Predappio, ex Casa del Fascio: “Campa cavallo che l’erba cresce”

ex Casa del Fascio Predappio

Giorni fa verso Premilcuore, inevitabile che transitassi per Predappio, quindi, all’andata e al ritorno, gettassi l’occhio, prima nella luce del mattino, poi nel precoce buio del pomeriggio dicembrino, sulla mole possente della ex Casa del Fascio, ancora prigioniera dell’incuria e della dannazione della storia. Che tristezza! Nei miei 36 anni di adozione romagnola, riguardo alla superba costruzione fascista con la torre eccentrica, dominante la piazza principale di Predappio, ho solo assistito a fiumi di parole, a progetti, perlopiù campati in aria, soprattutto, al protagonismo degli amministratori locali, da quello eccessivo e smargiasso della sinistra, ora sonoramente sconfitta, a quello più sobrio, ma tanto incerto dell’attuale centrodestra. Si veleggia, ormai, verso 80 anni di abbandono della ex Casa del Fascio, quale simulacro dell’odiato Fascismo, e ancora lunga, proprio degna del proverbiale detto “campa cavallo che l’erba cresce”, si prevede l’attesa perché l’edificio mussoliniano possa vedersi restaurato e recuperato a nuova utilità pubblica.

Da gennaio 2021, ad allora risalgono, infatti, le notizie più recenti, un silenzio tombale pare precipitato sul ripristino dello splendido manufatto razionalista di Predappio. Come mai, intanto, sono trascorsi a vuoto quasi tre anni dall’assegnazione nel dicembre 2018 allo Studio Valle di Roma dello studio di fattibilità del restauro della ex Casa del Fascio, fra l’altro, persino, con una proroga del termine, inizialmente fissato al 31 dicembre 2020, per la presentazione, da parte dello stesso Studio Valle, del progetto definitivo di recupero? A tal proposito, c’è da chiedersi se valgano ancora le giustificazioni del Sindaco di Predappio, Roberto Canali, in un’intervista a Il Resto del Carlino dello scorso 14 gennaio, caratterizzata da un sorprendente equilibrismo su colpe altrui: “Le indagini conoscitive sull’immobile da parte dei tecnici, richieste dalla Soprintendenza di Ravenna, si sono dimostrate più complicate del previsto, in particolare per quanto riguarda la situazione antisismica. A queste si sono aggiunti i rallentamenti dovuti alla pandemia. Ma da quello che so dovremmo essere in dirittura d’arrivo”.

Da mie informazioni le complicazioni, legate al giusto rigore della Soprintendenza, sono da ridimensionarsi in origine e possono dirsi concluse da tempo; i rallentamenti addebitati alla pandemia possono accantonarsi, non fosse altro per il pudore di riconoscere come in piena emergenza Covid si sia conclusa la realizzazione del nuovo ponte Morandi a Genova! Non sarà che la “dirittura d’arrivo”, intravista, quasi un anno fa, dall’incauto Sindaco di Predappio, abbia per errore sviato sulla micidiale salita alpina del Mortirolo, dove l’abilità arrampicatrice sugli specchi del Primo Cittadino non è certamente pari alla potenza del leggendario scalatore Marco Pantani?

Eppure, sempre nell’intervista del 14 gennaio 2021, il Sindaco non demordeva e alla domanda su quando sarebbe stato consegnato al Comune il progetto di recupero ostentava la sicurezza di un “entro uno o due mesi”, poi rivelatosi soltanto una sparata a salve, ancora di più nell’amara conclusione di “campa cavallo che l’erba cresce”!
Certo, su tutta questa vicenda la comunicazione da parte del Comune di Predappio è davvero ai minimi termini, eppure l’informazione, il dialogo con i cittadini dovrebbero essere impegno imprescindibile di ogni amministrazione locale. L’ex Casa del Fascio è un problema pluridecennale, ha interessato e interessa generazioni di predappiesi ai quali preme il decoro, lo sviluppo, il futuro del loro amabile paese e per questo chiedono fatti certi, non più temporeggiamenti o rinvii.

L’attesa dei cittadini non può distrarsi con le periodiche notiziole circa talune sensazionali scoperte nel maestoso edificio fascista: una centralina dell’impianto elettrico, tracce di un pavimento originale a lungo nascosto, magari i meccanismi di scorrimento di porte o inferriate d’accesso. Manca solo che un giorno sia annunziato il ritrovamento di un gabinetto alla turca, possibile centro di funzioni fisiologiche in camicia nera, oppure di una seggiola sulla quale si siano assise tante chiappe di marziali gerarchi! I predappiesi vogliono la certezza di imminenti rumori di attrezzi e macchine, di voci e urla di muratori, insomma vogliono vedere e sentire la ex Casa del Fascio che risorge davvero dal buio e dal suo assordante, tetro silenzio.

Si proceda pure per gradi, per stralci secondo la disponibilità finanziaria, ma comunque si parta, a cominciare dal rendere pubblico il definitivo progetto di recupero dello Studio Valle. Sicuramente sono un problema le lungaggini della trafila burocratica, la ricerca e lo stillicidio dei finanziamenti, ma, riconosciamolo, resta ancora nel porto delle nebbie quale sia il progetto di utilizzo finale della ex Casa del Fascio restaurata e come, in quale progetto culturale complessivo del paese, ammesso che esista, debba inserirsi l’uso dello stesso edificio.

I due interrogativi sono ancora più attuali adesso con l’annunciato passaggio dal Demanio al Comune di Predappio di tre strutture: Asilo Santa Rosa, Casa Mandrioli o Alloggio Sottoufficiali dei Carabinieri, infine Casa Natale Mussolini. Non si tratta di riempire solo delle caselle disponibili con servizi utili al paese e ai visitatori, al contrario occorre capire con grande senso di proiezione e programmazione verso il domani quale sia il modello culturale migliore per Predappio, capace di contemperare servizi educativi e formativi per i predappiesi, ad esempio le attività della biblioteca civica, con i servizi di accoglienza, informazione e ospitalità, guida e didattica del territorio per i visitatori, interessati alla conoscenza storica di Predappio, in modo particolare quella del periodo fascista e del suo fondatore, considerato che nel capoluogo della Valle del Rabbi si viene principalmente perché luogo natale del Duce, perché “museo a cielo aperto” dell’architettura del Ventennio. Un modello culturale, espressivo del territorio, va progettato, non costruito in modo estemporaneo, quasi si trattasse di una costruzione Lego.

Al riguardo è indiscutibile la confusione di idee del Sindaco di Predappio: nell’intervista del 14 gennaio 2021 alla domanda sulla destinazione d’uso della ex Casa del Fascio, una volta completatone il restauro, il Primo Cittadino si pronunciava che “vi troveranno spazio il Centro documentazione sulla storia del primo Novecento e l’Esposizione museale permanente sul fascismo…” e, di seguito, alla domanda cosa mai rispondesse a chi volesse trasformare l’Esposizione museale permanete sul fascismo in museo del fascismo lapidario sentenziava “Questo non avverrà certo a Predappio”. Bislacca la domanda del giornalista, altrettanto la risposta del Primo Cittadino: entrambi spieghino dove sia la differenza tra esposizione museale permanente e museo, considerato che tutte e due le espressioni, ricorrenti in bocca all’intervistatore e all’intervistato su Il Resto del Carlino del 14 gennaio scorso richiamano il concetto di musealità. Misteri predappiesi!

Franco D’Emilio

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