Il maschio romagnolo

Riviera Romagnola Cattolica mare

Argomento di cui tutti i comici di qui in tivù han parlato, perchè il maschio romagnolo è tipico della Romagna come può esserlo un bicchiere di Albana. Secondo me dovrebbero studiarlo anche alla NASA perchè delle volte fa venir su il sistema nervoso, ma è anche capace di gesti di bontà assoluta, tipo aiutare i baghini a diventar prosciutti.

Il vero maschio romagnolo ha alcune regole standard. Va al bar, e al bar parla solo ed esclusivamente di “pallone”, “bicicletta” o “moto”, perchè il calcio, il ciclismo e il motociclismo al romagnolo ce l’han codificato nel DNA fin dall’alba dei tempi.

Si narra che l’unga-bunga preistorico romagnolo, vedendo un sasso ruzzolare da un dirupo, ebbe un’illuminazione. “Os-cia”, disse. Da lì a poco nacquero il TURDEFRANS e quella roba strana che si prende per andare più forte (io non ne ho idea, io mi drogo con la cagnina), e poi dopo siccome in n’era incora cuntènt, c’han messo su il motore che di fare “brum” con la bocca s’eran stufi.
Sul pallone ci torneremo più avanti, perchè il romagnolo è talmente invornito di calcio che è quasi stufoso.

Dònca, dicevamo, il romagnolo va al bar a parlare di ‘ste robe e a giocare a marafone. Io ho imparato a giocare a marafone guardando mio nonno. Si gioca più o meno così: un giocatore cala una carta e tutti gli altri tirano una bestemmia. Il secondo giocatore tira la carta più forte e prende per il culo il primo, che gli viene il sistema nervoso. Il terzo sbatte la carta ancora più forte e tira giù dal calendario quattro santi minori. Il quarto sbatte la carta sul tavolo, incrinandolo, e bestemmia contro le gerarchie angeliche, incrinando anche quelle. Credo che alla fine vinca chi rompe più tavoli, an l’ho mai capì.

Altro caposaldo del romagnolo è “il corteggiamento”, che qui da noi si chiama “intorto”, e per la legge italiana “atti di libidine molesta”. Mediamente il romagnolo sta zitto e fa valere la sua fisicità e i suoi sguardi provocanti, sexy come Mara Maionchi, anche perchè quando parla son dolori. Ho personalmente assistito a maschi adulti urlare da un capo all’altro di Piazza Saffi, ad una bella figliola che passava in bici con la gonna svolazzante: “MOOORAAAA!!!! ET DE PEL?” (tradotto: mora, hai del pelo? Sottinteso: da darmi?). Ecco, fa più bella figura se sta zitto. E allora se la gioca, dicevamo, con le apparenze. Un po’ come un pavone, solo che puzza di acqua di colonia da 5 ‘evri’ del GONAD.

Il romagnolo si abbiglia per andare alla balera. Che in discoteca ci son quegli invorniti di zuvnòt. La scarpa è un mocassino stretto del 1974, rigorosamente fuori moda come l’uso del congiuntivo. I pantaloni sono strettistrettistretti che devon far vedere il pacco, ovviamente imbottito della ogni. Che poi se arrivi a combinar qualcosa e la tipa s’aspetta un pitone, in realtà c’è un lombrico da mutanda. La camicia possibilmente di seta già pezzata sotto le ascelle – mi sa che le vendon così – sempre aperta fino all’ombelico, e più pelo sul petto c’è meglio è. Tanto di solito il pelo viene costantemente pettinato da un catenone ciondolante che nemmeno il fantasma dell’opera ce l’aveva, rigorosamente d’oro, con attaccato Gesù che purèn non è inchiodato alla croce, ma ci si attacca per non vomitare mentre va sulle montagne russe in mezzo a tutto quel casino di pelame. Così abbigliato il romagnolo va alla balera, ma non balla.

GUARDA. “Controlla la situazione”. Osserva le donne come se fosse uno squalo, e poi quando una sventurata incrocia il suo sguardo la fissa. Ed è tutto quello che fa. Quando le cornee della tipa sono tatuate con la sua faccia, sempre mantenendo il contatto visivo, si avvicina col passo di John Travolta in la Febbre del Sabato Sera. Solo che lui è più Gion Stravolto ne La Cagarella della Domenica Notte, e quindi caracolla come un invornito. Le si ferma davanti, in tutta la sua bellezza pelosa. Lei lo guarda, lui la penetra in tutti i modi con gli occhi, e il verbo l’ho scelto apposta. Lei prova a dir qualcosa ma lui l’ha ipnotizzata. Sarà l’ascella, sarà lo sguardo, sarà la sua Renault Turbo del 1981 parcheggiata fuori con le etichette della Corsica Ferries e Secondo Casadei a busso dalle casse, ma cede. Perchè la donna romagnola ha capito che il purino da solo non ce la può mica fare, nella sua vita.

Ma la summa del maschio romagnolo è lui, l’inimitabile bagnino di salvataggio.
Il bagnino non intorta. Il bagnino E’. Lui se ne sta sul suo moscone in vista ma non troppo, con il muscolo guizzante e – fino agli anni ‘90 – cun la zigarèta ad boca, e OSSERVA (questa è l’unica cosa in comune al tipo di prima, tra l’altro). Non fa altro, ma non c’ha mica bisogno. La scritta “salvataggio” sul petto lo fa sembrare bello come riciardghìr, e il suo sguardo torvo come un fragolino del ’91, causa fastidi a tutti gli individui di sesso femminile nell’arco di 75 metri, incluse platesse e cefali. Un buon bagnino riesce a distribuire il suo DNA a in media 30 donne (meglio se nordiche) a stagione.
“Icona della Romagna” al punto che ogni anno i telegiornali ne intervistano uno stock, con domande intelligenti tipo “allora come va la stagione balneare?”. La risposta quasi invariabilmente è “Uehi ciò, poteva andare meglio”. “Ma gli stranieri ci sono?” “Ah gli stranieri a n’e sò, ma le straniere che c’erano le abbiam già sistemate”. “Ehm… le piace il suo mestiere?” “Os-cia d’lamadàna s’um pis!”
Ecco… anche lui, era meglio se stava buonino.

(il Nero)

Post tratto dalla pagina di Facebook “Sa fet a qué?

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