Quarantuno anni non bastano per meritarsi una biografia o, addirittura, scriversi un’autobiografia, in quest’ultimo caso davvero col rischio di peccare di presunzione e suscitare l’ostilità del lettore: ancora tante e impegnative possono essere le prove della vita personale nel lavoro e negli affetti, nelle gioie e nelle avversità.
Così, consapevole di questa sua condizione, 41 anni compiuti lo scorso febbraio, Giorgia Meloni, leader politico di Fratelli d’Italia, nel suo “Io sono Giorgia”, ormai alla V edizione, edito da Rizzoli e da giorni in testa alla top ten dei libri più venduti in Italia, ha deciso di trarre solo un bilancio di questi primi otto lustri della sua vita di donna e cittadina, infine di protagonista della politica: sempre con schiettezza e, all’occorrenza, con comprensibile orgoglio, soprattutto sulla sua tenacia di non aver mai derogato dalla coerenza con gli ideali e i principi, i fini e le speranze che hanno animato e animano il suo impegno.
Un bilancio, dunque, provvisorio, ma promettente dei primi quarant’anni della Meloni, certo ben diversi, perché non vissuti nella bambagia, da quelli raccontati tempo fa da Marina Ripa di Meana, trascorsa protagonista della vita mondana della capitale. Quest’ultima ha raccontato principalmente il suo personaggio, Giorgia, invece, narra solo ed esclusivamente sé stessa nel suo divenire, nella sua formazione, nella prova, spesso dura, degli affetti e delle amicizie. Quelle di Giorgia, la chiamo così per restare sul fil rouge del racconto sulla donna e mai sul personaggio pubblico, sono 327 pagine che sfogliano intimità, pensieri, anche ferite dell’animo, ma restano sempre lievi, quasi Giorgia cercasse di evitare che le sue parole possano diventare pietre.
Di carattere forte, insomma “capatosta”, pur se timida sin da piccola, la nostra Giorgia si muove determinata, ma sempre cauta e rispettosa degli altri: certo soffre del parziale, poi scomparso affetto paterno; assiste all’impegno e ai sacrifici della madre con due bambine da tirare su tra mille difficoltà, non ultima la casa; però sorride alla fortuna di avere familiari vicini, comprensivi della situazione sua e della sorella Arianna; trova in tante amicizie e in tanti sodali di idee la spinta per motivare la propria vita sino a scelte sempre chiare, trasparenti, univoche.
Capisco di poter suscitare qualche battutaccia avversa, ma devo dirlo: “Giorgia non ha mai mollato e la vita, in fondo, non ha mollato lei, l’ha ripagata della sua costanza”.
Alla fine “Io sono Giorgia” l’ho letto di corsa, trascinato di pagina in pagina, nonostante sull’introduzione la mia lettura fosse ancora mossa dalla curiosità e da un briciolo di scetticismo: vediamo, questa, cosa ci racconta!
Invece, è valsa davvero la pena leggerlo, anche per il piacere di scoprire quanto Giorgia sia diversa da come molti hanno avuto spesso la pretesa di raccontarla, pure con fini infidi. A me, ormai, nell’autunno della vita, quindi solo saggio, pur se caustico nella mia indole di maledetto toscano, questa giovane Giorgia ha regalato attimi di commozione, ha strappato anche qualche risata, tutto di un gusto che da tempo mi era ignoto, ancora di più ad opera di politici.
Penso a quando la nostra Giorgia dice chiuso ogni suo pensiero sul padre che l’ha rifiutata, e, poi, anche in questa circostanza la misura, la giustapposizione, la catena delle parole non sa nascondere che, in realtà, pur con tanta sofferenza, il padre è ancora vivo nel suo cuore; penso ad un incontro con il suo Andrea, premuroso di toglierle di mano la buccia di una banana, da lei mangiata nell’attesa di andare in onda in un programma televisivo, forse timoroso di qualche possibile agguato vignettistico; penso al lungo elenco di amici di idee, di militanza, spesso dentro sezioni di partito senza neppure un servizio igienico, tanto da essere costretti a raggiungere il bagno di un vicino distributore di benzina.
Giorgia ama il suo partito, conosce ogni piega del carattere degli uomini e delle donne di Fratelli d’Italia, si percepisce la sua sofferenza per le vicende conclusive della carriera politica di Gianfranco Fini, suo grande sostenitore.
“Io sono Giorgia” racconta grandi temi della politica nazionale ed estera, non evita di pronunciarsi sulla necessità attuale di una destra moderna, lontana da nostalgie o conservatorismi insensati; discute di una gestione del problema immigratorio che sia concretamente ragionata e di prospettiva negli interessi nazionali e di tutta l’Europa, infine, ribadisce il valore dell’identità nazionale, culturale dell’Italia, anche in rapporto alla sua tradizione cattolica.
Non manca, però, la donna che dichiara il suo amore per Andrea, compagno di vita e padre della sua Ginevra, che già a tre anni riconosce il tricolore come “la bandiera di mamma”.
Sulla rete ho trascorso del tempo ad ascoltare o leggere discorsi, interventi, interviste di Giorgia col preciso intento di verificare che il libro fosse davvero farina del suo sacco, del suo sentire, del suo linguaggio: non sono rimasto deluso.
Non ho avuto alcun interesse a scrivere bene di questo libro, da parte mia il riconoscimento è dovuto per lo spessore del racconto e del contenuto di idee: è la storia di una donna, in questo caso romana e del quartiere popolare della Garbatella, ma non dissimile da una milanese di porta Vittoria, da una fiorentina di S. Frediano o una napoletana del Vomero, insomma una splendida italiana.
Data la mia età mi resta davvero il rammarico di non poter leggere il prossimo libro di Giorgia. Relativo ai suoi secondi quarant’anni.
Franco D’Emilio