Nessuna sorpresa, anzi scontato, inevitabile che, alla fine, con tanta, disinvolta nonchalance, ma chiamiamola pure imprudenza l’onorevole Marco Di Maio abbia dichiarato la propria disponibilità alla candidatura in Emilia-Romagna nelle liste del patetico connubio ItaliaViva-Azione alle imminenti elezioni del prossimo 25 settembre 2022.
Certo, la disponibilità personale, se motivata da competenze e valori, magari da risultati della stessa persona, è sempre apprezzabile, ancora di più per riproporsi alla responsabilità di oneri e impegni di uno scranno parlamentare, ma nel caso del nostro protagonista, di così sin troppo celere ascesi politica, gli onori e i privilegi parlamentari hanno prevalso sugli oneri, diciamo pure sulla concreta fatica di un intenso o, perlomeno, significativo lavoro parlamentare.
Basta visitare l’archivio della Camera dei deputati per verificare quanto l’attività parlamentare dell’onorevole Di Maio sia stata prevalentemente di presenza, di assisa acquiescenza al vertice nazionale di partito: eletto nel 2013 e nel 2018, dunque per due legislature, nelle file del Partito Democratico, poi dal 2019, transitato col fagotto di voti altrui alla corte di Renzi in Italia Viva, il bilancio lavorativo del deputato forlivese è stato davvero poca cosa, nulla di più di un insignificante ruolo prezzemolino in varie commissioni, soprattutto cofirmatario di disegni o mozioni o interpellanze di altri, soltanto una volta primo firmatario di un disegno di legge.
Insomma, prima sotto il PD, poi sotto la fumosa ex stazione fiorentina della Leopolda è stato solo un parlamentare gregario, sempre pronto in seconda fila a servire il pot-pourri cattocomunista del Nazareno o il bluff politico della striminzita Italia Viva del “so tutto io” Matteo Renzi, quindi in un ruolo mai onorato neppure dal compito di “una vita da mediano a recuperar palloni”, come nei versi di Luciano Ligabue.
Dell’onorevole Di Maio restano amenamente rivisitabili sui social e sulla stampa locale tante dichiarazioni di trita, scontata ovvietà, tanti selfie, solitari o in compagnia, magari quadretti familiari, e tutto sempre con quel suo sorrisetto lievemente e garbatamente compiaciuto, proprio da “piacione” romagnolo che sa il fatto suo, come hanno dimostrato la sua abilità di movimento tra i litigi o l’impasse decisionale dei piddini, ma ancora di più il suo salto carpiato dal Partito Democratico al rachitico partitello renziano, mirabile prova da voltagabbana; mi fa sorridere l’idea che, adesso, i repubblicani della Romagna forlivese si siano fatti ammaliare dal sorrisetto dell’onorevole Di Maio: proprio loro, che, memori del tradimento di Pietro Nenni da repubblicano a socialista, si recavano ai comizi in Romagna del neosocialista traditore, indossando la giacca rivoltata!
E pensare che ora c’è chi vuole candidare Di Maio a sindaco di Forlì o a chissà cosa! Si confida davvero che l’elettore dimentichi presto e non formuli scelte riflessive.
Riconosco al nostro protagonista solo un’attenuante, quella di aver subito il peso di una scomoda omonimia con un’imbarazzante stellina del movimento grillino, a lui, però, pari nel calcolato disegno di salire sul carro di un vincitore.
Ad entrambi, al nostro concittadino e all’autoproclamatosi “vincitore della povertà”, mi permetto di rivolgere, però, lo stesso consiglio: attenti a salire sul carro del vincitore, spesso si può risultare antipatici anche al nuovo vetturino!
Franco D’Emilio