Il complesso edilizio, composto dal monastero e dalla chiesa di Santa Maria della Neve, divenne Distretto Militare e caserma “Fulcieri Paulucci di Calboli” in seguito alle soppressione degli ordini religiosi decretate nel 1797 da parte delle truppe napoleoniche. A questa funzione assolveva durante il Secondo conflitto mondiale quando il bombardamento alleato del 19 maggio 1944 lo distrusse quasi totalmente.
In quell’occasione una formazione di 32 bombardieri sganciò il suo carico di bombe sulla stazione ferroviaria colpendo la circostante zona industriale, la barriera San Pietro, via Vittorio Veneto, vicolo Monti, via Ravegnana. Altre bombe caddero sulla caserma dei carabinieri in borgo san Pietro, in via Panieri, sul viale Duca d’Aosta (l’attuale viale Matteotti), dove un tratto di binario arricciato si raddrizzò appoggiandosi al tetto di una delle case operaie.
Il bilancio fu di 125 morti civili, 16 militari; 430 feriti civili e 25 militari; 32 case distrutte, 22 danneggiate. Subito dopo i cittadini iniziarono a sfollare verso la campagna.
Un’immagini scattate nei giorni successivi a quel drammatico avvenimento, che qui viene pubblicata, può dare la dimensione della devastazione compiuta. Sono certo sia inedita perché non era di mia conoscenza e non l’ho mai trovata pubblicata in nessun libro dove si racconti la storia della città di Forlì durante il Secondo conflitto mondiale.
Lo scenario che si presentò agli scampati a tale carneficina è ben riassunto dalla foto in questione. Del notevole complesso che occupava una vasta zona (corrispondente oggi alle aree dove insistono l’ex scuola media “Piero Maroncelli”, il parcheggio di piazza Monte Grappa, via Paolo Bentivoglio e il Famila Market) rimase in piedi l’abside della chiesa e qualche muro perimetrale. Tra le macerie si scavò alacremente alla ricerca dei corpi dei morti. Chi scava è sorvegliato da alcuni soldati tedeschi. Non manca chi desolato osserva la tragedia appena consumata, che in quei mesi fu una prassi costante.
Cosa resta oggi? A seguito del restauro compiuto nel 2006, su progetto dell’ingegner Maurizio Berlati, è visibile una parte di muro esterno dell’ex abside che è diventato la facciata principale di un superamento, insediato nell’area anticamente occupata dalla chiesa, e una porzione di muro nell’adiacente parcheggio, lungo viale Vittorio Veneto. Inoltre esiste ancora un varco a esedra, con due colonne sormontate dai caratteristici pennaccoli, un tempo uno degli accessi all’antico monastero, da via Felice Orsini.
Questi ultimi due manufatti, la porzione di muro e il varco a esedra, furono restaurati su interessamento di chi scrive una ventina di anni fa. In qualità di assessore del Comune di Forlì impedii dapprima il loro abbattimento e poi trovai la strada per valorizzarli per mantenere una testimonianza di quello che la zona ha significato per la città.
Una dimostrazione che anche la più grande tragedia lascia sempre qualcosa da cui poter ripartire. Lo fecero i nostri familiari dopo il 25 aprile 1945, dobbiamo farlo noi oggi, in condizioni di sicurezza, per combattere un nemico invisibile che fiacca e uccide gli uomini. Allora era sicuramente peggio perché anche le strutture, le fabbriche e una parte degli edifici erano stati distrutti.
Gabriele Zelli