Lunedì 22 maggio 2023 un pugnace gruppetto di sei ragazzotti stivalati e con tre pale, naturalmente infangati per testimoniare il loro impegno contro l’alluvione, erano in piazza Ordelaffi a Forlì, dinanzi alla Prefettura, a tenere una strategica posizione di visibilità e distanza per l’arrivo, poi non avvenuto, del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Tutti e sei pronti, determinati, assolutamente convinti, beati o poveri loro lo decidano i lettori, dell’unicità indiscutibile delle loro ragioni, esclusivamente riconducibili ad un unico postulato imprescindibile: tutta colpa della crisi climatica, come ribadivano nella sequenza di quattro fogli scritti “Non è maltempo, è crisi climatica”.
Sei giovani forlivesi, quindi, rappresentanti di Fridays for Future, il movimento internazionale di protesta per la cosiddetta giustizia climatica, insomma quelli pure noti quali “scioperanti scolastici per il clima”, visto che fanno forca a scuola o disertano le aule universitarie dietro la giustificazione di tale loro nobile impegno extrascolastico. Comunque, attivisti della stessa pasta di quelli di Ultima (de)Generazione, gli imbrattatori seriali di monumenti e opere d’arte, come segno di lotta contro il dissesto climatico: vere facce da schiaffi, tanto sono indisponenti e supponenti.
Nessuno dubita quanto il guasto climatico, pure indotto dall’uomo, costituisca un fattore determinante di calamità meteorologiche, ma certo, pur nella sua gravità, è un cofattore che concorre con altre concause di offesa, consumo del territorio, di eccessiva e scriteriata urbanizzazione, di spopolamento di vaste aree, infine di incuria e insufficiente manutenzione del paesaggio, nonostante questo sia dichiarato oggetto di tutela da parte dello Stato. Invece no, lunedì scorso, davanti alla Prefettura di Forlì, le suffragette e i paladini di Fridays for Future hanno sciorinato il solito trito, sbadiglievole repertorio di affermazioni assolutistiche, dogmatiche che ogni calamità, come quella in questi giorni verificatasi in Romagna, debba ricondursi ad un’unica colpa, quella della crisi climatica, determinata dall’irresponsabilità cinica, perversa di cattivi governanti.
Hanno questa certezza assoluta i nostri amici svezzatelli, per loro quasi un dogma dal quale non si può e non si deve derogare; sono talebani di una sorta di pensiero unico, quindi estremisti ideologicamente faziosi, pericolosi, pure in malafede e marionette in mani altrui.
Ho seguito con attenzione il video, facilmente reperibile in rete, di alcune loro dichiarazioni, memoria sgomentevole della propria inutile attesa della Meloni, costretta a mutare la modalità di visita nelle terre romagnole alluvionate. Una ragazza esordisce con l’affermazione incauta, massimalista, irragionevole che “il governo è colpevole in questo momento, si sta macchiando del sangue delle vittime dell’alluvione”; la segue un imberbe depositario di verità che se la piglia con il capogruppo al Senato di Fratelli d’Italia, Lucio Malan, e con il Presidente del Senato, Ignazio La Russa, accusandoli di negazionismo della crisi climatica, quindi “basta negazionisti al governo”.
Ma va! Ecco, dunque, rivelatisi per quel che sono: talebani di comodo al servizio di qualcuno contro la destra al governo, colpevole di negazionismo della crisi climatica. Farneticazioni, affermazioni assurde e infondate. Su, ragazzi, tornate a spalare fango, la vostra farsa è stata evidente, una grottesca pagliacciata. Era inevitabile che fosse così, già il fatto di presentarvi infangati, corredati di pala e stivali in una piazza nemmeno alluvionata, induceva a capire il vostro interessato ricorso all’uso di un simbolismo, aprioristicamente di copertura alle immani sciocchezze e accuse espresse. La vostra è stata una pessima scena di squadrismo vile e servile per conto altrui: studiate, ragazzi, meditate nelle vostre confortevoli camerette e, date retta, ripassate a settembre, ora non meritate nemmeno un seuccio striminzito.
Franco D’Emilio