Dietro la realizzazione di una mostra storico-documentaria c’è davvero tanta cura: ideazione, ricerca e documentazione, allestimento, promozione, infine supporto illustrativo ai visitatori.
È un lavoro che deve raggiungere contemporaneamente due obbiettivi: innanzitutto, l’obbiettivo intrinseco della “culturalità” ovvero di un’espressione culturale approfondita, imparziale e libera; poi, se possibile e/o necessario, l’obbiettivo estrinseco della “economicità” ovvero di un ritorno economico, perlopiù con il pagamento di un biglietto di visita, per coprire le spese sostenute.
Eppure, un evento culturale, pur costruito con tanta attenzione, ha pieno successo solo se risulta culturalmente “attrattivo” ossia capace di suscitare interesse o voglia di conoscenza e confronto oppure semplice curiosità, magari, perché no, anche soltanto un certo fascino sul possibile visitatore.
Tale capacità attrattiva, nel caso di una mostra storico-documentaria, si realizza esclusivamente con la novità o la riconsiderazione, a distanza di tempo, di un evento o di un personaggio storico, ammesso che la mostra proposta sia capace di storicizzare gli eventi e i protagonisti della storia: diversamente si finisce nella trita tiritera di cose ormai stranote, solo minutaglia storica, spesso di sapore aneddotico o, addirittura paesano.
Alla luce di queste considerazioni la mostra storica “Badoglio telegrafa. Il sogno africano dell’Impero, 1935-36”, ora allestita, dal mercoledì alla domenica, sino al 30 agosto a Predappio al pianterreno di Casa Mussolini, si conferma davvero molto attrattiva, come risulta dal successo di tanti visitatori che, oltre ogni previsione, hanno ampiamente smentito tanti menagramo, locali e nazionali, “Intellettuali del piffero” od esponenti della “Ignorantocrazia”, due definizioni ad hoc, in prestito dai titoli di due meravigliosi saggi, rispettivamente di Luca Mastrantonio e Gianni Cavina.
In nemmeno due mesi di apertura dal 20 giugno scorso, continuando così l’afflusso dei visitatori, “Badoglio telegrafa..” ha fatto e farà un bel botto, superando la frequenza media giornaliera e quella cumulativa di ogni altra precedente mostra storica, svoltasi sinora a Predappio.
Lo scrivo con la soddisfazione, pure l’orgoglio di aver allestito con l’amico Franco Nanni questa mostra che, al pari delle altre 56, d’iniziativa pubblica o privata, da me sempre ideate, seguirò con tanta premura sino alla fine, quasi fosse una creatura da accudire e sostenere sino all’ultimo.
Ormai un anno fa decisi di occuparmi della Guerra d’Etiopia, guerra fascista per eccellenza, quindi argomento di dispute divisive, solo una mostra fotografica, anni fa a Napoli, con gli scatti realizzati da un giovane tenente medico: così, con Nanni ho costruito un percorso espositivo ricco di immagini, illustrato da testi contenuti, ma chiari, infine arricchito dal valore di cimeli tanto rievocativi, insomma un percorso da “sfogliare” agevolmente come un rotocalco storico oppure da percorrere con maggiore e particolare attenzione.
Il successo di “Badoglio telegrafa….”, decretato dai visitatori, significa, però, come la mostra abbia anche saputo mettere in pratica un obbiettivo molto importante: quello di storicizzare la Guerra d’Etiopia, valutandola nel contesto politico, sociale culturale del suo tempo, dunque mostrandone tutta la realtà fattuale, comprese le conseguenze della politica razziale italiana.
“Badoglio telegrafa…” ha anticipato e risolto quanto in questi giorni è oggetto di sbadiglievole discussione sotto l’ombrellone per la lettura della cronaca romagnola: cosa mettere dentro la ex Casa del Fascio di Predappio, una volta terminatone il recupero. Centro Studi sul ‘900 o, meglio, Centro Studi Internazionale sul ‘900, tanto per rinverdire tra le attuali destra e sinistra, il confronto divisivo tra gli orrori del fascismo e del comunismo?
Lo storicismo, quale orientamento del pensiero e metodo d’indagine storica, implica già l’internazionalità, intesa come generalità d’indagine sulla storia mondiale del ‘900, ma questo, ovviamente, è ignoto ai politici che, quindi, parlano, propongono e sottilizzano a vanvera!
Ai due organizzatori “Badoglio telegrafa…” è costata lacrime e sangue, per dirla con le parole di W. Churchill il 13 maggio 1940: tanta è l’ottusità di taluni autorevoli saputelli di paese con l’audacia di solcare il mare della cultura.
Perché ritenuto “nostalgico” e divisivo, si è dovuto, persino, cambiare il titolo principale, inizialmente proposto, “Faccetta nera….” in “Badoglio telegrafa…, quasi il secondo non richiamasse una terribile, divisiva guerra fratricida tra italiani!
Incredibile, ma vero! Eppoi, eppoi e ancora eppoi!
Assieme a Nanni sono convinto di aver offerto e offrire ai tanti visitatori, provenienti da tutta Italia, un evento di buon spessore culturale; con Nanni penso di aver ravvivato la cultura predappiese, da tempo senza bussola e meta; con Nanni ho lavorato senza nulla pretendere perché una terribile epidemia ha già tanto preteso da Predappio in termini di dolore e sofferenza.
A entrambi sia consentito un peccato d’orgoglio: “D’Emilio e Nanni telegrafano. Il loro sogno si è compiuto!”
Franco D’Emilio