Tanta polemica agita, contrappone la politica forlivese sulla controversa proposta dell’attuale governo cittadino di centrodestra di rimuovere e collocare altrove la triste, quasi lugubre pensilina di fermata degli autobus in piazza Saffi. Realizzata 22 anni fa dalla giunta di centrosinistra del sindaco Rusticali, con la spesa di 600 milioni delle vecchie lire, la pensilina forlivese è l’esempio di una duplice infelice scelta: da una parte, quella dell’Amministrazione comunale, allora in carica, responsabile di un’opera disdicevole per le sue caratteristiche nei confronti del panorama circostante dell’intera piazza Saffi; dall’altra, il consenso inopportuno del Ministero per i beni culturali, quindi della Soprintendenza ai beni architettonici di Ravenna alla collocazione di un manufatto fuori luogo, davvero lesivo dei principi di tutela della memoria architettonica dei luoghi cittadini.
Ancora di più, oggi, c’è attesa e curiosità circa le motivazioni con le quali la medesima Soprintendenza autorizzerà la rimozione di quanto autorizzato appieno nel 1999 durante l’opaca gestione del Ministero beni culturali affidata, tra ottobre ’98 e giugno 2001, alla sinistra nelle mani di Giovanna Melandri, tutto perfettamente in consonanza con l’attuale e discusso ministro Dario Franceschini. Sin dalla sua inaugurazione a tanti forlivesi, pure a diversi amministratori e, persino, a politici di opposto schieramento, la pensilina in questione parve uno scempio, un’offesa alla composizione architettonica e al rispetto dell’arredo di piazza Saffi, allora ancora salotto buono, seppur sdrucito, della città, adesso, invece, piazza chiassosa e variopinta di un’avanzante casbah.
Da qualunque parte la si guardi, la pensilina è un pugno nell’occhio, contrastante con la facciata dell’Abbazia di San Mercuriale e con quella del Palazzo delle Poste, in conclusione, per l’impiego costruttivo prevalente di ferro e ghisa e per il contorno curvilineo delle sue estremità e sporgenze, una macchia scura che deturpa l’armonia di volumi, colori e linee dell’agorà forlivese. Per la tutela d’immagine della piazza sono fermamente convinto dell’opportunità di rimuovere questa pensilina, ma certo debbono risolversi due questioni ovvero dove e per quale finalità disporne la nuova collocazione; infine, se mantenere e come supportare la fermata degli autobus in piazza.
Ricordo che, quando ero pendolare con il servizio ATR da Forlì a Ravenna, lavorando come funzionario presso la Soprintendenza di quella città, con altri cittadini, soprattutto diretti all’ANIC, proprio in piazza Saffi attendevo l’arrivo della corriera sotto i portici, allora luogo naturale di attesa e di eventuale riparo per i viaggiatori: dunque perché non recuperare l’uso delle logge del Palazzo delle Poste, di Palazzo Serughi, sede della Camera di Commercio, infine del Palazzo della RAS, Riunione Adriatica di Sicurtà?
Eppure, la pensilina è diventata la linea Maginot di una patetica difesa della sinistra radicale e partigiana forlivese dalla destra cittadina, ritenuta quasi emula del piccone mussoliniano per il suo proposito di rimuovere dalla piazza l’orrendo, cupo manufatto. Ho letto, in proposito, sul Corriere di Romagna un’amena, anche un po’ spaccona lettera di Lodovico Zanetti e Marco Dori, dal titolo quanto mai perentorio, ma soprattutto irriflessivo “Nessuno tocchi la pensilina”. Ohibò, altrimenti? Suvvia, nemmeno sotto la discussa pensilina possono ripararsi simili pinzillacchere!
Devo riconoscere che, barra fissa a sinistra, coerentemente con l’indicazione “Tutto a sinistra, la sottile linea rossa”, sottostante alla propria firma in calce alla lettera, ce l’hanno messa davvero tutta i due impavidi difensori della pensilina dal rigurgito fascista, demolitivo delle epocali realizzazioni della sinistra: sale e pepe a vanvera per rinsaporire un pretestuoso antifascismo, assai sciapo; la citazione a sproposito, insomma “a bischero sciolto”, come si dice nella mia Toscana, della “pars destruens” dal Novum Organum del filosofo inglese Francesco Bacone, credendo erroneamente che l’espressione indichi un’azione demolitiva anziché quella solo di critica filosofica alle idee altrui, dunque un micidiale inciampo saputello; infine, una temeraria relazione tra la pensilina con i suoi “materiali organici”(?) ed il movimento artistico culturale fantascientifico Steampunk.
Eppure, ai nostri due simpatici autori sarebbe bastato soffermarsi su taluni edifici di piazza Saffi e poco oltre per capire se davvero sia stato tanto dannoso il piccone di Benito, a Forlì come altrove in tante città e paesi d’Italia. Sempre ai nostri due timonieri, imperterriti “tutto a sinistra”, prima di far credere erroneamente ad una “pars destruens” francese, intenzionata a demolire la Torre Eiffel, pari in questo alla “pars destruens” forlivese odierna contro la pensilina, sarebbe bastato considerare come il manufatto di piazza Saffi fosse stato realizzato come struttura permanente e la celebre torre parigina, invece, come provvisoria per 20 anni dalla sua inaugurazione nel 1889, dunque paragone infondato.
Ma perché, in fondo, tanta ostinata difesa di una pensilina che sarà sicuramente e utilmente collocata altrove?
Mi agita un sospetto, nonostante la scarsa altezza del nostro manufatto: l’alto valore simbolico, storico e di monito futuro, delle pensiline, magari quella di un distributore a Milano, per un antifascismo riottoso, partigiano e nostalgico di un tempo che mai più sarà.
Franco D’Emilio