Consegnata alla giovane ricercatrice dell’Istituto Tumori della Romagna Irst Irccs, Francesca Pirini, la Borsa di studio “Tiziano Console Camprini”. L’assegno, del valore di 1.500 euro che la famiglia dell’insegnante e ingegnere faentino scomparso lo scorso anno ha voluto istituire, insieme alla Fondazione “Giovanni Dalle Fabbriche”, servirà a sostenere una ricerca finalizzata all’identificazione di molecole “sentinella” dei tumori colorettali.
L’evento si è tenuto alla presenza della moglie Giordana Magarini e figli, di Tiziano Conti vicepresidente Fondazione “Giovanni Dalle Fabbriche”, di Dino Amadori direttore scientifico IRST, di Mattia Altini direttore sanitario Irst, di Giovanni Frassineti responsabile oncologia medica Irst, di Daniele Calistri responsabile f.f. laboratorio bioscienze Irst, di Francesca Pirini ricercatrice del laboratorio di bioscienze Irst e il suo gruppo di lavoro.
La Borsa è stata assegnata a seguito di un bando indetto dalla Fondazione “Dalle Fabbriche” con scadenza il 30 ottobre scorso, dedicato a ricercatori under 35 romagnoli sia medici sia biologi o di altre discipline scientifiche, e volto a cofinanziare un progetto nell’ambito della ricerca oncologica.
“Mio marito, come insegnante, è sempre stato legato ai giovani – racconta la signora Magarini – cercando di valorizzarli quanto più si meritavano. Con questa borsa di studio vogliamo mantenere questo percorso e mi fa molto piacere che venga data la possibilità a chi si dedica alla ricerca oncologica di essere valorizzato e di realizzarsi”.
Tiziano Conti ha ricordato che “la Fondazione Giovanni Dalle Fabbriche ha nella propria mission la valorizzazione dei giovani, insieme al loro inserimento da protagonisti nella società: le borse di studio e ricerca sono uno degli strumenti principali utilizzati”.
Nel bando si è dato risalto a progetti di ricerca traslazionale, ovvero rapidamente trasferibili dal laboratorio alla pratica clinica. La borsa di studio è stata assegnata a Francesca Pirini ricercatrice del laboratorio di bioscienze Irst Irccs e dell’equipe del gruppo di patologia gastroenterico, attualmente impegnata in uno studio sui tumori colorettali, in particolare sull’identificazioni di nuovi fattori molecolari correlati con lo sviluppo di tumori colorettali familiari.
“Ringrazio sentitamente per questa opportunità e per avermi dato la possibilità di portare avanti questo studio – dichiara la dottoressa Pirini. – Il carcinoma del colon-retto rappresenta la quarta causa di morte più comune per cancro nel mondo ed è in assoluto il tumore a maggiore insorgenza nella popolazione italiana. In Emilia-Romagna rappresenta la neoplasia maligna più frequentemente diagnosticata sul totale dei casi (13%) e la seconda causa di morte. Il 15-20% dei tumori del colon-retto diagnosticati sono definiti “familiari” ovvero pazienti nella cui storia familiare è registrato almeno un caso di tale patologia. Il 4-6% circa dei casi è considerato ereditario, pertanto riconducibile alla presenza di specifiche mutazioni a livello della linea germinale su alcuni geni (MLH1, MSH6 e PMS2) che appartengono al meccanismo di riparazione del DNA. Dalla letteratura sappiamo però che anche geni coinvolti in altri meccanismi di riparazione del DNA sono spesso coinvolti nelle sindromi familiari ed ereditarie oltre a geni oncosoppressori e oncogeni. Lo studio condotto ha quindi lo scopo di valutare la presenza di nuove alterazioni genetiche predisponenti il cancro ereditario del colon-retto, ponendo particolare attenzione ai geni che intervengono nei meccanismi di riparazione del DNA. Ciò potrebbe fornire importanti informazioni circa la carcinogenesi del colon-retto e completare il quadro genetico mancante delle sindromi ereditarie, oltre a fornire maggiori informazioni prognostiche e predittive”.
“Mi unisco ai ringraziamenti – conclude Amadori – e sottolineo che il tema dei giovani è fondamentale. Per questo motivo, infatti, il nostro Istituto ha sposato la politica della loro valorizzazione. Non a caso siamo il primo esempio in Italia ad aver stabilizzato, lo scorso settembre, con contratti a tempo determinato o indeterminato, 92 giovani ricercatori e siamo diventati un modello per il Paese. L’unico modo per rendere continuativo un buon filone di ricerca, infatti, è quello di dare la possibilità di formarsi, anche all’estero, ai giovani meritevoli e poi farli tornare qui per proseguire nel loro lavoro di ricerca, garantendogli una buona occupazione”.