Comunque vada a Ravenna vincerà ancora la “Massoneria & Soci”

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Comunque vada, riconfermato o no l’attuale sindaco uscente, impenitente piacione senza gloria e senza infamia, alle prossime elezioni comunali di Ravenna vincerà ancora, anzi, no, sicuramente ha già vinto, come sempre, la “Massoneria & Soci”.
Immagino l’ironica battuta di chi, magari punto sul vivo, ribatterà subito “Eccolo, il solito che tira in ballo i poteri occulti!”
Occulti? Quando mai, direi, invece, solo discreti ovvero ci sono, ben organizzati e attivi, trasversali a tutta la società ravennate che conta, ma si muovono senza dare nell’occhio, passo flanellato e voce bassa.
Basta cercare, a volte pescare con l’esca giusta e, prima o poi, un pesce abbocca, mai, per carità, uno squalo, perlopiù soltanto un suo gregario pesce pilota, mandato avanti in avanscoperta.

A Ravenna, città di poco più 159.000 abitanti, si contano ben quattro Logge Massoniche, forse presto cinque per crescita di adesioni, tutte “sveglie”, nessuna in “sonno”, particolarmente dedite ad ufficiali attività culturali e solidaristiche nel nome di nobili ideali universalistici. Non sono poche e, perlopiù, di notevole rilievo, considerata l’estrazione e/o il ruolo sociale dei suoi iscritti.
Certo, Ravenna ha un’antica tradizione massonica, all’apice, soprattutto, nell’800 libertario, anticlericale e risorgimentale, ma non sempre la trascorsa gloria giustifica le penombre del presente. Conosco bene la storia, generale e particolare, della Massoneria, sia perché cresciuto e vissuto in Toscana, da sempre terra di tantissime logge, sia perché spesso in famiglia o in taluni ambienti fiorentini sentivo nomi, locali e no, che rimandavano alla fratellanza della squadra e compasso: così, ad esempio, ascoltavo parlare di Lino Salvini, grande medico di Firenze, come di Giordano Gamberini, apprezzato scrittore ravennate, entrambi accomunati, pur in diversi momenti, dal compito di Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia.

Ovunque, ormai da tempo, la Massoneria smorza nella sua gloria passata l’opacità del suo presente, riassumibile nel concetto “agire senza apparire”, possibilmente nella sicurezza di un coinvolgimento dei fratelli, quasi la tela di un ragno, in un vicendevole intreccio di interessi e fini, comuni e personali, senza neppure escludere la possibilità di tenere il piede in due staffe: la massoneria avversò il Fascismo, ma contemporaneamente flirtò con il regime, associando numerosi gerarchi in camicia nera; ancora, nel secondo dopoguerra, considerando la divisione tra il governo politico del paese, in mano al centrodestra o al centrosinistra, e l’amministrazione locale, invece, spesso in mano al Partito Comunista Italiano e alla sinistra satellite, la massoneria si assicurò la presenza e un ruolo sia nell’uno che nell’altro caso, giungendo nel secondo ad annoverare nelle sue fila addirittura sindaci comunisti, toscani ed emiliano-romagnoli: taccio i nomi, a buon intenditor, soprattutto se ben informato, poche parole.

A Ravenna, più che altrove, la Massoneria è sempre stata trasversale a tutta la classe politica, da destra e a sinistra, dalle forze di maggioranza a quelle d’opposizione, proprio secondo i canoni di una consorteria, conventicola, esterna sì al potere, ma decisa a realizzare propri esclusivi interessi, proprio attraverso il braccio del potere politico locale.
A tal fine, lo percepiamo anche in queste imminenti comunali, la Massoneria ravennate con silenziosa discrezione si è ricavata il ruolo di parte della cosiddetta “società civile” ossia di partecipe e protagonista dell’associazionismo dei cittadini fuori dal contesto istituzionale. L’associazionismo massonico, dunque, influenza e percorre tutta la vita politica ravennate, comprese le sue elezioni comunali, condizionandone la campagna elettorale e definendone, di conseguenza, sia la maggioranza di governo che l’opposizione, grazie al suo controllo del sistema economico-produttivo, bancario e culturale.

La debolezza o l’insignificanza ideologica odierna dei partiti ha favorito ancora di più, pure a Ravenna, la penetrazione del sistema massonico: solo, in parte, si salva Fratelli d’Italia, non ritenuto pienamente affidabile sul piano, diciamo, dell’opportunità massonica.
Dove la sua azione risulta poco penetrante, la Massoneria ravennate può ben contare in città sul fiancheggiamento dei Lions locali, ben 4 club, e del Rotary, due circoli attivi, quindi su due associazioni filantropiche che, come è stato ampiamente dimostrato, possono definirsi vero e proprio “semenzaio massonico”, basti solo ricordare come lo stesso Melvin Jones, uno dei fondatori dei Lions fosse maestro massone di Chicago. Né dobbiamo ignorare pari azione fiancheggiatrice da parte di qualche sodalizio federato di donne ravennati in carriera, insomma una sorta di elitario gineceo.

Sinora, all’interno della maggioranza di governo al Comune di Ravenna la Massoneria ha manovrato perché la rappresentanza istituzionale andasse ai postcomunisti del PD e il controllo della vita economica alla residuale presenza repubblicana e di quanto resta di un remoto, sparuto trascorso liberale, anche parlamentare. Penso che a Ravenna continuerà così, tutto nelle mosse di “Fratelli e Maestri” sulla propria scacchiera dietro il paravento di liste, partiti, coalizioni, fortemente condizionate dalla “Massoneria & Soci”.
Sono pessimista, i giochi sono già fatti, penso, soprattutto, che per il ravennate al voto domenica prossima valgano le parole del grande giornalista americano Ambrose Bierce: “Elettore è colui che gode del sacro privilegio di votare per l’uomo scelto da un altro” aggiungerei “che segretamente conta più di lui”.

Franco D’Emilio

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