A Forlì nasce il Comitato Referendario Locale “Avvocati per il Sì”

Avvocati per il SI

È stato costituito ufficialmente a Forlì il Comitato Referendario “Avvocati per il Sì”, che coordinerà nel territorio romagnolo – nei Fori di Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini – la campagna per il Sì al referendum costituzionale sulla separazione delle carriere dei magistrati. Il Comitato, promosso da un gruppo di avvocati romagnoli e presieduto dall’avvocato Francesco Minutillo, nasce con l’obiettivo di creare uno spazio di approfondimento giuridico, culturale e civico in vista della consultazione popolare che segnerà una tappa storica per la giustizia italiana. Numerosi professionisti del diritto hanno già aderito, riconoscendo nell’iniziativa un punto di riferimento unitario per l’avvocatura e la società civile che desiderano un sistema giudiziario più equo, trasparente e coerente con i principi costituzionali di imparzialità.

Il Comitato “Avvocati per il Sì” annuncia per i prossimi mesi una serie di attività informative nei Fori di Forlì, Cesena, Ravenna e Rimini. L’obiettivo è portare la riforma fuori dai tribunali e dentro la società, per spiegare ai cittadini il significato profondo di un cambiamento che riguarda tutti. «Il nostro compito – afferma Minutillo – sarà quello di spiegare con linguaggio chiaro ma con rigore giuridico perché questa riforma non divide, ma ricompone. Non serve spaventare la gente con slogan o fantasmi di autoritarismo: serve restituire fiducia nella giustizia, quella vera, che non è dei partiti ma dei cittadini».

E in questo percorso, il Presidente richiama il ruolo storico dell’Avvocatura come presidio civile e sociale: «L’Avvocatura non è soltanto una categoria professionale: è una funzione sociale. Da sempre rappresenta il ponte tra la cittadinanza e la giustizia, la voce di chi non ne ha, il tramite tra il linguaggio del diritto e la vita reale delle persone. Mai come in questa battaglia ciò che è in gioco non è solo una riforma tecnica, ma la riconciliazione tra cittadini e giustizia, tra il Paese reale e le sue istituzioni. Per questo gli avvocati devono esserci, parlare, spiegare, farsi carico di questa missione civile: restituire alla giustizia la sua credibilità e ai cittadini la loro fiducia nello Stato di diritto».

E sulle ragioni che hanno spinto a questa iniziativa Minutillo spiega «Mai, in tanti anni di professione avevo assistito a un magistrato come il Dott. Nicola Gratteri impegnarsi in un comizio politico come avvenuto alla Associazione Nazionale Magistrati della scorsa settimana. Quando si sente il Procuratore della Repubblica di Napoli dire che bisogna “parlare alla gente con i 400 vocaboli che conosce”, e che “bisogna smetterla di fare convegni con Avvocati e Professori universitari” credo sia chiaro a tutti che qualcosa si è spezzato nel rapporto fra giustizia e democrazia. La toga non è un pulpito e il magistrato non è un tribuno. La giustizia non deve educare i cittadini: deve giudicarli con imparzialità e soprattutto con silenzio. È per questo che nasce il Comitato Avvocati per il Sì: per difendere l’idea di una giustizia che non predica, ma amministra; che non guida, ma garantisce».

Il Presidente, venendo al merito del referendum, sottolinea: «La riforma della separazione delle carriere non è una bandiera politica ma un’esigenza di civiltà giuridica. Significa sancire, una volta per tutte, che chi accusa non può essere, né ieri né domani, chi giudica. Due funzioni diverse, due visioni del processo inconciliabili. Così come noi avvocati all’inizio della nostra carriera scegliamo la via della difesa per vocazione e per principio, allo stesso modo il magistrato deve scegliere se essere giudicante o requirente. È una distinzione che tutela tutti: imputati, cittadini e la stessa magistratura, perché elimina ogni sospetto, ogni ombra, ogni possibile commistione».

Minutillo evidenzia poi l’importanza dell’altro pilastro della riforma: «Con il sorteggio dei membri del CSM cade il sistema delle cordate e delle appartenenze alle correnti tra magistrati che per decenni ha condizionato le carriere e la vita interna della magistratura. Non sarà più un magistrato “amico” o “nemico” a decidere sull’incarico o sulla progressione di un collega. Con l’Alta Corte Disciplinare autonoma si chiude un’epoca di condizionamenti e favoritismi: chi giudicherà le condotte dei magistrati non avrà mai avuto potere sulle loro carriere e viceversa. È un passaggio rivoluzionario che restituirà alla giustizia credibilità e alla Costituzione la sua piena attuazione».

A chi paventa rischi di controllo politico della magistratura, Minutillo replica con fermezza: «È un falso problema. La Costituzione riformata con l’Art. 104 ribadisce con chiarezza che la magistratura è un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere. Chi parla di pericolo autoritario mente sapendo di mentire. La verità è che questa riforma restituisce indipendenza vera, perché separa funzioni e responsabilità».

Il Presidente richiama anche l’evoluzione storica del processo penale italiano: «Questa riforma è il naturale completamento della grande svolta del 1989, quando con il nuovo codice di procedura penale l’Italia abbandonò il modello inquisitorio per quello accusatorio. Allora si stabilì che l’accusa e la difesa fossero parti contrapposte, e che il giudice dovesse essere terzo. Ma quella distinzione, di principio, non è mai stata pienamente realizzata. Oggi finalmente lo sarà, anche sul piano costituzionale. Lo diceva già Giovanni Falcone, e non credo servano altri argomenti per comprenderne il valore e la necessità».

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