Domattina, a Cesena, nell’Aula Magna della Facoltà di Psicologia l’ambasciatore di Israele consegnerà il riconoscimento di “Giusto tra le Nazioni” ai familiari di don Odo Contestabile, monaco attivo dal 1928 al 1965 presso la comunità benedettina cesenate dell’Abbazia di Santa Maria del Monte.
Da domani 28 ottobre, pure in Italia, il nostro caro don Odo entra nel novero italiano, ormai ben oltre 500 nomi, dei “Gentili Giusti” ovvero di quelle persone non ebree, appunto “gentili”, soprattutto imparziali e oneste, che, a costo della propria vita, sono riuscite a salvare anche solo un ebreo dal genocidio nazista della Shoah.
Don Odo, infatti, consapevole del grave ammonimento dei Grandi Maestri ebrei “Chi sopprime un’anima è come se sopprimesse il mondo intero”, si adoperò tra ottobre e dicembre 1943 per mettere in salvo in Svizzera due famiglie ebree, residenti a Cesena: quella dei Lerher, padre, madre e due bambine, e quella dei coniugi Mondolfo con il professor Emanuele, già primario di medicina all’Ospedale Civile di Cesena, ma nel 1938 destituito da quell’incarico per effetto delle leggi razziali.
Dunque, don Odo Contestabile salvatore di più anime e mondi, per questo degno di uno dei più alti riconoscimenti, dal 1963 attribuito dallo Stato di Israele attraverso una rigorosa istruttoria nell’ambito dello Yad Vashem, l’Istituto Storico per la Memoria della Shoah.
A causa della pandemia il riconoscimento giunge tardivamente, ben due anni dalla sua decretazione israeliana, nelle mani dei parenti del nostro don Odo, persona semplice, modesta, ma esempio sommo di quell’audacia, sospinta dal rispetto dei valori umani e, ancora di più, dalla propria missione di religioso contro il peccato, il male del mondo nel nome di Dio e di Cristo Redentore.
Don Odo Contestabile era nato nel 1912 a Ortucchio (AQ) da una povera famiglia contadina della Piana del Fucino, quindi battezzato col nome di Cesarino. Assolto l’obbligo scolastico sino alla licenza elementare, nel 1924, poiché privo di mezzi, aveva continuato gli studi quale “alunno” presso l’abbazia benedettina di S. Paolo fuori le Mura di Roma, dove era rimasto sino al 1928, manifestando una sincera vocazione monastica e meritando l’attenzione, la considerazione dall’abate Alfredo Ildefonso Schuster. Aveva, poi, svolto ancora il suo percorso di formazione religiosa nell’Abbazia di Santa Maria del Monte a Cesena: nel 1928 il noviziato, assumendo il nome di Odo; l’anno seguente la professione dei voti temporanei; nel luglio 1934 la professione solenne; infine, nel 1936 l’ordinazione al sacerdozio. Nel frattempo, aveva compiuto gli studi ginnasiali a Cesena, quelli liceali ad Assisi e il corso quadriennale di teologia a Roma, di nuovo presso l’abbazia di S. Paolo fuori le Mura, raggiungendo, così, un buon livello di preparazione culturale, tanto di risultare pure un apprezzato docente di latino.
Dopo la fine della guerra, sino al 1965, don Odo era rimasto a Cesena, poi il ritorno a Roma, sempre all’Abbazia di S. Paolo fuori le Mura, svolgendovi compiti di bibliotecario.
Scomparso nel 1995 in una casa di riposo a Santa Marinella sul litorale romano.
C’è, tuttavia, un aspetto che merita evidenziare nella formazione spirituale, religiosa e anche culturale di don Odo Contestabile: l’insegnamento, l’esempio di Alfredo Ildefonso Schuster (Roma, 188-Venegono Inferiore, 1954), dal 1918 al 1929 abate benedettino a San Paolo fuori le Mura a Roma, poi cardinale e arcivescovo di Milano.
Don Odo aveva conosciuto l’abate Schuster proprio durante la sua permanenza nella capitale dal ’26 al ’28, due anni di proficuo rapporto tra maestro e allievo, quest’ultimo subito affascinato dalla coerenza, dal rigore dell’insegnamento dell’abate, già in grande considerazione nel mondo della Chiesa.
Questo biennio di frequentazione tra i due era coinciso pure col vasto impegno di Schuster nella promozione dell’Opus Sacerdotale Amici Israel, un’associazione contro il razzismo e l’antisemitismo, auspice anche di un diverso atteggiamento della Chiesa verso gli ebrei, quindi fuori dall’accusa di deicidio e fuori dalla conseguente maledizione dello stesso mondo ebraico. Il rapporto tra i due, soprattutto epistolare e di alcune visite da parte di don Odo, era, comunque, continuato anche dopo, nonostante la distanza tra Cesena e Milano, quest’ultima divenuta sede arcivescovile del neocardinale Schuster; anzi, don Odo aveva, in seguito, potuto arricchirsi pure del pensiero di un caro amico del suo maestro: il cardinale Elia Dalla Costa, arcivescovo di Firenze, proprio colui che il 9 maggio 1938, durante la visita di Hitler a Firenze, in segno di dissenso dalla politica del Fuhrer aveva voluto chiuse le imposte delle finestre del suo arcivescovado.
Elia Dalla Costa, come Schuster critico dell’avversità della Chiesa agli ebrei, avrebbe criticato le Leggi Razziali fasciste e, poi, salvato numerosi perseguitati, così da essere anch’egli annoverato tra i Giusti tra le Nazioni. Don Odo Contestabile, dunque, si era formato nell’insegnamento di due uomini, precursori, anticipatori di quel rinnovamento che avrebbe condotto alla grande assise della Chiesa, il Concilio Vaticano II.
Don Odo, il cardinale Schuster e il cardinale Dalla Costa erano stati religiosi resistenti ai demoni del Nazismo e del Fascismo: resistenti, però, nel nome di valori e principi religiosi, perciò senza escludere nessuno, come merita la speranza nella redenzione dal male.
Tutti e tre imparziali e rigorosi come impone l’impegno religioso, forse con maggior severità Ildefonso Schuster, per questo a torto, per troppo tempo, fuori dalle simpatie della sinistra politica e di taluni ambienti ecclesiastici, sino addirittura ad essere ritenuto complice del Fascismo.
A tal proposito, è interessante su Schuster un giudizio di Davide Maria Turoldo, importante esponente del rinnovamento conciliare, un giudizio il cui contenuto è condivisibile anche sulla figura di don Odo Contestabile, data la comune condizione di monaci benedettini: “Sbagliano coloro che lo pensano coinvolto nel Fascismo o altro: Schuster non era né fascista né antifascista. Non era neppure neutrale. Schuster era un monaco e basta. Monaco è uno che ha solo Dio in testa”. Ecco, don Odo era anch’egli un monaco con un chiodo fisso in capo; Dio!
Franco D’Emilio