Nel mese di maggio del 1944, la Giunta Comunale di Forlì deliberò di conferire la cittadinanza onoraria al professor Sante Solieri, nonostante fosse già residente in città dal 1910, anno in cui aveva preso servizio all’Ospedale “Giovan Battista Morgagni”.
L’atto fu notificato a Solieri il 25 luglio 1944, anniversario della caduta del fascismo e dell’arresto di Benito Mussolini. Per quale motivo fu scelta proprio quella data? In più occasioni ce lo siamo chiesti senza trovare una risposta convincente. Oggi una serie di informazioni ci ha messo nella giusta direzione. Ma andiamo con ordine.
Le motivazioni per il conferimento del prestigioso riconoscimento sono note. Nell’atto deliberativo si può leggere: «Sante Solieri, nato a Cotignola (Ravenna) il 24 settembre 1877, laureatosi in medicina e chirurgia nella Regia Università di Siena il 4 luglio 1901 (aveva 24 anni, ndr) con voti 110/110 e lode, libero docente in Patologia, in Clinica Chirurgica e Medicina Operatoria, è stato nominato, in seguito a pubblico concorso, Chirurgo Primario dell’Ospedale “G. B. Morgagni” di Forlì nell’ottobre 1910 preceduto da fama di valente professionista. Egli, che ha anche ricoperto cariche civili conquistandosi le migliori benemerenze, dotato di una profonda cultura scientifica e di una vasta esperienza professionale, di singolare competenza e perizia, dimostrata e rifulsa nelle più svariate difficili operazioni, Esimio maestro di molti allievi, ha dato alla Sezione Chirurgia dell’Ospedale di Forlì una impronta scientifica di Istituto Clinico e di Scuola di chirurgia facendone un vero Centro Chirurgico il cui nome ha oltrepassato di gran lunga i confini di Forlì, vanto e lustro del Civico Ospedale vi ha dato un’attività non comune per 35 anni.
La Giunta Comunale unanime, plaudendo a una vita di studio e di lavoro consacrata a sollievo dei sofferenti; delibera di conferire, per solenne riconoscimento delle Sue grandi benemerenze verso la città, al Prof. Sante Solieri – Chirurgico Emerito – che l’alto sapere e l’esperta mano per sette lustri dedicava all’Ospedale “G. B. Morgagni”, elevandolo a dignità di Clinica, – la Cittadinanza Onoraria di Forlì».
L’atto fu firmato dal sindaco Agosto Franco, dall’assessore anziano Alessandro Schiavi, dal segretario comunale Isidoro Pazzaglia e fu pubblicato all’Albo Pretorio il giorno 14 maggio 1945, “giorno di mercato, senza che siano stati presentati reclami od opposizioni”.
Successivamente, il 29 maggio, la delibera fu vistata anche dal prefetto Francesco Antonio Tortorici. Perché allora aspettare due mesi se il tutto era stato predisposto per tempo e perché scegliere proprio il 25 luglio, esattamente due anni dopo la caduta di Mussolini, per notificare “in copia conforme al suo originale che si rilascia in forma amministrativa al Prof. Grand’Uff. Sante Solieri”, l’importante riconoscimento?
Questa coincidenza ci ha sempre sorpreso. Come si è detto, a parte ipotizzare che in questo modo si sia inteso rimarcare un cambiamento di stile rispetto al fascismo, non avevamo mai trovato una spiegazione logica. Fino a quando una notizia sul professor Solieri, mai evidenziata nelle sue biografie e quindi del tutto inedita, letta sul libro “Domenico Ciro Farneti, 1881-1925” di Fulvio Farneti – nel quale si narra la biografia di un militante socialista di Predappio che ne fu anche sindaco – non ha contribuito a gettare nuova luce sull’intera vicenda.
La notizia è legata allo sventato attentato nei confronti di Mussolini del 5 novembre 1925, progettato dal socialista Tito Zamboni, con la complicità del generale Luigi Capello, entrambi massoni. Il giorno seguente, su tutti i giornali di regime partì un attacco contro la Massoneria italiana. Il giornale «Il Popolo di Romagna» ne approfittò per pubblicare un primo elenco di massoni “importanti, in vista, da tenere d’occhio”. Nella lista comparve anche il nome di Sante Solieri, che già da 15 anni era in servizio presso l’Ospedale e due anni prima aveva costituito, insieme ai principali esponenti cittadini, il primo nucleo del sodalizio di pubblica assistenza “Dam una man”. In quello stesso anno Solieri cedette, lungo l’attuale viale Salinatore, a prezzo di “assoluto favore un’area di oltre 20.000 metri quadrati con annessi immobili all’Amministrazione Provinciale”. Tale superficie fu destinata alla costruzione dell’Istituto Provinciale per l’infanzia.
Dovette essere certamente uno smacco per il professor Solieri, molto conosciuto, benvoluto e stimato, ritrovarsi in un elenco di persone “da tenere d’occhio”. Per questo ci piace pensare, anche se probabilmente non lo si potrà mai appurare con certezza, che la notifica del decreto di conferimento della cittadinanza onoraria proprio nella data del 25 luglio non sia stata scelta a caso ma che sia stata voluta dalla nuova amministrazione democratica della città come ulteriore riconoscimento nei confronti di questo grande personaggio, oramai forlivese a tutti gli effetti.
Nel 1947, quando pur a malincuore dovette lasciare l’Ospedale per raggiunti limiti d’età, Solieri aveva portato a termine non meno di 70.000 interventi chirurgici, introducendo spesso nuove tecniche e originali metodi, tuttora applicati in Italia e all’estero. Proverbiale fu il suo spirito di sacrificio quando, durante il Primo conflitto mondiale, anche l’ospedale di Forlì, sia nella vecchia sede di corso della Repubblica (Palazzo Merenda) sia nella nuova sede, venne utilizzato per operare i soldati feriti al fronte. In quegli anni terribili, il professor Solieri osservò massacranti turni di lavoro in sala operatoria: dalle 7,00 alle 12,00 del mattino, dalle 15,00 alle 19,00 e delle 22,00 fino all’una dopo la mezzanotte, per un totale di 12 ore giornaliere. Le sue alte qualità di medico unitamente alla straordinaria dedizione verso la professione portò i forlivesi a coniare il detto “Questa u n’ l’arfà gnânca Solieri” (Questa non la sistema nemmeno Solieri), utilizzata nel linguaggio comune per evidenziare una situazione giudicata totalmente irrimediabile.
Il 6 aprile 1949, alla notizia della sua morte, una moltitudine di cittadini forlivesi volle spontaneamente unirsi al lunghissimo corteo funebre che si snodò per le vie della città. Per rendere l’estremo saluto al grande concittadino, alle esequie parteciparono tra gli altri un nutrito drappello di soldati, numerosi religiosi, sacerdoti e suore, nonché tutte le principali autorità civili della città.
La Rubrica Fatti e Misfatti di Forlì e della Romagna è a cura di Marco Viroli e Gabriele Zelli