Superata la parentesi travagliata dell’alto medioevo, rimaste solo un ricordo le invasioni barbariche, i saccheggi e le distruzioni di quanto Roma aveva costruito nel corso di molti secoli, superato anche il periodo di dominazione feudale, dopo l’anno 1000, la civiltà occidentale si riorganizza e la vita e la cultura gradualmente rifioriscono non più soffocate all’ombra dei castelli.
Gradualmente risorgono i borghi, che diventeranno poi città e la Cattedrale affacciata sulla piazza è il centro della vita spirituale e sociale. Queste città, però, non vengono ancora edificate sulla base di un progetto organico, non seguono un rigoroso ordine geometrico, ma crescono, come un organismo vivo, ampliandosi gradualmente per rispondere alle esigenze del nuovo ceto produttivo: la Borghesia.
Con l’avvento del Rinascimento, ai primi del ‘400, le cose cambiano. Gli Umanisti riscoprono la cultura romana, ne studiano l’arte, ne misurano i monumenti (diventati spesso rovine), e ne ricavano regole da applicare alle nuove costruzioni realizzate sulla base di un rigoroso ordine geometrico. Nasce la figura dell’architetto, unico responsabile dell’intero progetto che definisce la forma di ogni singolo elemento, sulla base delle conoscenze teoriche acquisite con lo studio dei testi e delle opere antiche.
Sorgono così straordinari monumenti che sono alla base della nostra cultura e che recuperano, adeguandoli alle nuove esigenze, i modelli elaborati dei grandi architetti classici. I manuali di Vitruvio, il grande teorico dell’architettura romana, verranno studiati, copiati e forniranno modelli di riferimento agli architetti rinascimentali che li rielaboreranno adeguandoli alle esigenze della nuova società.
Sorge ben presto anche l’esigenza di dare alle città un nuovo ordine, con strade rettilinee e piazze quadrate e fioriscono studi sulla realizzazione e l’organizzazione di una città ideale.
Il più delle volte, però, tali studi si concretizzano solo in disegni, in dipinti o in piccole e limitate applicazioni come le cittadine di Pienza e Sabbioneta o l’ampliamento di Ferrara con quella che viene chiamata “addizione erculea”, dal nome del Signore, Ercole I d’Este che dominava la città.
Solo nel ‘500 vediamo la concreta realizzazione di due vere città ideali, basate su uno studio accurato del progetto nel quale si fondono esigenze civili ed esigenze militari ed il cui risultato è tradotto in forme geometriche regolari: Palmanova nel Friuli e Terra del Sole nella Romagna Toscana, a pochi chilometri da Forlì (che apparteneva allo Stato della Chiesa).
Terra del Sole nacque come insediamento militare, col compito di vigilare sui confini ma, al tempo stesso, di essere centro amministrativo, giudiziario, religioso, base commerciale e sede degli “uffizi” medicei.
La sua costruzione fu voluta da Cosimo I De’ Medici, primo granduca di Toscana, la cui storia familiare era però legata alla città di Forlì in quanto figlio del Capitano di ventura Giovanni Dalle Bande Nere, a sua volta figlio di Caterina Sforza (per lungo tempo Signora di Forlì) che aveva sposato, come terzo marito, Giovanni De’ Medici.
Il Granduca si impegnò a fondo nella progettazione e costruzione della nuova città mettendo a frutto l’esperienza maturata in campo militare e nell’amministrazione del Granducato. Gli architetti ai quali affidò la definizione e l’esecuzione materiale del progetto: Baldassarre Lanci, Giovanni Camerini, Bernardo Buontalenti e Simone Genga, operarono quindi alle sue dirette dipendenze eseguendo le direttive impartite loro dal Granduca.
Le tecnologie difensive si erano evolute rapidamente nel ‘500, adeguandosi alla presenza delle armi da fuoco ed in particolare delle artiglierie, in rapporto alle quali le belle torri dei castelli medievali, che tanto rispetto incutevano un tempo alle fanterie, armate di lance e di balestre, si erano trasformate in fragili ed inutili bersagli.
La pianta rettangolare di Terra del Sole fu quindi rinforzata ai quattro angoli da quattro poderosi bastioni, di forma triangolare, bassi e di forma tale da far rimbalzare le palle dei cannoni. Gli stessi bastioni ospitavano al loro interno le postazioni per l’artiglieria, collocate in modo tale da coprire completamente tutto il campo di tiro. I bastioni poi, nella parte tangente alle mura erano dotati di rientranze, chiamate orecchioni, dove erano collocate le bocche da fuoco che dovevano falciare i fanti che si avvicinavano alle mura che, in tal modo, benché relativamente basse diventavano quasi inespugnabili.
