoti presso gli Istituti di beneficenza esistenti in città. Giuseppe, nel 1812 all’età di 7 anni, entra nel Conservatorio di S.Francesco Regis (in via Misericordia) e Adelaide, nel 1815 all’età di 8 anni, in quello di S.Anna detto delle Mendicanti in via delle Mendicanti, oggi Via Francesco Nullo.
Giuseppe il 21 giugno 1819 all’età di 14 anni, esce dall’Istituto, la sorella il 15 ottobre 1826 all’età di 19 anni e diventa cameriera presso la Contessa Anna Bertozzi. Nel 1822 Giuseppe è domestico presso il caffettiere Giovanni Bendandi e abita in casa con i padroni in corso Garibaldi (oggi). Alla sorella tocca la sorte più triste. Infatti a 26 anni, nel 1833, giovane e nubile, muore. Comincia per Giuseppe una vita solitaria senza genitori né parenti in questa città dove di derelitti come lui ce ne sono tanti. Infatti S.Francesco Regis lavora (come la ruota) a pieno ritmo: orfani, trovatelli, ragazzi di strada a Forlì ce ne sono tantissimi.
C’è anche un altro personaggio che subisce una sorte non identica ma, forse peggiore. Non è un trovatello, non è un figlio della ruota è solo un bambino che nasce senza che i suoi genitori siano sposati. Vogliamo ricordare il grande tenore Angelo Masini. Nasce a Forlì il 28 novembre 1844 in Schiavonia, via Paccaglia, dove oggi c’è una lapide che lo ricorda. I suoi genitori come abbiamo detto non sono sposati e neppure conviventi, ma questo conta poco, le regole del tempo non permettevano una situazione del genere e così il bambino viene dato a balia. I suoi genitori Stefano Masini e Maria Zoli si sposano il 5 febbraio 1848, ma solo per la Pasqua del 1851 all’età di sei anni Angelo rientra nella sua vera famiglia. Questo un particolare della sua vita che sarà quella di un personaggio di altissimo livello nell’arte musicale.
Sempre nell’ambito delle curiosità vogliamo ricordare come nella seconda metà dell’800 presso l’Ospedale Civile – Ospizio dei Trovatelli – era presente un Delegato (dello Stato Civile) che ricevendo i bambini “raccolti” imponeva loro un nome ed un cognome. E’ un insieme di nomi di fantasia uno più incredibile dell’altro. Ne volete un esempio? Uno lo abbiamo già visto quando abbiamo scritto su Orlando Zanchini, sì ma dopo, prima Furiosi (23/9/1888). Abbiamo Lupini (4/3/1870), Gamberi (8/3/1870), Cavoli (24/3/1870), Elefanti (14/7/1870), Vitellini (1/8/1870), Delfini ( 29/3/1874), Passerotti (21/5/1874), Cocodrilli (20/5/1884), e chissà quanti altri. Questi rappresentano solo una testimonianza dell’Italia fine Ottocento, anche senza ruota.
P.S. Voglio in quest’occasione tornare a parlare degli (per me) errori della toponomastica o odonomastica che dir si voglia. Abbiamo anche qui come nell’articolo su Ferrante Orselli parlato di Via Misericordia che oggi è Via De Amicis. Mi piacerebbe sapere chi ha avuto l’idea di chiamarla così quando qui, in questo luogo De Amicis non ha mai avuto alcun tipo di rapporto. Invece Ferrante Orselli qui, proprio qui è vissuto (il suo palazzo era in Via delle Torri) e ha operato per tutta la vita e il suo nome è scolpito sul marmo della grande lapide che inizia “Ferranti Ursellio com. patric. Forol.” presente sul frontale di S.Francesco Regis. Io sostengo che questa corta via doveva essere intitolata al suo nome per rendere onore a lui e al suo impegno umanitario. Invece nonostante sia scritto a grandi lettere e sul marmo non solo è stato dimenticato, ma è stato relegato in quel di Bussecchio. Che assurdità!
Agostino Bernucci