Nella Pubblica Amministrazione sono sempre esistite, usate ampiamente anche nei confronti dei cittadini/utenti, le cosiddette “vie brevi”: dal colloquio diretto alla consegna di messaggi scritti “brevi manu”, dalla comunicazione telegrafica a quella telefonica, infine, in tempi odierni, dall’uso dell’email a quello delle messaggerie, quali Messenger, WhatsApp o, addirittura, dei social, come Facebook.
Tuttavia, sempre una comunicazione, anticipata, ripeto anticipata, per le vie brevi, deve per correttezza amministrativa concretizzarsi in un documento definitivo, ufficiale e, come tale, pubblico, da porsi agli atti dell’Ufficio, magari, nel caso di un Comune, anche consultabile, secondo legge, nell’Albo Pretorio Municipale.
Diversamente, invece, ha inteso le “vie brevi” l’attuale Amministrazione Comunale di Predappio che attraverso un post sul social Facebook ha annunciato “urbi et orbi” la chiusura dello storico Asilo Santa Rosa dopo il prossimo, quindi ultimo anno scolastico.
Forse, parrà eccessivo il mio rigore di giudizio, tanto più in tempi nei quali si liquidano speranze, futuro, certezze lavorative e familiari di centinaia di lavoratori con licenziamenti via WhatsApp, ma sono fermamente convinto che su un problema così importante, quale, appunto, la tutela e l’educazione dell’infanzia, il Primo Cittadino, attore amministrativo nell’interesse di tutti i predappiesi, avrebbe dovuto sentire l’opportunità di un’assemblea pubblica ove esporre le ragioni della proposta di chiusura del Santa Rosa e verificare, in proposito, le considerazioni, i giudizi degli stessi cittadini.
In passato, pur se raramente, assemblee pubbliche sono state fatte, dunque c’è il precedente giustificativo, ancora di più ora su un problema scolastico che tocca la vita familiare di tanti predappiesi: in fondo, sarebbe stato anche il significativo esempio di un momento decisionale condiviso tra l’attuale giunta di governo e la partecipazione popolare. Tra tante serate piacevoli di musica, bicchierate e sfilate in piazza ci poteva stare e ne sarebbe valsa la pena. Persino, all’opaca opposizione del centrosinistra predappiese è sfuggito il valore di un simile confronto pubblico con i cittadini. A Predappio le vie brevi sono diventate le vie spicce per tagliar corto, quasi sul filo del motto “ghe pensi mi” di un vecchio cumenda milanese: la mente ha guidato l’aratro e tracciato il solco, non sono ammesse alternative!
Certo, concretamente fondate le argomentazioni del sindaco Canali a giustificazione della prossima chiusura del Santa Rosa, compresa la valutazione dei costi economici esorbitanti, tutte motivazioni che, però, sono discutibili alla luce di talune considerazioni: non è solo il vecchio Asilo Santa Rosa causa di dispendio economico, vi sono altri casi di evidente, mancata congruità; ancora, la contrazione dei servizi sociali non può giustificarsi solo per ragioni di economicità e, in tal senso, basta pensare come in questo frangente epidemico abbiamo tutti scontato la terribile riduzione della sanità pubblica, dovuta a ripetuti, implacabili tagli di spesa; inoltre, data la disponibilità di spazi nel complesso Santa Rosa, si poteva considerare la coesistenza tra servizi all’infanzia e altre opportunità sociali, come avviene ora in tanti Comuni italiani, soprattutto al nord, addirittura con la “coabitazione” di scuole materne con strutture per anziani autosufficienti, questo, fra l’altro, coerentemente con il collaudato ricorso in tante famiglie al rapporto nonni-nipoti.
Complessivamente, il sindaco Canali si è trincerato contro il Santa Rosa all’insegna del risparmio e del calo demografico, tacendo sull’aspetto logistico dei servizi all’infanzia nell’intero Comune, cosa questa che suscita preoccupazione circa l’efficienza futura: l’Asilo Santa Rosa aveva una sua centralità logica e opportuna anche rispetto alle diverse frazioni. Altrettanto preoccupa il silenzio sul destino dell’Asilo Santa Rosa dopo la sua chiusura, si parla di sede delle associazioni del territorio, ma spero che sia solo una voce infondata, sarebbe troppa grazia per simili beneficiarie.
Mi dispiace, infine, tantissimo il pianto da coccodrillo, sia del centrodestra che del centrosinistra predappiesi, sulla partenza delle care, indimenticabili suore Orsoline, custodi e madri amatissime del vecchio, ma sempre efficiente, lindo, accogliente Asilo Santa Rosa: assistiamo ancora a un patetico, ormai inutile, reciproco addebito della responsabilità di quella partenza che ha lasciato un vuoto incolmabile, a stento riempito da una cooperativa di servizi senza spirito di missione, ma soltanto attenta al proprio ritorno economico d’esercizio. Sino alla fine, sempre da sole, due “suorine”, la giunonica ed effervescente Suor Teresa e la mite, dolce e laboriosa Suor Giusy, hanno saputo operare, dialogando con i genitori e tutto il paese: entrambe non avrebbero mai abbandonato nessuno per la via breve di Facebook.
Franco D’Emilio