Le due porte, una affacciata verso la Romagna, chiamata Porta Romana e l’altra, opposta alla prima, chiamata Porta Fiorentina erano inserite all’interno di due castelli, uno riservato al Governatore e l’altro al Capitano delle artiglierie, figura chiave nella difesa della città.
Tali castelli, specialmente nella parte interna alle mura, ricordavano in parte i castelli medievali, con gli spalti, i cammini di ronda, rivolti però verso la città come monito nei confronti dei cittadini. Anche tali castelli, comunque, erano strutturati in maniera tale da parare i colpi delle artiglierie grazie ad una coppia di punte triangolari proiettate verso i quartieri residenziali.
Al centro della città era collocata una grande piazza rettangolare, la piazza d’armi, sulla quale si affacciava da un lato il massiccio palazzo Pretorio o dei Commissari, a pianta quadrata e dall’altro la Chiesa di Santa Reparata. Altri importanti palazzi amministrativi si affacciano sulla piazza d’armi: il palazzo del Provveditore e quello della Cancelleria. Due strade rettilinee congiungevano la piazza d’armi coi castelli formando due borghi definiti, naturalmente, Borgo Romano e Borgo Fiorentino (che ogni anno si sfidano con costumi ed armi d’epoca). Le architetture civili erano semplici ed armoniose, in stile fiorentino.
Il palazzo Pretorio, aveva tre grandi arcate a tutto sesto nella facciata che determinavano una profonda loggia dalla quale poi, attraverso un breve corridoio, si giungeva al cortile centrale, contornato da logge, secondo lo stile che dai primi del ‘400 aveva caratterizzato i palazzi fiorentini.
Anche la Chiesa era relativamente semplice, ad una sola navata con gli spazi interni scanditi da una serie di arcate appoggiate su lesene e da trabeazioni classiche, realizzate tutte in pietra serena grigia che si stagliava elegantemente sul colore bianco delle pareti. Tre grandi arcate definivano la zona del presbiterio, di forma quadrata con un’abside poligonale e due cappelle laterali poco profonde. Tali eleganti e severe arcate giungevano fino alle travature lignee a capriata, lasciate a vista, che sostenevano il tetto.
L’insieme di queste strutture creava uno spazio armonioso e sobrio scandito da modanature di chiara derivazione classica.
Come era nata questa piccola ma armoniosa città, perfettamente organizzata, e con gli spazi ben distribuiti? Le cronache del tempo narrano così il grande evento: “Ricordo come alli 8 di decembre 1564 si cominciò a fabbricare la nova Terra del Sole con processione e Messa solenne in detto loco sendo Comissario Geri Resaliti” e, come non bastasse, la tradizione ci racconta un evento quasi prodigioso verificatosi nel giorno dell’inaugurazione.
La processione, partita dalla vicina Castrocaro, sotto un cielo grigio e nebbioso, rallegrato solo dal canto dei fedeli, giunta sul luogo dove era previsto che sarebbe sorta la Chiesa, vide dileguarsi in breve tempo la nebbia ed il sole illuminare il clero che si accingeva a celebrare la Messa. E continuò a brillare per tutta la durata della Messa illuminando e rallegrando i fedeli che interpretarono ovviamente ciò come un fausto presagio ed un augurio per la città che stava nascendo sotto il segno del sole di cui portava il nome. Il ritorno della nebbia al termine della cerimonia rafforzò ancora di più la sensazione di aver vissuto un evento straordinario e miracoloso.
Sviluppando il tema del sole e della città ideale non si può non citare l’opera la “Città del Sole” del filosofo domenicano Tommaso Campanella, scritta nel 1602, nella quale viene esaltato il progetto di una città ideale. Con tale citazione si conclude l’analisi di questa originale città, testimonianza ulteriore della creatività rinascimentale.
Terra del Sole tornò Romagnola, assieme ad altri comuni della Romagna Toscana, nel 1924 grazie al Regio Decreto del 4 marzo 1923, che l’aggregava alla provincia di Forlì.
Un altro Decreto, non più Reale ma Ministeriale, del 1965 l’ha poi dichiarata “Centro Storico di notevole interesse pubblico” tutelandone la conservazione con un vincolo ambientale.
Alcuni guai, purtroppo, erano già stati fatti con la costruzione, nel dopoguerra, di numerose case. L’operazione più “traumatica”, però, è stata l’apertura di un passaggio per la strada statale che taglia la città e che ha comportato l’abbattimento, in due punti, delle antiche mura rinascimentali.
Chi lo desidera potrà trovare un ricco servizio fotografico su Terra del Sole nella mia pagina facebook “Arte in Romagna”.
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