“… Chiede al giudice per le indagini preliminari disporsi l’archiviazione del procedimento per l’infondatezza della notizia di reato” questa la motivazione con la quale il 12 gennaio scorso un Sostituto Procuratore della Repubblica del Tribunale di Forlì ha concluso di rigettare la querela della sindaca di Galeata, Elisa Deo, per il reato di diffamazione (art. 595 co. III c.p.) contro la mia persona e ben otto miei complici, io quale autore dell’articolo “La gaffe della Sindaca di Galeata”, pubblicato il 10 gennaio 2019 sui giornali online “4live.it” e “RomagnaUno.it”, tutti gli altri, invece, quali colpevoli di commenti a detto articolo, postato su Facebook, commenti ritenuti lesivi della reputazione e dell’immagine della Prima Cittadina.
Va ricordato come tale querela fosse già stata oggetto di una precedente richiesta di archiviazione alla quale la sindaca Deo, avvalendosi di una facoltà riconosciutale a norma di legge, si era opposta, ottenendo, fra l’altro, un supplemento di indagini da parte degli organi di Polizia Giudiziaria. Dunque, nuove indagini, nemmeno io fossi un temibile pericolo pubblico, una sorta di John Dillinger nell’America della Grande Depressione, a capo di una banda di 8 complici, come me attentatori con le parole della intangibile sacralità istituzionale della Sindaca di Galeata: lapidaria la conclusione del magistrato per rilevata “infondatezza della notizia di reato”, quindi nessuna diffamazione, tanto più dopo quanto ampiamente considerato, ritenuto e rilevato dallo stesso magistrato.
Mi preme evidenziare come, secondo la giurisprudenza (art. 408 co. 1 c.p.p.) si parli di “infondatezza della notizia di reato” qualora i magistrati non giungano a possedere elementi utili a sostenere l’accusa in un processo penale, magari col rischio di incorrere in una “sentenza di non luogo a procedere” o in un’assoluzione degli accusati per “mancanza di elementi probatori”. Dunque, una perdita di tempo, per noi accusati una gran “rottura di cabasisi” per dirla con le parole del commissario Montalbano dalla penna del grande Camilleri. Lo ammetto, per me e i miei efferati complici sono stati mesi di ansia e grattacapi per avvocato; doppiamente, poi, abbiamo dovuto pagare le spese legali di questa disavventura: direttamente, dalle nostre tasche abbiamo cavato e caveremo ancora l’onorario per il nostro valente legale; indirettamente, come cittadini, fiscalmente partecipi dell’erario, quindi anche dei finanziamenti al Comune di Galeata, abbiamo pagato e pagheremo ancora le spese legali, sostenute dall’Amministrazione Galeatese a tutela della figura del proprio sindaco dietro apposita delibera della giunta comunale!
Davvero facile trascinare così in tribunale per diffamazione ogni minimo stormir di fronda dissonante, critico verso il pensiero unico, il solo ammesso, auspicato dalla Prima Cittadina ovvero il proprio: chi dissente zitto e mosca! Non so e non mi interessa se ancora la sindaca di Galeata voglia cocciutamente opporsi alla richiesta di archiviazione, invece a me e ai miei complici preme che ora la riconosciuta infondatezza del reato addebitatoci diventi subito motivo della nostra accusa di calunnia alla sindaca che tanti querela e ammonisce, forse confondendo il personale piglio da “azdorina” romagnola con quello più regale, come sarebbe nei suoi desideri, di zarina della Val Bidente.
La Prima Cittadina ha mosso un’accusa infondata, ha leso il diritto di opinione, di critica di alcuni cittadini, soffocandone la voce sotto il peso di un’azione legale, ha leso l’onore di gente da sempre onesta, trasparente. Si è atteso a lungo, ora è tempo di “redde rationem”, che inizi la resa dei conti.
Il mio articolo sotto accusa, pubblicato su “4live.it” e su “RomagnaUno.it”, e i commenti dei miei complici non sono affatto un’aggressione gratuita alla sfera morale altrui, quindi della signora Sindaca, ma devono intendersi, come ha scritto il magistrato nella sua richiesta di archiviazione, affermazioni “ampiamente coperte dall’esimente del diritto di critica”.
Dunque, alla sindaca non resta che sognare in un ripristino dell’antico reato di “lesa maestà”, intanto rifletta sulle parole di Immanuel Kant: “L’uomo saggio può cambiare idea, il testardo mai”!
Nel frattempo, rimetto alla Prima Cittadina un messaggio a lei certamente non sconosciuto, considerata la sua militanza politica: “Stia serena!”.
Franco D’Emilio