Eleonora Mazzoni, attrice e scrittrice

Eleonora Mazzoni

Un’artista a tutto tondo. Attrice, e ora anche scrittrice. Eleonora Mazzoni, forlivese doc che ora vive a Roma per lavoro e motivi affettivi, si è messa in gioco anche come romanziera. Sabato scorso a Forlì, al Centro Culturale San Francesco, c’è stata la presentazione del suo primo libro. “Ho anche venduto i diritti cinematografici del romanzo” spiega con orgoglio Eleonora. È giusto così. Scindere l’Eleonora attrice dall’Eleonora scrittrice è impossibile. Dopo tanta forza d’animo, determinazione, e parecchia gavetta, è una fucina di idee e progetti. L’ultima fatica è il libro: “Le difettose”. Proprio dopo la presentazione della sua prima opera letteraria l’abbiamo intervistata.

Lei è attrice di teatro, cinema e televisione. Come è nata l’idea del suo primo romanzo?

«Mi sembrava di avere una storia da raccontare. La mia. Ma che apparteneva anche a tante, tantissime donne che come me faticavano a fare un figlio, pur desiderandolo molto. Anzi più la realtà diceva di no, più il desiderio si trasformava in ossessione. Più si ricorreva all’aiuto della scienza, ricorrendo alla fecondazione artificiale, e si falliva, più ci si sentiva difettose».

Le difettose è un titolo che di primo acchito sembra un po’ forte.

«È forte. In realtà le donne si sentono spesso difettose. Se poi mancano il compito che è stato loro assegnato da millenni, ecco la tragedia. Si può cadere nella depressione. Addirittura nella disperazione. Però il titolo è anche autoironico. Quando le difettose scoprono che non sono sole ma che, soprattutto online, esiste un esercito di donne con lo stesso problema, un mondo sommerso, potente e vitale capace di aiutare e dare consigli, allora si sfogano, si parlano, chiacchierano sfoggiando un buffo gergo da bambine, un linguaggio, incomprensibile alle non iniziate, che le fa riconoscere. Allora le mestruazioni sono le “rosse” o le “malefiche” o le “maledette”, i ginecologi semplicemente i “gine”, i rapporti mirati “i compitini” o “le maratonate”, dopo il transfer degli embrioni “si fa la cova” e al decimo giorno poi si comincia a “sticcare”, non si rimane incinta ma si becca la cicogna, detta anche, con un po’ di disprezzo per le sue latitanze, “la pennuta”, però quando la si becca si diventa carne della sua carne e ci si incicogna. Ecco “difettose” è un termine che nasce all’interno di questo clima».

È quindi un romanzo autobiografico?

«Il romanzo nasce da un’esperienza personale. Mi sono ad un certo punto ritrovata molto “esperta” degli aspetti emotivi e psicologici legati alla maternità: sperare di rimanere incinta, non riuscirci, intraprendere un percorso di fecondazione artificiale, fallirlo, scoprire di aspettare un bambino ma improvvisamente perderlo. Però poi ho inventato tutti i personaggi e molte situazioni. E’ insomma stata la fantasia a guidarmi».

Lei afferma che “parlare di procreazione assistita è praticamente impossibile in Italia. Ti guardano male”. Come si supera questo scoglio?

«Sembra tautologico ma parlandone. Comunicare è la prima cosa. Sapere, informarsi, conoscere. Perchè è l’ignoranza che crea false paure e anche false speranze (la fecondazione soprattutto dai 35 anni in poi ha percentuali di successo molto basse)».

Molti non sanno che la fecondazione assistita ha tassi di successo molto bassi. E spesso le batoste, come lei ha dichiarato, possono minare l’equilibrio della donna e l’unione stessa con il proprio partner. Secondo la sua esperienza è più frequente subire le batoste o vincerle?

«È più frequente vincerle. Le donne sono forti. Testarde. Se si mettono in testa una cosa (soprattutto di fare un figlio) spesso la perseguono ad ogni costo. Rimane sempre l’imponderabile, quel mistero nella riuscita, che non è in nostro possesso. I latini, tanto amati da Carla, la mia protagonista lo chiamavano fortuna. Ma si sa. La fortuna aiuta gli audaci. E le donne lo sono».

Quando lei dice “Aiutare a fare un percorso di saggezza “ cosa vuole dire?

«Voglio dire che spesso l’ossessione può spolpare la vita, rendendola vuota. E allora anche se si vince, si rimane infelici. Seneca insegna a diventare padroni di se stessi. Di non cercare soddisfazione in eventi esterni, seppure meravigliosi come un figlio. La vera gioia nasce dentro di sè. Senza motivi esterni. Quasi insensatamente. E soprattutto consiglia di ancorarsi al presente. Di partire dal qui ed ora. Senza sfrenare il desiderio che ci porta lontano, in un futuro che sfugge al nostro possesso».

Lei vive a Roma. Torna spesso a Forlì?

«Torno spesso. Troppo poco rispetto a quello che vorrei. Sono molto legata alla mia terra, che ho fatto fatica, tanti anni fa, a lasciare. E se ci sono riuscita è stato perchè recitare era una vocazione fortissima».

Per quanto riguarda invece la sua carriera di attrice quali sono i suoi attuali impegni e quali i progetti futuri?  Numerose anche le fiction televisive a cui ha preso parte, tra cui Elisa di Rivombrosa, Il giudice Mastrangelo, Il bambino sull’acqua, Il commissario Manara. Ce ne saranno altre?

«Per il momento ho dovuto prendere una pausa. Mi stanno assorbendo completamente i miei 2 bimbi di 5 mesi e mezzo e l’uscita del libro (per il quale sarò impegnatissima nei prossimi mesi, oltre che con interviste in Tv, radio e sui giornali anche con presentazioni in giro per l’Italia, una specie di vera e propria tournè). Però ritornerò. La recitazione non l’abbandono. Così come la scrittura. E forse le 2 cose si potranno anche incrociare. Ho appena venduto i diritti cinematografici del romanzo».

Tommaso Di Lauro

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