Il 2 ottobre 2019 Papa Francesco ha dichiarato venerabile monsignor Augusto Bertazzoni, già Vescovo della Diocesi di Potenza-Marsico dal 30 giugno 1930 al 30 novembre 1966 e Padre del Concilio Vaticano II, attribuendogli, così, post mortem quel titolo che la Chiesa cattolica conferisce a quanti si siano oggettivamente segnalati per “santità di vita” ed “eroicità delle virtù”, tanto da poter essere proposti per una successiva beatificazione.
E, sicuramente, Augusto Bertazzoni, nato a Polesine (Mantova) il 10 gennaio 1876 e scomparso a Potenza il 30 agosto 1972 all’età di 96 anni, aveva sempre dato prova di tanta umanità e generosa comprensione, proprio come riassume la promulgazione papale della venerabilità: “Buon Pastore e padre dei poveri, vero uomo di Dio, uomo di fede e di preghiera, predicatore instancabile della Parola di Dio, attento alle necessità spirituali dei fedeli ed anche dei non credenti, per i quali si spese fino alla fine, offrendo a Dio, per il bene delle Chiese che aveva guidato come vescovo, le sofferenze che lo portarono alla morte.
Fu padre per le vittime della guerra e per gli Ebrei confinati in Basilicata, lungimirante educatore dei giovani, per la cui formazione, nell’Azione Cattolica e nelle scuole, sollecitò l’impegno educativo dei suoi sacerdoti, oltre che dei religiosi e religiose.”
Dunque, il Vescovo di Potenza Augusto Bertazzoni si spese strenuamente per l’accoglienza, la protezione e, soprattutto, la salvezza dei tanti ebrei, stranieri e italiani, tra quest’ultimi numerosi quelli emiliani e romagnoli, confinati nella povertà e nell’abbandono di quella Lucania, già efficacemente raccontata dal romanzo “Cristo si è fermato a Eboli” di Carlo Levi, anch’egli dal ‘35 al ’36 al confino in quella regione.
Testimonianza, anche dettagliata, di questo impegno del nostro Bertazzoni resta custodita dall’Archivio Storico Diocesano di Potenza, a fianco del duomo cittadino, davvero uno strumento culturale di grande valore ed utilità per l’approfondimento storico che ci interessa circa la persecuzione degli ebrei, perseguitati e arrestati in Romagna.
Una nuova fonte archivistica, ancora tutta da esplorare, certamente ricca di informazioni: dal 1940 al ’43, non oltre il mese d’agosto, considerato lo sbarco alleato del 10 luglio in Sicilia, su 92 comuni della provincia di Potenza ben 52, capoluogo compreso, furono sedi di confino di perseguitati dal regime, inclusi tanti ebrei, tutti collocati, perlopiù, in alloggi pubblici di fortuna oppure, a proprie spese, in abitazioni private o modesti alberghetti o misere locande.
A Potenza “Il Lombardo”, albergo a gestione familiare, sito in piazza Prefettura, fu ampiamente adibito all’accoglienza di perseguitati ebrei, soprattutto stranieri, nella possibilità di corrispondere ai proprietari il costo della pensione giornaliera, stabilita in questo caso dall’ufficio prefettizio.
Complessivamente, sempre dal 1940 all’agosto ’43, in Basilicata furono confinati 72 ebrei stranieri, in maggioranza tedeschi, e poco più di 200 ebrei italiani, comunque tutti in difficili condizioni di vita e con poca o nessuna disponibilità di mezzi.
Nell’Archivio Diocesano di Potenza è reperibile documentazione relativa ad ebrei italiani di provenienza lombarda, veneta ed emiliano-romagnola, purtroppo il terribile biennio pandemico ha interrotto la mia ricerca, proprio quando cominciavo a raccoglierne risultati davvero insperati. Adesso sono pronto a ripartire nel mio approfondimento, confidando in nuove sorprese.
Già rimasi sorpreso quando, sempre a Potenza, in Archivio Storico Diocesano, F7, SdS, Bertazzoni 3, Carteggi “ebrei” 1940-1946, mi imbattei nel nome di Fanny Hilde Abraham, musicista tedesca, fermata a Bolzano perché ebrea, seppur convertita al cattolicesimo.
La triste vicenda da “soluzione finale” di questa concertista (Colonia,1905-Auschwitz, s.d.) può ora riassumersi così: internata a Bolzano ai primi di gennaio ’43; confinata il 1° marzo a Potenza all’albergo “Il Lombardo”; ai primi di luglio nuovamente a Bolzano, quindi dal 7 settembre confinata, a proprie spese, all’albergo “Alta Romagna” di Santa Sofia in provincia di Forlì; dunque, arrestata il 1° dicembre ’43 in esecuzione dell’ordinanza Buffarini ed il 21 dicembre trasferita al campo di concentramento di Forlì, Albergo Commercio; infine, il 23 gennaio ’44 al carcere di Ravenna e il 25 gennaio avvio al campo di sterminio di Auschwitz, dove giunse il 31 dello stesso mese.
Avevo conosciuto Fanny nella cura delle due mostre “Stelle Gialle”, una del 2010, sottotitolata “Storie di perseguitati ebrei forlivesi”, l’altra del 2015, sottotitolata” Ebrei della provincia forlivese nella notte fascista”, poi, della mostra “Forlì ebraica” del 2018, infine di “Nuove memorie della persecuzione” del 2019.
Ritrovarla nell’Archivio Diocesano di Potenza suscitò in me una profonda emozione, anche dolorosa, come sempre accade quando si percorre la strada della sofferenza per l’orrore del male altrui.
Franco D’Emilio