Complice la siccità che, nonostante qualche “bomba d’ acqua” qua e là, continua da imperversare in quasi tutta la penisola i letti in secca dei fiumi restituiscono alla vista di tutto, non solo rottami e rifiuti gettati nei corsi d’acqua usati come discariche, ma anche tracce del passato, come residuati bellici, relitti di natanti o vecchie strutture sommerse. In questo senso il territorio forlivese non fa eccezione. Infatti se si percorre la passeggiata del lungofiume del parco urbano di Forlì parallela a viale Salinatore, a poca distanza da porta Schiavonia, sporgendosi un poco dalla ringhiera, si vedono, emerse dall’acqua, tratti di vecchie mura. Probabilmente si tratta dei resti dell’antico ponte Rupte che si trovava vicino alla torre dei Quadri, baluardo della cinta difensiva cittadina; i resti della torre ancora si vedono perché utilizzata come base di una costruzione che attualmente ospita un ristorante etnico.
Ponte Rupte è uno dei tanti ponti della nostra città dimenticati e, oggi, nascosti. Infatti, tra le caratteristiche della Forlì del passato, ai nostri giorni quasi completamente scomparsa, c’era la presenza dell’acqua e dei canali che attraversavano il centro urbano cinto dalle mura. Uno scorcio della antica Forlì si conserva ancora dietro il Teatro San Luigi dove c’è un piccolo tratto scoperto di canale. L’acqua, ovviamente, scorreva sotto i ponti che ancora ci sono, anche se sepolti nel sottosuolo della città. Proprio sotto Rialto piazza, all’angolo con il palazzo comunale, nel corso dell’esecuzione di lavori pubblici, per un paio di volte nell’ultimo trentennio del secolo scorso, sono riemersi i resti del ponte del Pane, ricordato con questo nome dalla metà del Trecento.
Invece, nel 1999, sempre a seguito dello svolgimento di lavori di pubblica utilità, sotto la pavimentazione di via delle Torri, dalla parte ove sorge il palazzo degli uffici statali (ex Intendenza di Finanza), ritornarono alla luce le strutture del ponte dei Cavalieri, del quale si ha memoria circa dagli inizi del XIII secolo. Poco distante, all’incrocio tra le attuali vie Biondini e Pedriali, sorgeva l’ancora più antico ponte di San Pietro in Scoto, ricordato dal XII secolo, che nella denominazione richiamava la vicina chiesa intitolata a San Pietro in Scoto soppressa in epoca napoleonica.
In corso Garibaldi, invece, all’altezza della chiesa della SS. Trinità, ma sul lato opposto, sotto una lastra di vetro perennemente appannata si intravvedono i resti di quello che fu il ponte dei Morattini; qui si consumò un fatto di sangue che scosse la Forlì di fine Quattrocento. La sera del 27 agosto 1495, il corteo di Caterina Sforza, signora di Forlì, rientrava da una passeggiata fuori porta, procedendo lungo l’attuale corso Garibaldi; il giovane Jacopo Feo, secondo marito della signora di Forlì, attardatosi al ponte dei Morattini, fu ucciso, vittima di congiurati che mal sopportavano la sua crescente influenza nel governo della signoria. La vendetta di Caterina fu terribile nei confronti di chi si era macchiato del delitto e dei mandanti, mentre all’amato Jacopo la signora di Forlì preparò una sontuosa sepoltura, edificando nella chiesa di San Gerolamo (poi di san Biagio) la magnifica cappella affrescata da Melozzo e dall’allievo Palmezzano. Anche la cappella Feo fa parte della Forlì scomparsa: fu distrutta completamente insieme alla chiesa, nel dicembre del 1944, dall’ultima bomba d’aereo caduta sulla città durante la II guerra mondiale.
Paolo Poponessi