«È trascorso ormai più di un anno da quando una piena successiva alla devastante alluvione del maggio 2023, che pure l’aveva risparmiato, ha trascinato e distrutto il ponte sul guado accanto al Parco Urbano di Forlì, che divide ora due strade: via D’Anzani e via Carlo Forlanini. L’impossibilità di attraversare il fiume penalizza moltissimi utenti tra cinofili, runner e bikers che lo percorrevano in direzione Ladino e poi di Castrocaro oppure virando verso il quartiere Romiti, inducendo la regione peraltro a mantenere pulito il tratto a margine di via Carlo Forlanini che attualmente si è trasformato in una oasi selvaggia a ridosso della via Firenze e del quartiere Romiti con le conseguenze pericolosa della vicinanza alla fauna selvatica» è la segnalazione di Raffaele Acri vicecoordinatore del Quartiere Resistenza.
«Fonti vicine al Comune di Forlì – continua – ipotizzano un inizio dei lavori di ripristino entro la prossima primavera, ma le condizioni attuali dell’argine e di quello che resta del ponte crollato rendono questa ipotesi davvero improbabile, non solo per la presenza di un tronco del peso di svariati quintali che appoggia su uno dei piloni, anche a causa di altrettanti quintali di legna che l’acqua continua a trasportare ed accumulare ogni giorno sempre a ridosso del ponte crollato. Quanto detto comporterà il famigerato e temutissimo incrocio di competenze con la regione che dovrebbe appaltare una ditta per liberare non solo le cataste di legna presenti nel letto del fiume, ma anche i quintali di legname accumulati lungo gli argini dello stesso, conseguenti il taglio operato dopo la piena del maggio 2023 e mai rimossi. A tale proposito qualcuno dalla Regione Emilia-Romagna potrebbe rispondere alla domanda che rimbalza da oltre un anno tra i residenti: ma perché le aziende appaltate per tagliare gli alberi lungo il fiume non hanno poi portato via i tronchi invece di lasciarli ammucchiati evitando che le piene del fiume Montone, ma anche Rabbi li trascini e li ammucchi sotto i ponti delle strade e delle ferrovie?» si chiede e conclude Acri.