Oggi pomeriggio 14 aprile 2023 ho visitato la mostra “L’arte della moda. L’età dei sogni e delle rivoluzioni“, sino al prossimo 2 luglio allestita a Forlì negli spazi del Museo Civico San Domenico. Che dire? Sicuramente una proposta culturale significativa, davvero interessante per i suoi contenuti, ampiamente illustrati da una mirabile ricchezza di opere artistiche e del grande artigianato, creativo dell’abbigliamento e dei suoi complementi: un bel 10 pieno è il voto più che meritato. Peccato che, invece, valga una grave insufficienza, appena 2, l’allestimento per quanto riguarda il tracciato del percorso tematico ed espositivo; la gestione degli spazi, fra l’altro estesi nel Museo di San Domenico; ancora, il posizionamento dei testi, introduttivi ad ogni sezione della mostra; poi l’illuminazione complessiva; infine, la visibilità, leggibilità delle didascalie, illustrative dei materiali esposti.
10+2 fa 12, la media è 6, giusto una striminzita sufficienza per non rischiare di andare a fondo. Comunque, vale la pena di una visita, magari preceduta, mi riferisco ai meno saputi, da un’opportuna, provvidenziale infarinatura di storia della moda poiché anche questa mostra non nasconde affatto di essere altamente dotta, ben al di sopra di quanti, comunque è un loro diritto, giustamente la visitano e la visiteranno, consapevoli di non sapere un piffero sull’evoluzione storica della moda, ma si sentono spinti da curiosità, voglia di apprendere o, soltanto da quella sorta di presenzialismo prezzemolino ad un evento clou che si riassume nell’orgogliosa affermazione “Io c’ero!”.
Come sempre, a conclusione della visita di ogni mostra che valga la pena, pure stavolta ho comprato il catalogo, ponderoso, davvero di grande ausilio per capire, leggere, meglio considerare quanto nella mostra sfugge, invece, all’attenzione e all’immediata informazione del visitatore. Tante didascalie su fondo nero o chiaro, illustrative dei materiali esposti, sono quasi celate al visitatore, poco illuminate, veramente illeggibili: alcune collocate a parete, altre in basso su pedana, insomma complessivamente un rischio incombente per le diottrie della vista o per una schiena fragile, incline a schiantarsi per un colpo della strega.
Nella mostra forlivese, che celebra l’arte creativa ed estrosa, dunque luminosa e splendida della moda, si percorrono zone di ampia, fitta penombra, solo poca fioca luce cimiteriale, persino eccessiva pure per la più lugubre, pessimistica moda dark. Manca l’uniformità di un’illuminazione sufficiente, mancano un’atmosfera e una scenografia che in modo coerente rappresentino il sottotitolo della mostra stessa, L’età dei sogni e delle rivoluzioni.
Oggi pomeriggio io ed altri visitatori abbiamo usato la torcia del cellulare per leggere alcune didascalie nel buio più pesto, tale che davvero non si leggeva una mazza. Siamo stati prontamente redarguiti dal personale della vigilanza per il fatto che la luce, da noi usata, può danneggiare le opere esposte! Eppure, noi illuminavamo solo didascalie delle quali, diversamente, non si leggeva una cippa!
Ho amaramente riscontrato la mancanza di un’adeguata segnalazione del percorso di visita, quindi diversi visitatori in palese difficoltà, altri che ondivaghi saltavano di palo in frasca, avanti e indietro, alla fine rassegnati ad un malinconico “pensavo meglio” oppure “chi me l’ha fatto fare”. A qualcuno ho prestato il mio aiuto, non fosse altro per il rigurgito di coscienza di quasi quarant’anni di lavoro come funzionario scientifico del Ministero per i beni culturali, tante mostre, piccole e grandi, sul groppone. Infine, chiudo con i calli, quelli dei piedi, a rischio del calpestare altrui nelle sale più anguste o magari nello spazio esiguo lasciato tra due parallele, lunghe esposizioni di abiti nella navata centrale della chiesa restaurata: in quest’ultimo caso, io stesso ho rischiato grosso, lo spazio era ostruito da una numerosa comitiva con guida, nessuno disposto a lasciar passare, soltanto risoluto a tener salda la posizione, serrandosi agli altri in una testarda testuggine romana.
Eppure, in quella navata lo spazio abbonda, non sarebbe stato male distanziare di più le due esposizioni parallele! Alla fine della mostra, sul piazzale antistante, ho sorriso ad un bambino che fantasticava di far volare il pupazzo di un supereroe, stretto nella sua piccola mano: solo lui, oggi, fuori da “L’arte della moda”, mi ha davvero rappresentato “L’età dei sogni e delle rivoluzioni”.
Franco D’Emilio