Luigi Scala! Chi era costui? No, in questo caso non può affatto porsi la domanda che nell’ottavo capitolo dei Promessi Sposi don Abbondio si pone su “Carneade! Chi era costui?”
Se, infatti, Carneade, filosofo greco di origine nordafricana, vissuto tra il III e II secolo a.C., a ragione ritenuto figura assai minore tra i pensatori del suo tempo, merita l’interrogativo manzoniano su persone senza fama, di poco conto, pressoché, sconosciute, il nostro Luigi Scala risulta, invece, personaggio storico di grande valore, degno di particolare attenzione.
Luigi Scala occupa, infatti, un posto di rilievo nella storia scientifica e dell’università italiana, altrettanto nella storia culturale e politica della democrazia nella difficile prova dell’antifascismo: il suo nome s’intreccia con quello di altri grandi protagonisti del ‘900 italiano e figura, altresì, negli scritti di illustri intellettuali democratici, ad esempio Norberto Bobbio, Riccardo Bauer, Leone Ginzburg.
Caso vuole, e qui sta la bizzarria del fatto, che la domanda chi mai sia stato Lugi Scala possa valere soltanto e proprio a Forlì, città natale del nostro protagonista dove, però, mai si è celebrata, magari con un riconoscimento, la sua memoria di docente, scienziato ed eroe della resistenza alla dittatura fascista: dimenticato, no ignorato, anzi addirittura sconosciuto, sepolto nella polvere dei registri dello stato civile di Forlì, 1866-1930, custoditi all’Archivio di Stato di Forlì-Cesena. È vero che Forlì è stata solo la città natale di tanto uomo, trasferitosi piccolissimo a Torino ove è cresciuto, si è formato e temprato alla vita, ma è pur vero che la fama di Scala è andata ben oltre i confini del capoluogo piemontese, così da non giustificare minimamente la dimenticanza dei forlivesi nei suoi confronti.
Mi riesce, poi, difficile pensare che la sinistra politica forlivese, soprattutto nella sua componente repubblicana e socialista, abbia per lungo tempo ignorato e, forse, tuttora ignori come uno dei maggiori protagonisti del movimento Giustizia e Libertà sia stato, guarda un po’, proprio questo Luigi Scala, nativo della nostra città. Comunque, cercherò di tratteggiare la vita di questo forlivese al cui valore ed esempio propongo sia dato un segno di pubblico riconoscimento. Luigi Scala, professore di scienze naturali presso l’Università degli Studi di Torino nel ruolo di assistente ordinario di cattedra, nasce a Forlì il 20 luglio 1905 e muore a Torino il 21 luglio 1945 per le conseguenze dell’internamento in un campo di sterminio nazista.
La nascita forlivese deriva dal fatto che il padre Giuseppe, nativo di Fossano, circondario di Cuneo (8 marzo 1867) e ufficiale di carriera dell’Esercito, si trova in servizio nel grado di capitano a Forlì, dove lo ha seguito la moglie Clara Luppo: per questo Luigi viene al mondo alle ore 21.30 del 20 luglio 1905 nell’abitazione dei genitori, sita a Forlì in c.so Vittorio Emanuele n. 5 (attuale c.so della Repubblica). Due anni dopo nel 1907 il trasferimento a Torino, sempre al seguito del padre, promosso al grado di maggiore.
Nel capoluogo piemontese il giovane Luigi compie tutto il corso di studi inferiori e superiori, quindi, conseguita la maturità classica, si iscrive alla Facoltà di Scienze Naturali dell’Università Sabauda, laureandosi nel 1927 a soli 22 anni. Nel 1929 diventa assistente ordinario di cattedra presso la stessa facoltà, avendo brillantemente superato la relativa selezione concorsuale per esame e titoli. All’epoca il più giovane docente universitario italiano, seppur nel ruolo iniziale. Dal 1930, a soli 25 anni, nelle file organizzative del primo nucleo torinese del movimento antifascista Giustizia e Libertà, ispirato a valori del liberalismo democratico e del solidarismo socialista, fortemente impregnato della tradizione mazziniana e fondato, appena nel ’29, a Parigi da Carlo Rosselli, Emilio Lussu e Alberto Tarchiani, indimenticabili protagonisti di questa fondamentale esperienza di lotta alla dittatura mussoliniana.
In questa militanza nella schiera torinese di Giustizia e Libertà il nome di Luigi Scala affianca quelli di Mario Andrei, Aldo Garosci, Mario Levi, Franco Venturi, tutte figure di grande rilievo intellettuale e antifascista nella Torino degli anni ’30, celebrati anche da Norberto Bobbio nella sua Autobiografia, a cura di Alberto Papuzzi per le Edizioni Laterza nel 1997.
Agli inizi del 1931 Scala è tra i realizzatori del giornale clandestino, Voci d’officina, tirato al ciclostile per solo tre numeri e per poche centinaia di copie. La polizia fascista arriva al giovane professore e Luigi Scala, arrestato e deferito al Tribunale speciale, viene condannato il 24 aprile 1932 ad otto anni di carcere, dei quali ne sconta solo quattro, beneficiando dell’amnistia del ‘36.
Nel 1937 altro arresto e nuova condanna, questa volta a 12 anni, perché sorpreso nella raccolta di fondi a sostegno della Spagna repubblicana. Nell’agosto del 1943, caduto Mussolini, Scala è scarcerato a Castelfranco Emilia, luogo di sua ultima reclusione e subito ritorna a Torino, impegnandosi nel Partito d’Azione, movimento antifascista, nato nel 1942 dalle ceneri di Giustizia e Libertà, del quale egli, nome di battaglia Gigi, diventa uno dei dirigenti di spicco dell’organizzazione clandestina. Pochi mesi dopo, viene arrestato dai nazifascisti, quindi deportato nel campo di sterminio di Mauthausen, dove il professore, n. matricola 53455, alto 1 metro e 80 con forte costituzione atletica costituzione, riesce a sopravvivere alle privazioni e alle violenze del lager.
Nell’estate del 1945 torna a Torino, ma, terribilmente debilitato dalla prigionia, ridotto malamente a 38 chili di peso, muore il 21 luglio ‘45 nella Clinica Sanatrix. Il 22 gennaio 2019, su decisione delle istituzioni cittadine una “pietra d’inciampo” è stata posta in piazza Vittorio Veneto n. 13, davanti all’abitazione del professore.
Queste righe per significare brevemente chi sia stato Luigi Scala, quel giovane professorino universitario e patriota che ancora nel capoluogo piemontese qualcuno ricorda come “quel forlivese a Torino di Giustizia e Libertà”.
Franco D’Emilio