Appena ieri ho pubblicato un intervento sulla corruzione politica in Italia, anche sollecitato dalla recente cronaca di un vergognoso maneggio sulle mascherine anti-Covid da parte di qualche avventuriero, ladro di polli della politica locale, e già mi ritrovo, oggi pomeriggio, sulla tastiera a mettere le mani avanti per anticipare, prevenire qualche altro inghippo, magari sul tema dei danni della trascorsa, tragica alluvione in Romagna. Alice Buonguerrieri, deputata romagnola di Fratelli d’Italia, sulla base di concrete evidenze ha accusato il sindaco di Cesena, Enzo Lattuca, inossidabile esponente del Partito Democratico, a 35 anni solo il pane della politica, di aver gonfiato la stima della rovina alluvionale sul proprio territorio, includendo nell’apposita lista informativa per il governo alcuni danni, oggettivamente non imputabili alla calamità naturale.
Le conseguenze di una cattiva manutenzione, ordinaria o straordinaria, di beni o servizi comunali cesenati, diciamo, quindi, le magagne di una pregressa incuria, vengono, perciò, ora contrabbandate, spacciate dal primo cittadino di Cesena come danno diretto dell’alluvione, reclamando, a tal riguardo, un legittimo risarcimento per l’immediato recupero. E la replica del sindaco cesenate, quasi con la faccia tosta come non ci fosse nulla di strano, è stata semplicemente maldestra, sconfortante sul filo di un equilibrismo, incerto tra l’arroganza e la magra figura: Enzo Lattuca ha confutato le dichiarazioni, concretamente riscontrabili, della deputata Buonguerrieri, affermando come il suo Comune abbia soltanto compilato una lista di ricognizione e non di valutazione dei danni. Ohibò, legittimo il dubbio se, a questo punto, il sindaco Lattuca abbia voluto avventurosamente replicare sul filo della semantica, della sottigliezza linguistica oppure più semplicemente sia stato costretto a menare il can per l’aia, a svicolare, ad abbozzare soltanto una fumosa risposta all’impertinente e vigile Buonguerrieri.
Insomma, il piddino Lattuca cerca di tirarla per le lunghe senza concludere niente perché incapace di una replica credibile alle critiche della parlamentare meloniana. Resta il fatto che il Comune di Cesena con la sua ricognizione o lista, che dir si voglia, ha gonfiato di circa 2 milioni di euro la valutazione della rovina alluvionale subita, infilandoci dentro interventi di manutenzione a edifici, quali la Biblioteca Malatestiana, il Palazzo Comunale, Palazzo Guidi e il Palazzo del Capitano, tutti immobili rimasti illesi dalla furia dell’alluvione.
Resta il fatto che 2 milioni di euro hanno rischiato di essere sottratti ai fondi destinati esclusivamente ad interventi di aiuto alle persone, agli immobili e alle imprese cesenati, colpite dalla sventura. Pare, persino, che qualcosa di analogo alla vicenda cesenate sia stata riscontrata pure nell’ambito del Comune di Bologna, dunque a conferma di una comune condotta di sindaci del Partito Democratico nei confronti del governo e, soprattutto, dei cittadini alluvionati: non presentare stime di danni, realmente verificabili come danni alluvionali, confidando nell’erogazione scontata di aiuti, quasi si prelevasse, senza se e senza ma, al bancomat delle casse statali, così nelle parole del Ministro della protezione civile, Nello Musumeci.
Certo, bisogna riconoscere che con le liste o con le ricognizioni, che dir si voglia, i postcomunisti, dal Pds ai DS, al PD, hanno sempre pasticciato, vuoi per nascondere qualcosa o alcuni, vuoi, come ora, per gonfiare, ingigantire, tanto il piatto degli aiuti post alluvione è talmente ricco da valere la pena un tentativo a ficcarcisi dentro per coprire spesucce ordinarie, fuori dalla rovina delle acque. Sul caso dell’alluvione in Romagna registriamo all’inverso il caso della Lista Mitrokhin del 1999: Massimo D’Alema era, allora, capo del governo per conto dei DS e temporeggiò a lungo prima di consegnare alla commissione parlamentare competente il cosiddetto dossier Mitrokhin, dal nome dell’archivista del Kgb, il servizio segreto sovietico; tra i documenti, appunto, la lista di tutte le spie, gli informatori, perlopiù funzionari e militanti del PCI, attivi in Italia, per conto dell’URSS, dal 1970 ai primi anni ’80. L’11 ottobre 1999 il quotidiano La Repubblica pubblicò, poi, una vignetta del sommo Giorgio Forattini che ritraeva D’Alema, seduto alla scrivania e intento con il bianchetto a ripulire la lista Mitrokhin, incurante di chi, bussando alla porta, sollecitava finalmente la disponibilità del prezioso documento.
Oggi a Cesena, e forse altrove, si aggiungono danni falsi a quelli veri, effettivi dell’alluvione, all’interno di una lista od una ricognizione, che dir si voglia: la deputata Alice Buonguerrieri, persona di spirito pungente, sia tanto cortese da far pervenire al sindaco Lattuca qualche confezione di bianchetto per l’opportuna “purga” del suo sin troppo esteso sguardo ricognitivo.
Franco D’Emilio