L’Ordine delle Professioni Infermieristiche accende i riflettori sulla “Sindrome della seconda vittima”

sindrome seconda vittima infermieri

In sanità, dietro ogni evento avverso, c’è sempre più di una persona che ne porta il peso: non solo il paziente, ma anche l’operatore sanitario coinvolto. È a questa dimensione sommersa del dolore che l’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Forlì-Cesena (OPI FC) dedica una profonda riflessione, con l’obiettivo di rompere il silenzio su un fenomeno tanto reale quanto poco riconosciuto: la sindrome della seconda vittima.

Quando accade un evento avverso, la sofferenza non si ferma al letto del paziente – spiega Silvia Mambelli, presidente OPI Forlì-Cesena –. Anche chi cura può vivere un forte trauma emotivo, un senso di colpa, di fallimento o di inadeguatezza. È fondamentale riconoscere questo vissuto, non negarlo e soprattutto offrire strumenti per affrontarlo. La cura passa anche dalla cura di chi cura”.

Il termine “Seconda Vittima” è stato coniato dal professor Albert Wu nel 2000 per descrivere l’esperienza psicologica degli operatori sanitari coinvolti in eventi avversi o errori clinici. Dopo tali episodi, molti professionisti vivono ansia, insonnia, depressione, perdita di fiducia e, nei casi più gravi, l’abbandono della professione. Si tratta di una ferita invisibile, spesso aggravata da contesti organizzativi che non sempre offrono ascolto, comprensione o supporto. In questi casi, il rischio è duplice: disumanizzare chi assiste e compromettere la qualità della cura stessa.

Proprio per affrontare questo tema con profondità e strumenti concreti, l’OPI di Forlì-Cesena ha organizzato l’evento formativo “Sindrome della Seconda Vittima: il dolore di chi cura”, in programma giovedì 27 novembre, ore 15,00-18,30 nella sede Opi FC in viale Bolognesi 19 a Forlì.

Durante l’incontro, aperto a tutte le professioni sanitarie, esperti e professionisti porteranno esperienze, testimonianze e strategie per riconoscere e gestire la Sindrome, promuovendo una cultura della sicurezza che sia anche cultura della comprensione e del sostegno. L’obiettivo è duplice: sensibilizzare i cittadini sulla complessità del lavoro sanitario e fornire agli operatori strumenti di consapevolezza e resilienza.

L’errore non è solo un dato tecnico – prosegue Mambelli – ma un’esperienza umana. Prendersi cura delle ‘seconde vittime’ significa tutelare la salute psicologica dei professionisti e, di conseguenza, la sicurezza di tutti i pazienti”. L’iniziativa si inserisce in un più ampio impegno dell’Ordine nel promuovere una cultura sanitaria fondata sul benessere dei professionisti, sulla prevenzione del burnout e sull’umanizzazione delle cure. Perché riconoscere la fragilità non è segno di debolezza, ma di coraggio. È il primo passo per costruire una sanità più giusta, empatica e sicura per chi riceve e per chi offre assistenza.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *