Ancora lontane in termini cronologici, si svolgeranno, infatti, a maggio del 2019 le prossime elezioni amministrative nel forlivese per il rinnovo di sindaci e giunte, oltre che del consiglio regionale, sono, però, già entrate nella vivacità politica, ma pure psicologica ed emotiva, di chi ambisce ad una candidatura, ma soprattutto alla propria riconferma di sindaco oppure di assessore.
Nel secondo caso occorre, poi, tener conto dello stato crescente di ansietà, preoccupazione, quasi di sgomento di quanti, in caso di mancata riconferma, resterebbero disoccupati senza più il mensile “pane della politica”, spettante ai sindaci, agli assessori comunali o regionali.
“Di cosa campo, se non mi rieleggono?” è il tormentone di coloro che, disoccupati a vario titolo e da tempo senza arte né parte, non saprebbero davvero che fare per mettere assieme quel pane con companatico che sinora la politica ha loro fornito con un incarico amministrativo, remunerato e ricco di benefit.
Subito dietro a questa pletora di “miracolati” segue la schiera di quei lavoratori che, beneficiando dell’aspettativa per mandato amministrativo, proprio non se la sente di tornare ad una monotonia lavorativa, segnata dalla timbratura del cartellino e dalla clessidra di un orario di servizio.
I più accorti e previdenti tra tutti questi beneficiati dalla politica si sono mossi per tempo alla ricerca di una prospettiva lavorativa nel “mare magnum” del sistema cooperativo e delle organizzazioni collaterali ai partiti e ai sindacati ovvero un posto sicuro, ben retribuito, soprattutto non oberato da troppo impegno e responsabilità.
Ma la pacchia pare finita anche nell’ambito di questo sottogoverno della politica locale e regionale, troppi cani intorno all’osso: una fonte attendibile mi riferiva, giorni addietro, che, se in una qualunque sigla cooperativa si comandasse al personale di sedersi alla propria scrivania, allora si scatenerebbe la corsa precipitosa alle postazioni di lavoro e tantissimi resterebbero in piedi perché assunti in esubero rispetto alle necessità, pur di soddisfare questo o quel partito. La situazione è drammatica: non si può più contare nemmeno sul pane della politica!
Basta un volo d’aquila sul territorio forlivese, da Bertinoro a Forlì, da Predappio a Meldola e così via per accorgersi quanti, tra sindaci e assessori, rischino di restare disoccupati o tornare al loro lavoro, ivi comprese certe signore assessore dal fascino biondo o intellettuale radical chic. Quanti politici precari, poverini!
Uno si consacra al servizio delle comunità e, poi, viene ripagato con un calcio nel di dietro: torna disoccupato o, addirittura, al suo lavoro! Eppoi, vogliamo o no calarci anche nei panni di qualche sindaco che, non più rieleggibile, è costretto, che so, a tornare ad insegnare a delle capre di studenti anziché essere ricompensato con la presidenza od un incarico dirigenziale ai vertici di un’impresa di servizi, magari nel settore della raccolta rifiuti?
L’ordine è categorico e disperato: si salvi chi può a qualunque prezzo e con qualunque mezzo!
Soprattutto alle prossime elezioni comunali nasceranno liste, listerelle e combriccole varie, tutte per sostenere una maggioranza che possa ancora assicurare il pane della politica.
I nuovi o risorti protagonisti della politica locale e, ancora di più, nazionale mettono paura, ma per i “mangiapane” è davvero faticoso e difficile nascondere i propri timori personali, tanto interessati ed egoistici, dietro la propaganda parolaia dello spread in ascesa, del fascismo che torna, dei migranti respinti, del cambiamento solo annunciato, ma mai progettato.
Scusate l’espressione, ma mi paiono solo politicanti che fanno i froci col culo altrui!