Bisogna spiegarglielo, ai forestieri, a quelli che vengon da fuori dall’Emilia-Romagna. Noi siamo stati abituati a decenni di “Io folere piatina kon proziutto, pella Romagna pane amore Zancioveze”, se anche i tugnini ci arrivano con le loro menti teutoniche (e le loro mogli tettoniche), dovete farcela anche voi che venite da fuori confine. “Eh ma cosa sarà mai, Emilia, Romagna, è pur la stessa cosa!” Mumènt. Anche Belèn e la Littizzetto son due donne, ma – diciamo così – hanno delle differenze fondamentali che le rendono diversamente attraenti l’una dall’altra. Capitelo: la tigella non è la piadina, zio brèc! Il cappelletto non è il tortellino!
Il sangiovese non è il lambrusco! Il formaggio di fossa non è il parmigiano! Non puoi chiedere a un romagnolo di prepararti un platò di crescentine. Minimo, ti guarda e ti dice “s’èl che t’vù te?” con quel tono di quello che sta dicendo “mi prendi per il culo e vuoi morire giovane?”. E’ come andare a Osaka e pretendere di trovare un’ottima carbonara. Eh, brèv patàca, e il sushi dove lo vuoi mangiare buono, a Roncalceci? Insomma, ogni posto ha la sua gente, e ogni gente ha il suo cibo. “Mo sì dai, il cappelletto, il tortellino, quante pugnette, non è quella bagaglia con dentro il ripieno che si fa nel brodo?” Lo Sgarbi che è in me urlerebbe “capra” tre ore. Pensate che otto secoli di autonomia delle città emiliane, dall’età dei Comuni all’Unità d’Italia, non abbia prodotto le sue differenze?
E che la Romagna, sotto il papato, non fosse una cosa ben distinta? Pronti allora: Anolini a Piacenza (che diventano Agnolotti a Pavia), Tortellini a Parma, Reggio, Bologna e Modena, Tortelli nel Reggiano (che sconfina nel Mantovano), Cappelletti in Romagna, Tortelli alla lastra sulle nostre montagne… devo continuare? Cambiano i ripieni, i brodi, i non brodi, i periodi dell’anno. Un n’é stes quèl!!!! Molta gente fa fatica a distinguere tra emiliani e romagnoli, anche perchè la regione si chiama Emilia-Romagna. Mo in quel trattino lì a metà c’è tutto un mondo. C’è un confine labile suppergiù a Imola, con gli imolesi che vogliono stare in Romagna ma son targati BO. C’è una tacchetta che deriva da sailcazzo quando, ma di sicuro è plurisecolare. Oh, e non accenna a diminuire eh.
C’è una differenza di sapori, colori e odori che solo chi vive di qua o di là dal confine può notare. Intendiamoci: l’Emilia-Romagna è una delle regioni italiane in cui si sta meglio, in cui si mangia meglio, in cui c’è più figa “sportiva” e in cui puoi passare dal picnic là sui monti con Annette all’aperitivo al mare in un’ora. E a me in fin dei conti gli emiliani non mi han fatto proprio niente. Però per favore, gente della televisione, comici, imitatori, e persone comuni: fate basta di fare l’accento bolognese quando imitate i romagnoli! Perchè, come si suol dire: ama il tuo vicino, ma non tagliare mai la siepe.
(il Nero)
Post pubblicato nel profilo Facebook “sa fet a qué”