In politica le correnti, come movimento d’opinione o tendenze di pensiero ed azione, esistono da sempre, costituendo, a volte, un arricchimento del dibattito perché fucina, laboratorio di nuove proposte. Nella nostra storia alcune correnti sono diventate partiti, altre sono rimaste associazioni di cultura politica, più o meno fortunate e durevoli nel tempo. Le correnti nei partiti italiani, soprattutto in quelli di maggior consenso, sono state e sono o il riflesso di una maggiore articolazione, discussione interna oppure solo l’espressione della ripartizione di potere tra maggiorenti degli stessi partiti o, ancora, entrambe le cose in un negativo intreccio, dove interessi particolari e tatticismi prevalgono miseramente sulle finalità più degne della politica.
Dalla DC ai socialisti e, più in miniatura, persino nel PRI e nel PLI l’esistenza di gruppi con idee, in parte o interamente dissonanti dalla linea ufficiale del partito, è stata una presenza certa, senza imbarazzo alcuno denominata e certificata proprio come corrente.
La sinistra, invece, ha sempre finto, mentito di non avere correnti per non ammettere anche solo una minima realtà di critica, dissenso rispetto all’ufficialità della linea politica che doveva, appunto, rivelarsi granitica espressione di un ceto dirigente, scelto, quindi delegato dalla massa lavoratrice, così nelle finalità dogmatiche del marxismo.
Nel PCI il termine corrente era tabù, si parlava dei diversi contributi di talune figure “per farne sintesi ad arricchimento della proposta complessiva del partito”: il cosiddetto “centralismo democratico” tarpava le ali alla critica, pena l’espulsione. Fa memoria la radiazione dalle fila comuniste del gruppo del Manifesto il 24 novembre 1969. Due casi emblematici: Pietro Ingrao, capofila dell’ala sinistra più movimentista, e Giorgio Napolitano, leader della “destra migliorista”, hanno guidato due correnti interne al PCI, ma, ufficialmente, nella logica pudibonda comunista sono risultati solo due compagni “prodighi di contributi alla politica del partito e alla causa dei lavoratori”!
Le correnti, per così dire, mascherate sono sopravvissute anche nei partiti derivati dal trasformismo e frantumazione del PCI, quindi PDS, DS fino all’inconsistenza veltroniana del PD, maionese insana di una mescolanza azzardata di residuati politici della Prima Repubblica.
Dal PCI al PD è stato politicamente come passare dal caviale al suo succedaneo ovvero alle uova di lompo, sempre uova di pesce, ma di sapore diverso: delicato e caratteristico il caviale dallo storione; senza gloria e infamia, direi insulso il “caviale povero” dalle uova di lompo. Ecco sì, il PD nella sua attuale condotta politica in epoca Schlein è come una falsa copia del caviale, scadendo sempre più in basso, addirittura maldestro proprio sul problema delle correnti interne, di evidente esistenza: non le chiama ancora correnti, ma, tanto ipocritamente, aree o spazi o ambiti concordi, insomma tentenna a riconoscere tanto chiaro pluralismo interno, mostra un inesistente volto unitario, in conclusione fa veramente una figura da peracottaro.
Attorno a Stefano Bonaccini, ad esempio, si è formato un’area o spazio o ambito concorde che è come dire che, pur non essendo una corrente, forse è uno spiffero o un soffio o, ancora, un insidioso venticello.
Stia attento il compagno Bonaccini: gli spifferi passano attraverso le fessure, sono tanto fastidiosi e spaccamaroni, ma basta tappare i buchi e il problema è risolto; i soffi portano sfiga, richiamano lo scarso, caduco alito di vita di cosa già destinata all’insuccesso; i venticelli, infine, possono risultare gradevoli come un ponentino a tarda sera oppure tristemente risolversi in uno, pari a quello di rossiniana memoria sulla calunnia, o, ancora, cosa fastidiosa al suono e all’odore, manifestarsi soltanto come flatulenza, più o meno temporanea, simile a quella di Venticello, il personaggio di fantasia creato nel 1977 dallo sceneggiatore Mario Amendola e reso celebre dall’attore Franco Lechner, più noto con lo pseudonimo di Bombolo.
Dia retta, compagno Stefano, esca fuori allo scoperto, dica chiaro e tondo di guidare una vera e propria corrente, almeno così rivelerà se in grado di risalire contro tutto e tutti: proprio come un guizzante salmone che, in fondo, non è uno storione da caviale, ma, pur sempre, un pesce pregiato da gourmet!
Franco D’Emilio