Ormai, sono davvero tanti i negozi che hanno cessato l’attività commerciale nel centro di Forlì, sicuramente ben oltre quei 120 esercizi, quali risultavano già nella seconda metà dello scorso mese di settembre. Tante le vetrine con il cartello “cessata attività” oppure “vendesi” o “affittasi”, magari tappezzate dall’interno con fogli di carta bianca per nascondere la tristezza di locali desolatamente vuoti e abbandonati all’incertezza del futuro.
Una crisi, questa, che non esclude nemmeno il mercato ambulante, da sempre sinonimo di risparmio per il consumatore, ma adesso con numerosi, crescenti vuoti nella disposizione delle bancarelle.
Così, il centro storico forlivese si svuota di commercio e servizi, di residenti e di vita sociale, risultando sempre meno vivibile e attrattivo: inesorabilmente il cuore della città non è più luogo apprezzabile di mercato tra la domanda dei cittadini e l’offerta dei commercianti, infatti tale attività si sposta in modo crescente nelle grandi aree commerciali, dotate di ampi spazi, ideali per accogliere supermercati, negozi, ambulatori medico-dentistici e quant’altro possa servire alle necessità quotidiane dei forlivesi.
Grandi società, pure con capitale straniero, niente affatto al sicuro dal rischio di possibile riciclo di danaro sporco, investono in queste estese aree, dove i costi di locazione degli spazi sono così alti da risultare accessibili solo da parte di operatori commerciali, perlopiù di carattere nazionale, comunque capaci di rispondere alla domanda con l’offerta di prodotti e servizi a prezzi davvero concorrenziali.
Come tutti i centri storici, lo impone il rispetto della loro memoria storica e architettonica, pure quello forlivese non può garantire simili spazi per la promozione e la soddisfazione dei bisogni della comunità, quindi il piccolo e disseminato commercio cittadino al dettaglio viene battuto sia sul piano dei prezzi sia sul piano della disponibilità dei prodotti che, fra l’altro, nei centri commerciali sono più numerosi e diversificati per qualità, marchio, prezzo ovvero modulati sull’arco esteso e variabile del potere d’acquisto dei cittadini.
L’unica alternativa ai grandi centri commerciali è costituita dal commercio elettronico di Amazon e simili: quest’ultimi vendono beni sulla base di informazioni di reclame in rete, gli altri vendono sulla visione e l’apprezzamento diretto del prodotto. Dunque, due strategie commerciali diverse, ma mai concorrenziali tra loro.
Adesso, in presenza di una persistente crisi economica, aggravata dalla disoccupazione, dalla contrazione delle esportazioni, infine dai costi della terribile emergenza Covid, si registra una notevole riduzione della domanda ovvero si spende meno, si risparmia il più possibile, quasi che nel timore di un immediato futuro, incerto e duro, valga la pena tirare la cinghia e tirare a campare con accortezza: è la conferma di un comportamento del consumatore italiano, ormai chiaro e in crescita sin dal 2018. Eppure, nonostante questo dato indicatore, continua ovunque, Forlì compresa, la proliferazione di centri commerciali, come se il bacino della domanda e del potere d’acquisto non risultasse minimamente intaccato, quindi fosse in attesa di soddisfazione da parte di ampia offerta commerciale.
Qualcosa non quadra, l’espansione della grande distribuzione, in realtà, punta all’edificabilità delle aree circostanti, quindi a nuovi insediamenti residenziali, il che significa la strategia di una diversa e diffusa urbanizzazione policentrica dove il momento culturale unificante del centro storico viene sostituito dalla strategia speculativa per la soddisfazione consumistica di beni e servizi.
Dietro la battaglia per nuovi centri commerciali si nasconde il mostro di tanta speculazione edilizia e la colata di tanto cemento armato. Muore, così, il centro storico di Forlì, ormai già solo simulacro del passato e teatro di desolante “movida” per incontrarsi senza conoscersi.
Occorre urgentemente, il momento è davvero grave, recuperare un piano concreto, fattivo, ben congegnato di recupero del centro storico cittadino, magari anche stabilendo innovative modalità e finalità di vita. Ben vengano nuovi boschi a Forlì, ma almeno che tali alberi possano dare ombra ristoratrice ad un nuovo umanesimo forlivese.
Franco D’Emilio