Nel gergo teatrale il mattatore è l’attore capace con la sua abilità interpretativa, affabulatoria di attirare, tenere su di sé l’attenzione degli spettatori: impareggiabile, in tal senso, il nostro superbo Vittorio Gassman, interprete, regista, autore davvero versatile, dal cinema al teatro, dal varietà alla televisione. Non è facile diventare mattatore, non basta conquistare la scena, bisogna soprattutto saperla tenere, avvincendo il pubblico sino al punto di sottometterlo, addirittura, in senso figurato, ammazzarlo, anzi “matarlo”, per dirla in spagnolo, come appunto impone l’etimologia della parola “mattatore” dalla lingua ispanica.
È giusto che molti di noi sognino di diventare mattatori nella propria vita, confidando nelle loro competenze, nei loro meriti, anche nella cura e il contributo del loro lavoro per la comunità nazionale; altrettanto, è giusto, in ambito più ristretto, che tale aspirazione al ruolo di mattatore si manifesti pure in politica a sostegno di idee giuste, fondate, sempre disposte al confronto con quelle altrui. Insomma, per essere un mattatore bisogna possedere qualità reali, concrete, diversamente si rischia di bluffare, di nutrire un sogno inconsistente che può, alla fine, rivelarsi un pericoloso incubo per sé e per gli altri: è il caso di Alfredo Cospito, ormai preso dalla velleità di proporsi quale “mattatore anarchico”, apparentemente duro e puro, ma, in realtà, solo vigliaccamente forte e pronto a colpire persone, ignare di essere nel suo mirino, e diventando, persino, patetico e piagnucoloso fregnone, aspirante martire, quando chiamato a rispondere e pagare per i suoi delitti.
Interessante scorrere il curriculum politico di Cospito, classe 1967, pescarese di nascita, torinese d’adozione.
Innanzitutto, chiariamo subito come egli sia esponente di spicco della Federazione Anarchica Informale, nata il 21 dicembre 2003 a Bologna, sigla che per i suoi contenuti, metodi e finalità risulta davvero all’opposto della Federazione Anarchica Italiana, costituita a Carrara nel 1945.
La prima, pur sotto le stesse iniziali FAI, adottate in tono polemico e provocatorio verso la seconda, è la sigla associativa di cellule, sempre autonome e indipendenti nella loro finalità sovversiva, terroristica e insurrezionalista per “la distruzione dello stato e del capitale”; informale, quindi, perché priva al suo interno di una strutturazione gerarchica o rappresentativa. Sicuramente, tale Federazione è nata anche per scissione da quella preesistente.
La seconda, dalla sua fondazione nota come Federazione Anarchica Italiana, è, invece, una vera e propria organizzazione politica strutturata di gruppi anarchici, interpreti dell’anarchismo sociale, del massimalismo marxista e, ancora oggi, sospinti da un’idealità riconducibile al Programma Anarchico del 1920, redatto da Errico Malatesta; da sempre, questo è fondamentale, questa FAI respinge ogni metodo di lotta, fondato sull’intimidazione fisica, l’azione punitiva, ancora di più sulla violenza cieca e terroristica.
Ora, Alfredo Cospito nel 2004 è stato condannato a 9 anni e 5 mesi di carcere per ferimento alle gambe di Roberto Adinolfi, dirigente della Ansaldo Nucleare, quindi colpevole di servire il crudele capitalismo: la volontà punitiva premeditata di colpire alle gambe è un esplicito atto di terrorismo politico.
Durante la detenzione il nostro protagonista è stato, poi, condannato a 20 anni di carcere perché riconosciuto colpevole dell’attentato alla Scuola Allievi Carabinieri di Fossano, in provincia di Cuneo, attentato, attenzione bene, compiuto con la tecnica della “trappola in due tempi”: l’esplosione di una prima bomba, volutamente minore, per allarmare i giovani carabinieri, costringendoli ad uscire dalla caserma; poi, lo scoppio di una seconda bomba a maggiore potenziale, appositamente temporizzata, per fare più vittime tra le persone accorse.
Solo terrorismo, calcolato e senza pietà, per far valere idee folli, senza ragione; terrorismo persino sfrontatamente giustificato dalle parole dello stesso Cospito ovvero “due attentati dimostrativi in piena notte, in luoghi deserti, che non dovevano e non potevano ferire o uccidere nessuno”. Sic et simpliciter!
Sappiamo bene come, adesso, l’intento di Cospito sia quello di sottrarsi al cosiddetto ergastolo ostativo, “fine pena mai”, previsto per atti di terrorismo contro la sicurezza dello stato, per questo punta al riconoscimento della sua responsabilità per un attentato senza vittime, bontà sua, quindi fuori dalla piena pratica terroristica eversiva.
Non solo, cerca anche di uscire dal regime di massima sicurezza 41-bis, ritenendolo eccessivo contro la sua colpa di aver continuato dal carcere ad inviare messaggi ai compagni di lotta perché continuassero a combattere lo stato con ogni violenza possibile: per questo digiuna e sventola il vessillo del suo possibile martirio per inedia; occupa da mesi le prime pagine dei giornali e si affaccia, quasi immancabile, nei telegiornali; mobilita personale e mezzi nel suo andirivieni tra carcere ed ospedale; insomma, tiene in scacco, ma usa appieno lo stato-nemico e i suoi servizi per i propri calcoli, le proprie convenienze.
Eppure, non manca chi lo difende o parla di pena spropositata oppure lo dichiara vittima di crudeltà giudiziaria.
Torno spesso a rivedere un servizio giornalistico su Cospito sotto processo: irridendo la corte, pretende di leggere e inizia a leggere un comunicato delirante, assurdo, poi se ne va tra gli agenti con uno stupido ghigno sulle labbra.
La mia vita, come quella di tanti altri italiani, non è stata assolutamente facile, rose e fiori, eppure mai ho pensato di rivendicare un diritto, anche un sogno fuori da quelle istituzioni di libertà e democrazia che Cospito nega, violenta, salvo usarle quando gli conviene: palese, ormai, il suo bluff di “mattatore anarchico informale”.
Franco D’Emilio