Siamo nel pieno della settimana santa della Liberazione, già da sabato 15 aprile nel forlivese, a Fiumana, un tempo Comune, poi dal 1925 frazione di Predappio, si batte la gran cassa delle celebrazioni, dei festeggiamenti, perché no anche della convivialità “tarallucci e vino rosso partigiano”: quest’anno ancora di più, visto che al governo della nostra “repubblica democratica, fondata sul lavoro”, come dichiara la Costituzione, nata dalla Resistenza e sempre richiamata dal lamentevole, stucchevole antifascismo, siede addirittura la destra doc di Fratelli d’Italia e, doppio scorno per il centrosinistra, con il primo Presidente del Consiglio donna, Giorgia Meloni.
Motivo della nostalgica celebrazione partigiano-resistenziale di sabato scorso 15 aprile a Fiumana è stata la rievocazione della partita a bocce che il 15 aprile 1923 l’allora sindaco del Comune fiumanese, il repubblicano Giuseppe Valpiani, preferì all’impegno istituzionale di recarsi nella vicina Predappio per un omaggio a Benito Mussolini, per la prima volta nel suo paese natale, quale capo del governo dopo la Marcia su Roma. Dunque, Valpiani chiuse a chiave il municipio e andò a giocare a bocce tra un bicchiere di sangiovese ed una piadina. Occasione ghiotta per i locali partigiani nostalgici, due piccioni con una fava!
La ricorrenza del centenario del gesto di Valpiani coincidente con quello del ritorno di Benito a Predappio, come Primo Ministro; poi, la possibilità di fare di una pagliuzza una trave ovvero di un’incerta, anche ambigua storia personale il motivo celebrativo di un sicuro episodio di antifascismo, apertamente provocatorio nei confronti di Mussolini. Tutto questo sul filo di poche righe, al riguardo, annotate sul proprio diario da un funzionario della Prefettura di Forlì, ma non riscontrate da documenti prefettizi di qualunque natura e dispositivo, esplicitamente collegabili al gesto di Valpiani: dunque, una voce diaristica senza riscontri amministrativi, solo uno spunto aneddotico, nulla di più. Ma voglio essere generoso, accantonare queste righe, pur se subito celebrate quali luminosa testimonianza archivistica sull’immediato antifascismo di un sindaco repubblicano romagnolo.
Facciamo chiarezza.
Innanzitutto, il “gran rifiuto” di Giuseppe Valpiani (1891-1975), detto Pipeta, che preferisce il gioco delle bocce a Mussolini, risale al 15 aprile ’23, eppure negli Atti Federali, Fascio di Fiumana del 15 dicembre 1923, otto mesi dopo, pubblicati su Il Popolo di Romagna, settimanale della Federazione Provinciale Fascista Forlivese si apprende dell’elezione del nuovo Direttorio con Domenico Monti, segretario politico, e quattro componenti nelle persone di Costantino Gianelli, Giovanni Gimelli, Aurelio Giulianini e, guarda caso, Giuseppe Valpiani. Solo otto mesi perché il nostro eroe si convertisse da repubblicano a fascista, subito con una carica di rilievo? Non solo, l’elezione di Valpiani e degli altri avviene dopo che il 23 febbraio e l’8 giugno, quindi pochi mesi prima, il Fascio di Fiumana ha provveduto all’espulsione per indegnità di ben nove iscritti, cosa questa che fa supporre che, nonostante il suo gesto, il nostro protagonista non fosse così caduto in disgrazia, tanto da non registrare alcuna opposizione alla sua nomina. Addirittura, Valpiani nel Direttorio in un momento di grave difficoltà del Fascio di Fiumana.
Ancora, dobbiamo rilevare come Giuseppe Valpiani sia stato sindaco dal 31 marzo 1921 al 14 ottobre 1923 quando gli subentrò Giovanni Gimelli, di certa fede fascista; questo dopo il commissariamento del Comune di Fiumana, seguito al suo stesso scioglimento che l’odierna celebrazione partigiana a bocce interpreta come atto ritorsivo al no di Valpiani a Mussolini: qualcosa, però, non quadra, smentisce i “giocatori a bocce” perché non spiega Valpiani assessore nella giunta municipale dello stesso sindaco Gimelli, come si rileva documentato dal Registro degli Atti del Consiglio Comunale di Fiumana! Un antifascista repubblicano in giunta con i fascisti? E la vendetta mussoliniana, tanto sbandierata ora dalla celebrazione partigiana? Ma Valpiani è stato repubblicano o fascista o chissà cos’altro?
Non nego che Valpiani fosse repubblicano, forse, però, anch’egli, al pari di tanti repubblicani romagnoli, si avvicinò al Fascismo nella condivisione degli ideali risorgimentali: nella seconda metà degli anni ’20 la Federazione Forlivese dei Fasci di Combattimento risultò chiaramente su posizioni moderate, fuori dal movimentismo fascista radicale, proprio per l’ampia adesione di tanti ex repubblicani.
Consideriamo, infine, la foto, qui allegata, che con altre camice nere ritrae Valpiani, appositamente indicato, davanti alla cripta Mussolini nel Cimitero di San Cassiano a Predappio, in occasione di una manifestazione celebrativa; sicuramente un’immagine della prima metà degli anni ’30: al centro in piena evidenza l’omaggio floreale “A NOI!”, richiamo del grido d’incitamento degli arditi nella Prima Guerra Mondiale e, particolare non trascurabile, tutti gli uomini ritratti nelle vesti di squadrista della prima ora, come, in particolar modo, si comprende dall’uso della fusciacca, una sorta di sciarpa che cinge la vita, sorreggendo i pantaloni, alla maniera dei contadini per evitare l’eccessiva stretta della cinghia durante i movimenti al lavoro.
Valpiani, quindi, negli anni ’30 indossa panni nostalgici da squadrista, ricollegandosi ad un fenomeno fascista, svoltosi tra il 1919 e il 1924. La notazione risulta quasi inquietante.
Difficile, a questo punto, mettere la mano sul fuoco per certificare la fede repubblicana di Valpiani, soprattutto pensare che la sua preferenza delle bocce a Mussolini possa interpretarsi come gesto ammirevole di antifascismo. Parafrasando Bertolt Brecht nel suo “Sventurata la terra che ha bisogno di eroi”, direi sventurati i sindaci, centrodestra o centrosinistra poco importa, i due irriducibili onnipresenti dell’ANPI, maldestri alla “Gianni e Pinotto”, e ancora tutta la sinistra ad aver bisogno di nuovi eroi, ormai introvabili: li cercano ovunque, altrimenti se li inventano, anche pescando e travisando storie di piccoli personaggi, spesso contraddittori, col rischio di metter su soltanto un’evidente bufala.
Sabato scorso a Fiumana i sindaci di Predappio ed altri paesi dei dintorni sorridevano con le bocce o palle antifasciste in mano, pronti ad andare a boccino o filare a pallino contro ogni fascismo, rievocando, così, la storica “impresa” dell’ondivago Giuseppe Valpiani. La loro partita è stata vana perché a memoria di un’incerta e discutibile gloria fiumanese.
Amareggia di più la vista della fascia tricolore della sindacatura indossata in occasione di una manifestazione di manifesta ostilità contro l’unità nazionale poiché pretestuosamente riapriva dolorose ferite, tragiche divisioni del passato.
La Liberazione, intesa come valore condiviso contro ogni autoritarismo, non ha bisogno né di bocce né di sindaci giocherelloni di parte; occorrono, invece, menti, gesti e strette di mano che segnino e muovano l’incontro tra i cittadini. Alla nostra democrazia, al voto il compito di stabilire chi vinca o perda con le sue proposte d’incontro e contro questa certezza, per fortuna, non c’è boccia che tenga.
Franco D’Emilio