Collettivo Studentesco per la Palestina: “Unibo ci censura”

manifestazione pro Palestina

«Dopo la censura operata da parte del nostro Ateneo, che ha negato la concessione di un’aula per l’evento del 12 dicembre da noi proposto sul boicottaggio accademico, noi, come CSP (Collettivo Studentesco per la Palestina), abbiamo organizzato e tenuto un presidio davanti all’ingresso dell’università, per poi entrare all’interno delle mura accademiche e riprenderci gli spazi che ci appartengono, occupando un’aula per circa due ore. L’Università dovrebbe essere un luogo di scambio culturale e di ragionamento critico, non un’enclave all’interno della quale hanno libero accesso solo chi Rettore e Burocrazia decidono di far parlare. Il 26 novembre abbiamo inviato una richiesta agli uffici universitari preposti per poter tenere la conferenza in una delle aule dell’Ateneo, in collaborazione con Forlì Città Aperta e UDU Forlì. L’incontro prevedeva come ospiti il docente dell’Università di Bologna Lorenzo Pezzani e la coordinatrice della Campagna Palestinese per il Boicottaggio Accademico e Culturale di Israele (PACBI) Stephanie Westbrook» si legge in una nota.

«Il focus è stato il boicottaggio accademico contro Israele, uno degli strumenti considerati più efficaci a cui ricorrere nel mondo universitario per opporsi al genocidio in Palestina e al colonialismo sionista. È dimostrato dalla testimonianza palestinese e israeliana che le università sioniste non sono luoghi neutri di dibattito e libero confronto democratico, ma, al contrario, costituiscono un fondamentale strumento di propaganda per il governo israeliano attraverso cui perpetrare la deumanizzazione del popolo palestinese. Inoltre, è negli atenei israeliani e grazie alle collaborazioni con le università internazionali che si sviluppano conoscenza e know-how utili al progetto coloniale di Israele e all’oppressione sistematica dei palestinesi. Tutto ciò avviene da decenni ed è ulteriormente aggravato dallo scolasticidio in corso, ovvero dalla distruzione della quasi totalità delle scuole e delle università nella striscia di Gaza» insiste il CSP.

«Sapendo questo, ci chiediamo come sia possibile negare la possibilità di problematizzare le forme di collaborazione con le università israeliane e, più in generale, con aziende del comparto bellico o che portano avanti progetti di ricerca dual use. Inoltre, non accogliere l’appello a boicottare le università israeliane e gli enti, organizzazioni e aziende che supportano direttamente o indirettamente il genocidio rende i nostri atenei complici di quanto sta avvenendo in Palestina. L’evento del 12, che si inserisce all’interno di un ciclo di conferenze universitarie intitolato “Palestina: uno sguardo decoloniale”, è stato rifiutato dall’Ateneo adducendo come motivazione il carattere politico dell’iniziativa, riferendosi a un articolo del regolamento di Ateneo per la concessione degli spazi. Quest’ultimo vieta “eventi o iniziative promosse da forze politiche o partitiche e di carattere politico o confessionale o indirettamente volte a promuovere soggetti di carattere politico, partitico o confessionale”. Non è comprensibile come una di queste categorie possa essere associata ad un evento di approfondimento e confronto sui rapporti tra l’Università di Bologna e le entità sioniste, tra cui le università israeliane. Per questo, alla censura e alla limitazione della nostra libertà di parola e di dissenso dell’Alma Mater Studiorum, decine di persone hanno risposto con determinazione, organizzando ugualmente l’incontro» argomenta il CSP.

«Il giorno seguente, ovvero il 13 dicembre, ci è giunta un’ulteriore risposta deludente dall’Ateneo, il quale ci ha riferito che il problema sarebbe “insito nella partecipazione stessa di un’attivista”. Francamente, questa risposta non soddisfa nessuna delle richieste di delucidazione da noi precedentemente avanzate e non fornisce nemmeno informazioni sufficienti per future richieste di spazi nei quali discutere su tematiche fondamentali. Per concludere, non ci troviamo d’accordo con la banalizzazione per cui invitare un’attivista riconosciuta internazionalmente per l’egregio lavoro svolto in anni di ricerca porti automaticamente “lo spazio universitario” ad essere “deputato a svolgere attività di promozione politica”, come riporta l’ultima e-mail ricevuta dalla dirigente dell’Area Campus di Forlì. Ci auguriamo che la governance accademica si renda conto della gravità della censura che ha compiuto e che l’Università rimanga un luogo aperto al confronto critico, proprio nel momento in cui si organizzano eventi che si discostano dalla narrazione standard promossa da essa» conclude il Collettivo Studentesco per la Palestina.

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