“Sull’orlo di una strada una gara di follia/contro il sipario amaro della xenofobia/canti lastricati d’incoscienza e d’avvenir/nel baluardo lieto degli spalti a Saint Pauli”
così cantano i Talco, gruppo ska/punk veneziano omaggiando una delle storie più eretiche del calcio moderno, quella del St. Pauli.
Distretto di Hamburg-Mitte, sulle sponde del fiume Elba, quartiere di 27.000 abitanti della città di Amburgo nella depressa e industriale ex Germania occidentale.
Teatro della scena punk tedesca anni 80′, Reeperbahn, la via a luci rosse di St. Pauli è uno di quei posti in cui se sei un turista e ti ci ritrovi certamente non sei un puritano.
Prostituzione libera, anarchia, bandiere di Che Guevara, risse, punk,e un profondo impegno sociale nella lotta alla xenofobia e al neo-nazismo. Questi sono gli ingredienti che nel controverso decennio anni 80′ hanno dato vita all’incredibile storia del Saint Pauli Fc, società calcistica fondata nel 1910, il cui motto recita “Not established since 1910”.
La zona portuale in cui è situata la sede ha contribuito a definirli come “i bucanieri”. Il simbolo della squadra è il Jolly Roger, il teschio dei pirati che puntualmente viene sbandierato in ogni incontro casalingo.
Rispetto ai cugini dell’Amburgo sono dei dannati perdenti, ma se chiedete a un tifoso del St. Pauli quanto conti vincere capirete che la filosofia di questa squadra è ben lontana dagli interessi comuni nel mondo del calcio-business. Il loro destino è andare contro il sistema, sempre e comunque, e poco importa se alla domenica hai perso contro l’ultima in classifica, l’importante è che i 35mila del “Millerntor Stadium” abbiano alzato la voce in coro non contro l’arbitro che ha fischiato un rigore generoso, ma contro tutto ciò che non è in linea con i principi della squadra: razzismo, discriminazione sociale, politiche a scopo commerciale, e (permetteteglielo) contro gli acerrimi rivali dell’Amburgo.
La squadra attualmente milita in Zweite Liga, la serie b tedesca, apparizioni sporadiche in massima serie di cui l’ultima nella stagione 2010-2011 culminata con la retrocessione dopo un anno di permanenza.
Corny Littmann, patron del club dal 2002 al 2010, è stato il primo presidente dichiaratamente omosessuale della storia del calcio tedesco. Con l’imprenditore teatrale si creò subito una forte alchimia con i tifosi, i quali incidono fortemente nelle politiche societarie del club. Littmann capì che per questi ragazzi c’era qualcosa di più importante dei trofei e delle sponsorizzazioni delle grandi industrie commerciali, le loro campagne sociali hanno fatto del St. Pauli una vera e propria squadra cult in un panorama calcistico sempre più povero di valori umani.
Dagli anni 80′ ad oggi, la società ha giocato un’amichevole contro Cuba per esprimere la propria solidarietà a Fidel Castro, ha ospitato il mondiale per nazioni non riconosciute, ha organizzato un torneo per rifugiati politici e nel 2009 i tifosi hanno rimandato al mittente la proposta di acquisizione dei diritti del nome dello stadio che avrebbe portato parecchi milioni di euro nelle casse del club.
Il St. Pauli rappresenta quello che ormai è un calcio nostalgico, lontano dalle logiche imprenditoriali contemporanee, caratterizzate dalla circolazione di spropositate somme di denaro. Finchè i ragazzi della Reeperbahn, magari un po stravaganti e certamente poco ortodossi, continueranno a navigare col vento a prua con la loro Jolly Roger issata al cielo potremmo continuare a guardare l’orizzonte.
Angelo Mattinò