«La morte di 3500 suini non è solo colpa di un impianto che non ha funzionato: è il risultato di un sistema di allevamento privo di senso, nemico degli animali e degli uomini. Da anni ci battiamo contro quei luoghi di tortura definiti allevamenti mentre allevatori e classe politica li difendono ciecamente, nonostante le mille evidenze sulla insostenibilità del modello, sia per motivi etici ma anche e soprattutto per motivi sanitari ed economici. Migliaia di capi sono ammassati gli uni sugli altri, costretti in spazi angusti, volumetricamente insufficienti, in edifici praticamente privi di aerazione, di coibentazione, costruiti all’osso. Basta un nonnulla, che si inceppi qualcosa e la strage è fatta. È il modo stesso di concepire gli allevamenti che è inaccettabile. Gli allevatori sostengono che la legge non lo vieta, e quindi che loro non hanno nulla da rimproverarsi.
Basterebbe però il buon senso per capire che 3500 maiali non possono essere ammassati in spazi così angusti, limitati, mal costruiti, insani. Le autorità politiche dovrebbero intervenire al più presto, la situazione sta avendo conseguenze negative per tutti, anche sotto il profilo della spesa sanitaria: sempre più spesso le più diverse patologie colpiscono questi poveri animali costringendo ad interventi farmacologici che hanno poi pesanti conseguenze sulla salute dei cittadini, costretti a loro insaputa a introitare i metaboliti dei farmaci contenute nelle carni. Tutto ciò provoca contaminazioni ambientali che determinano il formarsi di gruppi batterici resistenti a questi metaboliti, con conseguenze che non siamo in grado di prevedere anche perché questi organismi sono terreno di coltura per virus la cui pericolosità crescente è ormai drammaticamente nota».
Verdi di Forlì-Cesena