È stato un amico dentista ad avvertirmi della pubblicazione del programma del “Festival Caterina di Forlì. Accento di libertà” sul sito del Comune di Forlì e, quasi con l’orgoglio di essere il cerbero custode della mia dentatura, non ha trovato nulla di più appropriato che dirmi: – Dacci un’occhiata, è roba per i tuoi denti! – Così mi sono stampato e letto le due pagine del programma, restando incredulo che tanto ardito, ma maldestro e raffazzonato, progetto potesse onorare Forlì, città universitaria d’arte e di cultura, come recita una scritta a piè della prima pagina. Programma maldestro, quindi, perché messo su malamente; raffazzonato perché compilato sul filo dell’approssimazione e di forzati accostamenti o funamboliche similitudini su Caterina Sforza o tra vicende e personaggi della più recente storia nazionale e della Romagna forlivese.
Inopportuna, innanzitutto, la definizione di festival, data alle tre giornate dal 17 al 19 settembre prossimi: per festival si intende, solitamente, una manifestazione artistica che rassegni al pubblico opere teatrali o cinematografiche o musicali, a Forlì, invece, con questo tributo a Caterina Sforza si mettono assieme una lettura-spettacolo, una serata inchiesta, infine una serata conclusiva sulle idee e i progetti per la cultura a Forlì, sicuramente una lacuna da colmare al più presto. Quindi, quale festival? Meglio parlare, magari, di Giornate Caterina di Forlì, più appropriato e meno pretenzioso!
Veniamo ai dettagli. Della prima serata colpisce la correlazione, addirittura l’analogia tra la figura di Caterina e le donne odierne con le loro problematiche politiche, sociali e di costume: davvero un’operazione ardita, sicuramente possibile, ma solo su concetti molto vaghi e generici, quindi fragili; peccato che di mezzo ci sia il cammino di secoli di storia, tale da mandare all’aria anche il pensiero vichiano di corsi e ricorsi storici. Poi, è chiaro si può dire tutto, un po’ come se si paragonasse il volo di Icaro nell’ambito del moderno volo aeronautico!
Seconda serata con un’inchiesta all’insegna del dramma della libertà e del potere con un pot-pourri veramente spudorato: per la comune origine forlivese si mescola Mussolini e il brigatista Senzani; poi si rievoca l’amicizia, quasi da vecchi amiconi, tra il duce e Nenni, nonostante, in seguito, la storia tra i due sia andata diversamente e soprattutto con il secondo sempre in fuga perché duramente perseguitato dal Fascismo; in chiusura il coup de théatre che accomuna la fine tragica di Silvio Corbari e Iris Versari a quella di Mussolini e Claretta Petacci. Il cerchio si chiude sulle BR giustiziere del mite prof. Roberto Ruffilli.
La terza serata chiude il sedicente festival con un video e un intervento dell’Assessore alla Cultura, Valerio Melandri sul futuro, sinora molto futuribilmente lontano della politica culturale forlivese.
Insomma, è un programma che manomette la storia, nel quale si respira aria di revisionismo, certo bonario, ma pienamente tale, si gioca con azzardate, direi irresponsabili, similitudini storiche, soprattutto si manifesta la voglia di uscire fuori da ogni storicizzazione degli eventi.
Mi dispiace dirlo, quale elettore di questo sindaco, ma se tale programma voleva dimostrare di volare alto, allora risulta solo il vano tentativo di volo di un comune gallinaceo da cortile.