Ragni: “Il primo atto in caso di mia elezione il progetto per la definizione del limite fra Emilia e Romagna”

Fabrizio Ragni in ufficio

In caso di vittoria del centrodestra e di mia elezione in assemblea legislativa regionale il mio primo atto da consigliere sarà la presentazione del progetto di legge per la definizione del limite fra Emilia e Romagna. Un testo di appena quattro articoli che definisce i limiti territoriali, elenca e divide i Comuni romagnoli da quelli emiliani e indica le azioni di tutela che la nuova Regione Romagna dovrà e potrà attuare per valorizzare l’autenticità e la specificità dei propri prodotti con apposite norme ed atti amministrativi, coinvolgendo anche i Comuni e gli enti territoriali. Questo è il mio impegno solenne che assumo fin da oggi come priorità del mio mandato amministrativo”: questa la promessa di Fabrizio Ragni, coordinatore comunale forlivese e candidato nel collegio di Forlì-Cesena alle elezioni regionali del 26 gennaio 2020.

Un proposito rimarcato direttamente alla presenza di una delegazione del Mar-Movimento per l’autonomia della Romagna composto da Samuele Albonetti, coordinatore regionale, Luigi Scomparcini, vicecoordinatore regionale, e dai membri del comitato regionale Pietro Bisoni e Francesco Scaramuzzo.
Ragni ha condiviso una battaglia che prese avvio fin dal 1990 con l’iniziale obiettivo del Mar di dar vita alla Regione Romagna attraverso l’iter legislativo previsto dall’articolo 132 della Costituzione italiana che prevede la creazione di nuove regioni con una popolazione minima di un milione di abitanti, tramite referendum consultivo e l’appoggio di consigli comunali che rappresentino almeno un terzo delle popolazioni interessate.
In tutti questi anni, durante gli eventi del Mar nelle varie piazze della Romagna, sono state raccolte più di 90.000 firme di cittadini che chiedono il distaccamento dall’Emilia.

La regione Romagna esiste già nel cuore degli abitanti di Forlì, Cesena, Rimini, Ravenna, Lugo, Faenza e Imola. E al primo articolo del progetto di legge che presenteremo se ne delinea con estrema precisione il limite territoriale. Un’area definita dall’intero corso del torrente Sillaro, fino alla confluenza nel fiume Reno e da questa confluenza a ridosso della località Ponte della Bastia, nel Comune di Argenta, proseguendo lungo l’antico corso del Po di Primaro che coincide oggi con la strada provinciale SP10 Filo – Longastrino, e al termine di questa in località madonna del Bosco proseguendo lungo il corso del fiume Reno, quando scorre a ridosso della parte meridionale delle valli di Comacchio, fino a giungere alla propria foce”: spiega Fabrizio Ragni.

Fino alla Seconda guerra mondiale, più precisamente fino al 1948 quando venne promulgata la Costituzione Italiana, non si parlava di Emilia-Romagna ma di Emilia e Romagna. La terra romagnola è sempre stata conosciuta come Romagna “e basta” fin dal tempo dei Longobardi. Ma chiediamo più autonomia non solo per motivi storico-culturali ma anche politici. L’Emilia ha sempre privilegiato in ogni circostanza la sua parte nelle decisioni che prevedevano finanziamenti e sostegno alle opere infrastrutturali, di viabilità e trasporti rispetto a quella romagnola. Solo per fare alcuni esempi: per anni le linee ferroviarie dell’alta velocità hanno escluso la Romagna fermandosi a Bologna. I due principali aeroporti romagnoli, quelli di Rimini e Forlì sono ben lungi da poter competere con l’aeroporto di Bologna, e c’è disparità nel trasferimento delle risorse: per il Ridolfi s’è passati da 12 milioni e 10, meno di quanto garantito a Parma. Il Pd locale e regionale è contrario alla Via Emilia Bis ed al nuovo collegamento Forlì-Ravenna. Così non si può andare avanti…”: afferma il candidato di Forza Italia alle elezioni regionali.

Non c’è equità nel riparto delle risorse e nei trasferimenti tra Emilia e Romagna. Facciamo soltanto un esempio: il turismo ha portato nel 2017 nelle casse regionali dell’Emilia-Romagna 14,6 miliardi pari all’11,8% del totale regionale e per ogni 100 euro spesi in attività turistiche dirette ne vengono generati altri 85 a vantaggio di attività che beneficiano dei flussi turistici. In tutta la Romagna l’occupazione turistica supera il 22% , mentre in Emilia meno del 6%. In termini di prodotto interno lordo il turismo costiero, dunque prevalentemente romagnolo procura l’80% dell’intero Pil regionale, ma dalla Regione arriva alla Romagna meno del 50% delle risorse trasferite. Chiediamo il riequilibrio. E se gli elettori ci daranno fiducia porteremo questa battaglia direttamente in assemblea legislativa regionale”: assicura Fabrizio Ragni.

Su scala nazionale, per godere di una maggiore autonomia legislativa e organizzativa in alcuni ambiti (lavoro, scuola, sanità e vincoli di spesa), la stessa Regione Emilia-Romagna (con Lombardia e Veneto) ha firmato un’intesa con il Governo. Un confronto che dovrà ripartire col nuovo anno. “E noi chiederemo di ridiscutere la questione che più ci sta a cuore: portare le città romagnole entro un unico territorio che ne valorizzi l’identità, le risorse e i suoi primati”: conclude Fabrizio Ragni.

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