Al termine del Secondo conflitto mondiale la rocca di Montepoggiolo era utilizzata come casa colonica poi, come scrive monsignor Donatini, passò prima a un ravennate quindi a Luigi Vignoli, architetto di Bologna. Questi approntò un piano di ripristino che però non venne mai messo in atto a causa del parere negativo espresso dalla Sovrintendenza. Dato che il progetto di Vignoli prevedeva l’apertura di un ristorante all’interno del castello, numerosi alberi e parte delle mura di cinta furono abbattuti per creare un spiazzo da adibire a parcheggio.
Il 1° aprile 1951, un anonimo giornalista del «Resto del Carlino» (l’allora «Giornale dell’Emilia»), mosso dall’intenzione di attirare attenzione sulla rocca dimenticata, pubblicò a tutta pagina una clamorosa notizia dal titolo: “Un meteorite fa crollare un bastione dell’antico castello”. Lo stesso giornalista scriveva nel sottotitolo: “Autorità, tecnici e curiosi sul luogo. Il racconto del custode scampato prodigiosamente alla morte”. Dopo aver letto la notizia sul giornale, tanti curiosi accorsero con ogni mezzo di locomozione a Montepoggiolo per vedere il meteorite. La delusione fu grande come altrettanto grande dovette essere il divertimento di chi aveva organizzato l’originalissimo “pesce d’aprile”.
A seguire riportiamo il testo integrale dell’articolo, scritto nel 1951 dall’anonimo buontempone: “Su Montepoggiolo, verde naturale balcone dal quale si ammira il fecondo piano di Romagna, gli avanzi di un antico castello son quale arrugginita corona che richiama, in primavera, frotte di gitanti sbriglianti la fantasia sul tempo che fu.
Mobilitati, nel tardo pomeriggio di ieri, assieme a un numeroso gruppo di autorità e di colleghi, vi siamo ritornati per avere esatta cognizione di una avvenimento sensazionale: un meteorite, distaccatosi da un astro immensamente lontano, si è abbattuto, con ciclopica violenza, sul bastione a fianco del torrione, a destra dell’ingresso, facendolo rovinare e lasciandovi una breccia che misura un diametro massimo di cinque metri.
Quando vi siamo giunti i tutori dell’ordine tenevano lontana la folla di curiosi che attorniava il blocco misterioso nella speranza di raccogliere e tenere quale ricordo alcuni piccoli pezzi distaccatesi nell’urto immane. L’illustre Prof. Ing. Raimondi della facoltà di fisica dell’Università di Bologna ci aveva preceduti e stava interrogando il custode del rudere, il carettiere «Fafì».
«Salvo per miracolo» egli racconta «erano le nove di stamane, avevo già dato il fieno ai muli e mi dirigevo al pozzo per attingere acqua quando udii un noto fischio come di bomba che precipitasse. Dopo fra il terremoto, la polvere, le macerie e la paura, non ho capito più nulla, guardate. Mi si è sbriciolata la ruota di un carro, un tino e due damigiane». Il meteorite ha la rozza forma di un uovo, fortemente schiacciato alle estremità, è di colore marrone chiaro con striature giallognole come se fosse venato di zolfo, in qualche parte manda luccichii come se contenesse della pirite. Si giudica il peso in 5 o 6 quintali.
L’ing. Raimondi ci favorisce notizie tecniche. Parla di quelli caduti, in ogni tempo, in tante parti del mondo ed esprime il desiderio di averlo all’Università di Bologna ove già qualcosa di simile si conserva ma non di tali eccezionali proporzioni. Di tale parere non è un autorevole membro della giunta comunale di Castrocaro «il castello di Montepoggiolo è di proprietà comunale quindi il meteorite è nostro. Lo conserveremo nel salone d’ingresso delle nostre terme e sarà una nuova attrattiva per l migliaia di forestieri che ogni anno vi convengono». Mentre ci allontaniamo la discussione è ancor vivissima e noi pure siamo curiosi di conoscere quali decisioni saranno prese in merito dalle superiori autorità che verranno certamente investite del compito di risolvere questo dilemma”.
La Rubrica Fatti e Misfatti di Forlì e della Romagna è a cura di Marco Viroli e Gabriele Zelli